Sanità e Giochi di Potere, capitolo VII – Lo “sceriffo” si fa giustizia da se, la Magistratura sta a guardare? E Robin Hood che fa?

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Durante questo fine settimana termineremo la nostra serie e vi proporremo gli ultimi due capitoli come letture post-prandiali. Nel volume di ieri abbiamo illustrato le modalità spavalde con cui lo “sceriffo” interagisce con la Magistratura di Parma, sicuro di avere protezioni da parte dei giudici, del partito e di qualche altro potere oscuro. Fa esposti contro chi osa mettere in discussione o ritiene possa mettere in pericolo il suo sistema calunniando i dipendenti che, per difendersi, devono pagarsi avvocati su avvocati. Consegna nei Tribunali vari (da quello del Lavoro alla Procura) materiali falsi e atti illeciti pieni di errori sostanziali con bieco cinismo, con l’unica finalità di screditare chi lui considera un nemico e facendosi forza dei tempi lunghi della giustizia. Qualcuno ogni tanto si fa più male degli altri (addirittura muore) ma lui procede imperterrito premiando con medaglie e cattedre universitarie chi sopravvive e garantisce obbedienza al silenzio. Mette in atto reazioni ritorsive a fronte di denunce volte a stigmatizzare il suo operato e le sue scelte folli con un grave conflitto di interessi e con un totale disinteresse per la salute dei pazienti. E’ emersa una rete cittadina di interessi sconosciuti (certamente ben lontani dalla tutela della salute della popolazione) che coinvolge l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, l’AUSL, l’Università di Parma e il Comune, con il placet del PD e dell’Unione industriali. E siccome questa rete è ormai diventata molto complessa e coinvolge tanti, la Magistratura – invece che arrestare lo “sceriffo” o quanto meno dargli l’interdizione permanente dai pubblici uffici – non interviene permettendogli di proseguire nel suo disegno criminoso. Siamo senza parole. Oggi illustreremo il paragrafo della lettera dell’Esposito al Presidente Bonaccini, all’Assessore Donini e all’ex dirigente Petropulacos sull’attività di ricerca. 

Attività di ricerca 

Questo è un tasto per me molto dolente perché adoro fare ricerca clinica e a Parma non ci sto proprio riuscendo. Qui i problemi sono due: in parte mi fanno i dispetti e in parte non sono capaci. Se poi persone non capaci mi fanno i dispetti è proprio il massimo. 

I 4 trials profit sui vaccini in cui sono stata coinvolta da multinazionali come principal investigator e che sono svolti nei principali Ospedali pediatrici italiani, approvati dal Comitato Etico AVEN, non mi sono stati autorizzati dalle Direzioni Sanitarie di Ospedale e AUSL. Vari studi su Covid mi sono stati bloccati in alcuni casi dal delegato del Direttore Sanitario e in altri casi dalla segreteria locale del Comitato Etico perchè, in fasi diverse di avanzamento, non ha risposto ai promotori. Nell’unico degli studi Covid che mi è stato autorizzato dopo svariate discussioni (protocollo Gilead sul remdesivir), l’approvazione mi è stata data con l’indicazione a svolgerlo sui letti di Dodi, che non mi ha mai permesso di entrare a visitare i pazienti con l’inevitabile conseguenza che bambini arruolabili (le cartelle cliniche lo possono ben dimostrare) non sono stati arruolati e siamo stati l’unico Centro in Italia a non avere arruolato nessuno. Gli ostacoli principali sono a livello o di Direzione Sanitaria o di Direttore di Dipartimento (che per farmi dispetto a volte si rifiuta di firmarmi le autorizzazioni). Gli unici studi infettivologici che riesco a portare avanti sono quelli in cui non ci sono promotori esterni (cioè i no profit che promuovo io) in quanto non serve la firma del Direttore del Dipartimento. L’ultima situazione imbarazzante si è svolta lo scorso lunedì quando il Direttore di Dipartimento si è rifiutato di firmarmi il modulo pre-compilato sulla fattibilità di una survey sul long COVID proposta dall’Università di Oxford, in cui sono coordinatrice nazionale (ha dovuto firmare il Direttore Sanitario e mi è stato riferito che il Direttore Generale abbia cercato di fare in modo che non fossi io ma bensì Dodi il coordinatore di questa ricerca). In questi due anni gli unici studi con dati prospettici che sono riuscita a realizzare li ho svolti con l’AUSL di Modena e con l’AUSL Romagna, a Parma nulla perché i tempi della segreteria locale del Comitato Etico e gli intoppi amministrativi (in alcuni casi voluti, in altri casuali) hanno sempre impedito di realizzare qualcosa. 

Oltre tutto, l’impressione è che la Direzione Aziendale sia assolutamente incapace di valutare chi sa svolgere ricerca e di scegliere i consulenti. Essendo il Direttore Generale e il Direttore Sanitario furbi ma molto presuntuosi, non si confrontano neanche con la Regione quando sono in difficoltà. L’esempio al riguardo è relativo a uno studio retrospettivo sul Covid approvato dal Comitato Etico, che ho proposto io e che coinvolge tutte le Unità di Pediatria della Regione, in cui la DPO aziendale (che è una consulente esterna) e la Direttrice dell’Area Gestione Giuridico-amministrativa Studi, avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione al non utilizzo dei consensi informati al Garante della privacy. Benchè abbia fornito tutto il supporto possibile nella preparazione della documentazione, dopo più di 4 mesi è ancora tutto in alto mare. 

Sull’attività di ricerca mi permetto di evidenziare che mi sarei aspettata qualche forma di supporto/aiuto dall’Agenzia socio-sanitaria regionale, che avevo informato dei problemi. Mi sembra inutile parlare di territorio e di ricerca innovativa se poi l’Agenzia è chiusa in una torre eburnea e si disinteressa totalmente dei ricercatori produttivi che lavorano negli Ospedali della Regione e che per svariati irragionevoli motivi a livello locale non sono messi nelle condizioni di potere lavorare. Ci sono tanti modi per potere valorizzare professionalità e competenze di ricercatori esperti.

In questo capitolo l’Esposito, che secondo le classifiche nazionali è la terza ricercatrice in Italia di pediatria (il primo è il Prof. Franco Locatelli – che tutti ormai conosciamo – dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, il secondo è il Prof. Andrea Biondi dell’Università Milano Bicocca e poi c’è lei è a pari merito con il Prof. Angelo Ravelli, direttore scientifico dell’Ospedale Giannina Gaslini di Genova), descrive gli ostacoli che ha incontrato nello svolgimento dell’attività di ricerca. Teniamo presente che nella sua vita ha coordinato oltre 100 studi come principal investigator, che alcune sue ricerche hanno portato a cambiare le linee guida sulle malattie infettive pediatriche e le raccomandazioni per l’uso dei vaccini, che ha scoperto due nuovi virus (enterovirus C-117 ed enterovirus C-118) e che ha portato all’accreditamento con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) due Centri clinici pediatrici per gli studi di fase I (i più innovativi in ambito scientifico).  

Già nel capitolo V sulla gestione COVID abbiamo riportato che la Direzione ospedaliera ha preferito rinunciare a contributi di carattere scientifico e terapeutico utili ad affrontare l’emergenza da SARS-CoV-2 pur di non consentire all’Esposito di esprimere in favore della collettività la propria professionalità. Qui emerge anche la Direzione aziendale abbia vietato all’Esposito lo svolgimento di ricerche cliniche sulle vaccinazioni, da cui avrebbero potuto trarre beneficio bambini e adolescenti della provincia di Parma in cui si è osservato un rilevante calo nelle coperture vaccinali a causa del COVID. E tutto ciò nonostante l’approvazione del Comitato Etico Emilia-Romagna Nord (AVEN) e benchè fossero condotte nei principali Ospedali pediatrici italiani. Non trovate che sia gravissimo che lo “sceriffo” si sostituisca al legislatore dando ordine ai suoi uomini di bloccare in modo arbitrario sperimentazioni cliniche in corso in numerosi altri Ospedali d’Italia? Tante sono le sperimentazioni bloccate all’Esposito dallo “sceriffo” e tuttora ferme benché approvate dal Comitato Etico, riguardano argomenti svariati e coinvolgono molti altri Ospedali anche dell’Emilia-Romagna in cui, a differenza dello “sceriffo”, i Direttori Generali hanno prontamente firmato tutte le autorizzazioni necessarie (da Piacenza a Reggio-Emilia, da Bologna alla Romagna, da Modena a Ferrara). L’Esposito in 3 anni non ha avuto l’autorizzazione a raccogliere nessun campione biologico. Ma come è possibile? E’ perché è inaccettabile che si veda che lei sia meglio di chi è vicino allo “sceriffo”?   

Sul tema della ricerca perché il Rettore dell’Università di Parma non è mai intervenuto a sostegno di una sua brillante ricercatrice contenendo le vessazioni dello “sceriffo”, dell’ex Direttore Sanitario e del Direttore del Dipartimento Materno-Infantile? L’Esposito in ogni occasione pare che lo informava, gli scriveva, lo ha incontrato più volte per parlare delle difficoltà, sapeva dei comportamenti del Direttore del Dipartimento Materno-Infantile. Vietare una sperimentazione in modo ingiustificato a un professionista noto in tutto il mondo per la ricerca, ostacolandone senza reali motivazioni o anche semplicemente perché ci sono “altre priorità” (o altri amici?) l’attività scientifica, è di grave danno in primis per le Istituzioni a cui questo professionista afferisce. E adesso per il Rettore il problema è che il Direttore del Dipartimento Materno-Infantile viene definito un “adolescente bullo”, non quello che ha fatto? Premesso che tutti ritengono che questo epiteto calzi a pennello sulla persona a cui si riferisce (e forse si è fatto due risate pure lui per essere definito così), ci risulta che il bullo abbia litigato con l’Esposito proprio per le indicazioni che riceveva dallo “sceriffo” e dal suo vice su come comportarsi con lei. Chi sono gli “spettatori assenti” che hanno tacitamente avvallato certi comportamenti, fino ad arrivare alle sospensioni finalizzate a dimostrare lo smodato desiderio di prevalere sugli altri di alcuni e di vendicarsi per avere comunicato la loro pochezza ai vertici regionali? 

Vedendo che il Rettore non risolveva le cose, ci risulta che l’Esposito abbia addirittura interagito con i proprietari di Chiesi Farmaceutici, per il ruolo della multinazionale sul territorio e per l’interesse che Chiesi da sempre ha per lo sviluppo farmacologico. Le è stato risposto che in Chiesi non risultavano difficoltà dal punto di vista della ricerca presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Probabilmente lo “sceriffo” nelle sue chiacchiere rivendica grandi (anche se non meglio precisati) risultati ottenuti dall’Ospedale. O forse le Aziende farmaceutiche sono ancora troppo scottate dalle vicende Pasimafi e Conquibus, in cui gran parte dell’impianto accusatorio – costruito dal solito “sceriffo” – si sta smontando e ciò che è restato era stato in realtà autorizzato dallo “sceriffo” stesso che nel contempo faceva esposti in Procura. E’ chiaro che sono in tanti quelli che vogliono prendere le distanze da un simile contesto e, d’altra parte, le difficoltà locali portano le multinazionali a identificare sedi diverse dall’Ospedale di Parma per il coordinamento nazionale delle ricerche cliniche. Nel capitolo VI ci siamo rivolti al Gruppo Barilla e all’Impresa Pizzarotti per capire se è loro prassi abituale denunciare i dipendenti senza confrontarsi con loro. A Chiesi Farmaceutici e a Parma io chiediamo di prendere visione degli studi clinici in corso presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e di farci sapere se ritengono che queste ricerche permetteranno qualche passo avanti nelle scoperte scientifiche. Si tratta prevalentemente di studi di natura osservazionale, non farmacologici, ben lontani da quanto normalmente fanno i ricercatori di un certo spessore.

E’ chiaro poi che a un certo punto una ricercatrice esperta, resasi conto della palude parmigiana e abbattuta da quanto venisse svilita la sua professionalità, apprezzando alcuni professionisti che lavoravano in servizi dell’Assessorato alle politiche per la salute, si sia rivolta alla Regione, semplicemente per dare un contributo tecnico nelle aree di sua competenza convinta di avere interlocutori di un altro livello rispetto a quelli della Direzione Aziendale dell’Ospedale di Pama. Può essere che in una Regione come l’Emilia-Romagna, abituata a un approccio top-down, lo stile proattivo dell’Esposito non sia stato capito e/o sia stato considerato eccessivamente fuori dagli schemi e/o dall’alto (addirittura da parte del Presidente Bonaccini-Robin Hood) l’ordine sia stato quello di difendere il “sistema” a qualsiasi costo. Lei, però, ha coinvolto ripetutamente le istituzioni, non ha mai fatto circolare la lettera prima della divulgazione della stessa da parte dello “sceriffo” (che appena si è sentito politicamente ancora più forte ha cercato di distruggere la persona Susanna Esposito). L’Esposito pensava in Regione di incontrare qualcuno che fosse all’altezza di andare oltre considerazioni superficiali e che non si abbassasse al livello di uno “sceriffo” che fa male in primis al “sistema” stesso. Il Presidente Bonaccini-Robin Hood sottolinea spesso quanto l’Emilia-Romagna investa sui giovani. Come è possibile fare crescere con valori appropriati i giovani in un ambiente in cui onestà, rispetto e confronto non esistono in primis da parte di chi comanda?

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