Casa delle Donne “senza casa”, l’Associazione: “L’Assessore Bonetti mente”

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Dopo la discussione di lunedì 25 marzo in Consiglio comunale, dove il consigliere Salzano ha chiesto notizie sull’assegnazione di uno spazio alla Case delle Donne l’associazione risponde all’Amministrazione comunale, facendo alcune precisazioni sul percorso di collaborazione che era stato intrapreso dal Comune insieme all’associazione. 

“Quanto dichiarato dall’assessora Bonetti – sottolinea l’associazione – in risposta alla comunicazione presentata dal consigliere Salzano sull’assegnazione della sede a Casa delle donne, non solo è estremamente semplicistico, ma non corrisponde alla verità.

La delibera di Giunta n. 241 del 1 giugno 2022 prevedeva sì l’assegnazione dell’intero spazio di Largo 8 marzo attraverso un patto di collaborazione complesso, ma individuava anche il piano terra dell’ex “podere Cinghio” e della limitrofa barchessa, quale unica sede del Comitato Anziani del quartiere Montanara; revocava il contratto di concessione in essere con il Comitato Anziani Montanara Vigatto, e individuava come “Bene Comune Urbano”, i locali dell’immobile denominato “Centro Civico Cinghio Nord”, ubicato in largo 8 Marzo n. 9, quale luogo idoneo per l’attivazione di forme di collaborazione, fra cittadini e Comune di Parma, destinate al tema della condizione femminile e della “donna” (e proprio su tale tema prevedeva i patti di collaborazione).

“La Casa – proseguono le attiviste – dopo aver vinto una manifestazione d’interesse (luglio 2022) si è sempre dichiarata disponibile alla firma di un patto di collaborazione complesso che avesse le caratteristiche indicate dalla delibera e che prevedesse, pertanto, l’assegnazione univoca dello spazio a Casa delle donne – che in cambio se ne sarebbe assunta l’onere economico per la riqualificazione e l’impegno a prendersene cura nel tempo – e la successiva apertura ad una collaborazione con associazioni femminili già presenti in città, ma il Comune non ha mai permesso che si verificassero tali condizioni.

L’assegnazione in uso esclusivo ci è stata proposta dal Comune stesso a “risarcimento” della scelta politica di non assegnarci gli spazi per intero, ma solo parzialmente. Purtroppo a quasi due anni dalla delibera di assegnazione, ancora siamo al punto che l’amministrazione si nasconde dietro a falsi problemi pur di non dare alla Casa lo spazio che ad essa era stato destinato”.

LA LETTERA DELL’ASSOCIAZIONE –   Parma non ha e non avrà una Casa delle donne, nonostante sia un’associazione costituita  ormai da cinque anni e da quattro sia in attesa di una sede da parte del Comune, e  nonostante la delibera di Giunta N. GC-2022-241 del 1 giugno 2022 le avesse  riconosciuto il diritto di abitare gli spazi di Largo 8 marzo.

Parma non avrà una Casa delle donne, nonostante abbia centinaia di tesserati tra donne  e uomini. Nonostante anche questo 8 marzo, insieme a tante associazioni e realtà  cittadine, abbia portato in corteo migliaia di persone e, nel 2021 e nel 2023, abbia  organizzato RE/SISTER!, un festival capace di coinvolgere non solo migliaia di cittadini  e cittadine ma anche tante persone che sono venute da fuori città per partecipare ai tavoli  e agli spettacoli proposti (tutto il materiale prodotto è reperibile, registrato, sui nostri  canali social).

Parma non avrà una Casa delle donne, nonostante le sue attiviste siano costantemente  invitate e coinvolte nelle scuole – sia in assemblee d’istituto sia tramite percorsi PCTO – per divulgare e costruire una cultura inclusiva e antisessista e nonostante si senta forte, anche nella nostra città, l’urgenza e la necessità di avere spazi di confronto e di incontro  intorno ai temi che la Casa porta avanti da anni. Una Casa fatta di socie che, settimanalmente, si riuniscono per confrontarsi, organizzare, approfondire; un lavoro volontario, faticoso, che richiede di volta in volta la ricerca di un luogo in cui poter essere  ospitate. Una Casa in rete con le altre Case delle donne presenti sul territorio nazionale,  ma tra queste l’unica a non avere ancora una sede.

Nel nostro Paese, ogni 3 giorni viene ammazzata una donna e la piazza del 25 novembre  2023 è stata una chiara dimostrazione di quanto desiderio e urgenza ci sia di decostruire  quella cultura patriarcale che ancora ci ingabbia in stereotipi del femminile e del  maschile che sono tossici e violenti per tutti e tutte. In quella piazza si è detto  chiaramente che non servono politiche securitarie per contrastare la violenza di genere, ma serve soprattutto costruire una cultura del rispetto diversa da quella in cui ancora  siamo immersi. Serve un’assunzione collettiva di responsabilità che riguarda tutti e tutte e occorre una  politica capace di farsene carico. Capace cioè di immaginare che davvero le cose possano  cambiare e che per farlo servano luoghi connotati da abitare, all’interno dei quali sia  possibile costruire una politica antipatriarcale.

La Casa è questo spazio, ma è davvero troppo difficile essere un riferimento in città senza avere un luogo di incontro e confronto. Come si può essere accoglienti e a disposizione,  in una logica di solidarietà e sorellanza diffusa, relegando la nostra azione a contatti mail o telefonici? Da anni, per rispondere ai bisogni delle donne che si rivolgono a noi, siamo  costrette ad ascoltare e parlare delle loro difficoltà, insicurezze o problemi in un bar o  all’aperto, confidando nella clemenza della stagione e nella discrezionalità del locale  scelto, e questo non è più possibile.

In questi ormai 2 anni che ci separano dalla delibera di giunta del giugno 2022 abbiamo creduto davvero di poter finalmente aprire, a Parma, una Casa delle donne. Lo spazio di Largo 8 marzo sarebbe potuto essere uno spazio perfetto: ampio, luminoso, visibile e  accessibile. Al suo interno avremmo potuto organizzare incontri, predisporre il nostro  servizio di sportello degli sportelli, accogliere donne di ogni età, provenienza e culturae  dedicarci alla costruzione di relazioni in un clima conviviale e informale. Purtroppo, però, non è andata così. Il comitato anziani, che per trent’anni ha abitato  quegli spazi e che si sarebbe dovuto trasferire al podere Cinghio, ha scelto di spaccarsi.  Una parte – il comitato anziani – si è trasferita nella nuova sede e l’altra ha costituito una  nuova associazione nel luglio 2022 e ha continuato ad occupare gli spazi di Largo 8  marzo.

Nel mentre, forti delle assicurazioni dell’amministrazione, sindaco in primis che più  volte si è detto convinto che Largo 8 marzo fosse la sede perfetta e dovuta alla Casa delle  donne, noi abbiamo cominciato a immaginarla, abbiamo cominciato a fare sopralluoghi  con tecnici, architetti, idraulici, elettricisti per preparare preventivi per ristrutturare lo  spazio interamente a nostre spese, abbiamo mobilitato tanti cittadini e cittadine per  aiutarci in questa grande impresa che credevamo di avere davanti. Allo stesso tempo,  abbiamo fatto una decina di incontri in Comune con le dirigenti del settore cittadinanza  attiva per scrivere un patto di collaborazione, in attesa che gli anziani liberassero i locali  e ci consegnassero le chiavi. Consegna che si è fatta attendere fino al maggio 2023,  quando il sindaco ha intimato loro di farlo immediatamente.

Gli anziani lo hanno fatto, ma hanno anche poco dopo coinvolto la Gazzetta di Parma,  per denunciare di aver subito uno sfratto senza preavviso, nonostante sapessero, fin dall’anno prima, che quegli spazi erano stati assegnati alla Casa delle donne visto che, per  il comitato anziani, il comune aveva ristrutturato un intero edificio al Cinghio. Nell’estate 2023, poi, dopo essersi rivolti all’avvocato Rutigliano, hanno  intimato al Comune il diritto di continuare ad occupare gli spazi di Largo 8 marzo. Da quel momento la costruzione del patto di collaborazione, che avrebbe dovuto definire  il nostro ingresso, si è interrotta.

Sono seguiti mesi di silenzio, fino a quando, su sollecitazione del sindaco, tra settembre  e ottobre 2023 gli assessorati alla Partecipazione e alle Pari opportunità ci hanno fatto una nuova proposta. Non si trattava più di attuare la delibera di giunta, ma di tentare  una mediazione per far coabitare nello stesso spazio la Casa e gli anziani. Lo spazio di Largo 8 marzo avrebbe dovuto essere diviso per lasciare agli anziani  il bar e la cucinotta. Mentre alla Casa sarebbero stati assegnati due ingressi, uno sul  piazzale e uno sul retro, l’ufficio, lo spogliatoio, due stanze e il bagno. A malincuore, abbiamo accettato anche questa proposta, pur sapendo che senza uno spazio di  convivialità (la parte bar/ristoro), la Casa avrebbe fatto più fatica a coinvolgere le persone  e a diventare ciò che nei nostri progetti dovrebbe essere.

Se non che, a febbraio 2024, Parma Infrastrutture ci ha mostrato il progetto definitivo,  nel quale la Casa si è vista ridurre ulteriormente lo spazio assegnato. Nel nuovo progetto, che prevede tra l’altro un grosso esborso da parte del Comune, alla  Casa vengono assegnate due sale, il bagno e lo spogliatoio. Non ci sono più i due accessi che vengono murati, non c’è più l’ufficio, che viene lasciato agli anziani e non viene data alcuna visibilità alla Casa che, di fatto, si ritrova con un solo ingresso secondario, nascosto sul prato posto nel retro del piazzale. Il progetto, così come ci è stato proposto, non è per noi accettabile e non è che l’ennesima  conferma che vince sempre chi fa la voce grossa, chi minaccia cause e scandali. E – ancor peggio – dice chiaramente quanto le politiche di genere vadano bene per  pulirsi la coscienza il 25 novembre, ma restino, di fatto, sempre e solo belle parole alle  quali non seguono fatti e scelte politiche concrete.

Parma ha un comitato anziani in ogni quartiere, in alcuni – come nel caso del Montanara,  ne avrà addirittura due – ma non ha mai avuto e non avrà una Casa delle donne. Si tratta di una scelta politica. Una scelta sostenuta finora da questa amministrazione che, nel continuo rimaneggiare sempre al ribasso l’assegnazione originale, e soprattutto nel non averci mai proposto altre possibili alternative, ci ha fatto chiaramente capire che avere a Parma una Casa  delle donne non è una sua priorità.

Da tutta questa vicenda desumiamo che per questa amministrazione – in cui molte di noi  hanno creduto e sperato – una Casa delle donne non serve, non interessa, e c’è sempre  qualcosa di politicamente più importante dell’occuparsi di politiche di genere. Desumiamo che anche per questa amministrazione è più importante accontentare chi minaccia di fare causa al Comune e perseguire le vecchie logiche di quella politica clientelare che credevamo di esserci lasciate alle spalle, piuttosto che cercare di sedimentare in città una realtà che avrebbe potuto trasformare Parma in una città  davvero per le donne. E la riteniamo un’occasione persa, per tutti e per tutte.

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