Buffon: “28 anni, la vita in un attimo” – L’intervista integrale – VIDEO

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®Parma Calcio

Buffon: “28 anni, la vita in un attimo”. Gigi Buffon, un’intervista a cuore aperto per la città, per i tifosi e per la squadra in cui è nato. Parma e il Parma Calcio: prima della risoluzione con il Club, Buffon quest’estate, a luglio, ha rilasciato questo lungo racconto, parlando dei suoi 28 anni di carriera, della sua storia e del rapporto speciale che lo ha legato al mondo crociato.

“La gente di Parma la ringrazierò sempre. Anche in questi due anni mi ha ridato tanto sotto ogni aspetto. L’unico cruccio è che spero di non averli delusi, perché alla fine sportivamente parlando gli obiettivi erano altri. Personalmente però tra i motivi per i quali son tornato ce ne erano altri molto più importanti del risultato sportivo. Io in quei motivi e per quei motivi ho fatto la scelta di tornare e non son rimasto deluso, son tuttora felicissimo di averla fatta e la rifarei mille volte.

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Sulle lacrime al termine di Parma-Cagliari e l’abbraccio con la Curva Nord –  “Le lacrime sono il risultato di una serie di emozioni. In quel momento erano di dispiacere per non aver regalato a Parma e ai suoi tifosi la Serie A e per l’emozione, nonostante la delusione, di vedere i nostri tifosi che avevano capito lo sforzo profuso e quanto effettivamente ci tenessimo. L’abbraccio finale è stato interminabile, avrei voluto non finisse mai, è stato qualcosa di emozionalmente molto forte”.

Sui tifosi – “I tifosi penso che alla fine, soprattutto quelli che avevo dietro la schiena (le Curve ndr), che sono la parte più sanguigna e quindi a volte più volubile degli appassionati, secondo me hanno sempre percepito in me un qualcuno che interpretava il ruolo del portiere e del giocatore in un modo di verso. Loro si son sempre sentiti rappresentati da me, per il modo con il quale mi sono sempre espresso in campo, per come mi sono battuto, per quanto ho sempre tenuto alle maglie per le quali ho giocato. Difendere determinati colori significa portare rispetto, soprattutto alla gente che ti viene a vedere e che vive per quei colori e quella maglia. Credo di esser stato uno dei pochi giocatori ad aver militato per vent’anni quasi alla Juve, tredici al Parma, ventuno in nazionale, uno solo al PSG, senza mai baciare scudetti o far gesti eclatanti. Però, anche senza questi gesti, il tifoso secondo me aveva la percezione di quanto tenessi a quei colori, alla mia squadra, alla mia società e soprattutto a loro, rispettando i loro sentimenti.

Quando fai un percorso così lungo ci sarebbero migliaia di persone da ringraziare, perché con migliaia di persone ho condiviso qualcosa di importante. Posso solo ringraziare tutti i compagni che ho avuto, perché se sono diventato qualcuno e ho vinto qualcosa, molto merito secondo me è loro. Poi tutti gli allenatori, dirigenti, presidenti che hanno creduto e investito in me, tutti i tifosi che hanno creduto in me e che mi vedevano come guardiano a difesa di un loro ideale, di una loro fede. Da sportivo mi accorgo che le delusioni più grandi le avute, ma non nelle sconfitte in quanto tali, ma perché sapevo che si sarebbero ripercosse sul loro stato d’animo. Il dispiacere per me era quello, io da sportivo so già che molte partite posso vincere e altre posso perderle, diventa quasi normale. Ma il sapere di aver provocato questi sentimenti di frustrazione e malessere ai miei tifosi, è un qualcosa con il quale ho convissuto spesso e che mi ha sempre fatto cercare di dare il meglio, di spingere il più possibile per non deludere loro”.

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