Processo Pesci, l’ultima parola della difesa: “Processo kafkiano. Chiediamo assoluzione piena”

“La vittima della tragedia ride della tragedia stessa” - è la Caporetto della tesi accusatoria, dicono i legali

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di Francesca Devincenzi

A fine estate, saranno tre anni da quando Federico Pesci da imprenditore istrionico, narciso, un pò controverso, è diventato un “mostro”, sbattuto senza alcuna pietà in prima pagina con il bollo di stupratore.

A quasi tre anni da quel giorno, i suoi legali hanno terminato le arringhe difensive, depositando anche tre memorie, nell’ennesima giornata di udienza coast to coast, o meglio, da mattina a sera.

L’imprenditore, seduto nel suo angolo, in blu d’ordinanza, sempre più pallido, sempre più stanco, ha ascoltato in silenzio, per l’ennesima volta, spesso abbassando lo sguardo durante la ricostruzione di quella notte. E le intercettazioni, quella voce della presunta vittima che riempie l’aula mentre ride, strilla, chiacchiera, al telefono con il fidanzato, con un amico, con la sorella.

E le contestazioni dei legali, sulla “approssimazione con cui sono state condotte le indagini”,  e una domanda: “si è voluto portare avanti il processo a tutti i costi, ma nell’interesse di chi?”.

Si intersecano le parole di Fabio Anselmo e Mario L’Insalata, parte il primo, dopo le sette ore abbondanti della settimana scorsa, in una sorta di arringa infinita, termina il secondo, che rafforza quanto detto dal collega.

Una parte della stampa, la Questura, la Procura, la città: una condanna scritta prima del processo, senza presunzione d’innocenza. “Pesci non si rifarà mai più una vita, non avrà mai più un’immagine, una reputazione, sarà complicato anche ricostruirsi professionalmente con tutto ciò che è stato scritto su di lui”.

E ancora, incalza Mario L’Insalata, “se va in galera non ne esce vivo. Per l’aspetto morale, umano, ma anche perché sappiamo no cosa fanno a chi è accusato di stupro in carcere?”. E cade il silenzio.

Pesci guarda a terra, stringe il collo della giacca. Chiude gli occhi, probabilmente nelle mente ripassano i giorni già trascorsi in carcere. La brodaglia, il puzzo delle celle.

Riavvolgiamo il nastro, parla Anselmo. Che afferma come l’attendibilità della presunta vittima sia perlomeno discutibile. 

La ragazza è in Questura, quando Pesci le scrive. Racconta che “era a terra, terrorizzata, che temeva per la propria incolumità. Non volevo parlare, denunciare, ero scossa, volevo solo dimenticare”. Ma è in Questura, incalza Anselmo: “Perché non dice mi disturba ancora? Il suo potenziale assassino le scrive e lei non dice nulla?”. Anzi. “Risponde bene grazie e tu. E tu? Ti ha massacrato e tu gli chiedi come stai?” – chiosa il legale, che ricorda come inizialmente la ragazza non confessi l’identità del suo “carnefice”.

“Fornisce otto versioni diverse sui suoi lividi” – dirà più tardi L’Insalata. “Otto versioni diverse delle botte prese, prima dice aggredita per strada, poi in un rissa. E’ reticente, coi familiari, con la polizia, con il suo ragazzo, Danilo. Mente alla polizia e non solo”.

Le voci, ancora, che riempiono l’aula come uscissero da un megafono. Le intercettazioni.  Danilo, il fidanzato,  che è un bravo ragazzo, umile, lavoratore  “le dice un po’ vai bene, un po’ no” – perchè capisce che lei non sincera. Che si prostituisce, che mente” – ripetono i legali.

Riparte Anselmo. “Nasconde alla Polizia di essere contattata dal carnefice, cosa vuol dire?. E ancora, in un giorno in cui dovrebbe presentarsi in Procura a testimoniare, sparisce. Non risponde all’ispettore che la chiama 20 volte, ma risponde a Pesci. «Buongiorno caro» – «Ciao piccolina come va» – la risposta.

Questi dati sono oggettivi. Non offrono spiegazione a una condanna. Preferisce sentire Pesci che gli inquirenti”. Sospira Anselmo. Poi affonda. “Più si studiano le carte più la verità emerge, ma bisogna studiarle non avere fretta di facili sentenze”.

Pausa, perché nella mente si fissino le idee. Riparte.  “A quest’uomo è stata distrutta l’immagine, la finanza. l’hanno mandato in galera. Gli abbiamo chiesto tante volte “cosa hai fatto di male, a chi”.

Silenzio, non c’è risposta. L’imputato gioca con le sneakers, e con il collo del lupetto. Socchiude gli occhi.

“Questa persona non ce l’ha con lui, è malata. E’ una vittima della vita, della situazione che le si è creata intorno dopo la denuncia, ma se Pesci non lo sapeva come poteva fermarsi? Lui era certo della consensualità. È una persona dall’equilibrio instabile, ma lui come poteva saperlo? Lo ha capito dopo come tutti noi. Gliel’ha suggerita un amico” – e ripercorre, il legale, l’addio del nubilato con sette uomini fatto dalla ragazza alcuni giorni prima.

Ormai cose sentite e risentite. E allora ecco un’altra intercettazione. La telefonata del primo di agosto tra la ragazza e il padre, preoccupato che la vicenda possa diventare un fatto pubblico.

Quelle voci, rimbombano. E la prognosi, 45 giorni. Anselmo la contesta. Di nuovo. “La ragazza dice che non riesce a camminare, fa interrompere l’interrogatorio per le sue condizioni. Ma la sera va a Tizzano. Poi torna a casa e torna a Tizzano. Ma dice di non riuscire a stare seduta.

Immagini, ancora. Un ragazzo sfigurato in volto dopo una rissa. Trenta giorni di prognosi, nonostante il viso ricostruito da pezzi di metallo.

“O le deposizioni dei medici sono figlie di suggestione, delle sue parole, delle lamentele, oppure siamo davanti a una grande manipolatrice, che non voleva confessare ai genitori di aver fatto un sesso vivace,  magari anche violento ma consenziente, e ha messo in piedi tutto ciò”.

Non fa sconti il legale, che sa di giocare una partita che si chiama libertà. La ragazza ha “la bugia patologica, riconosciuta sia dal dottor Berardi che dalla dottoressa Paolillo, perito del Tribunale, per doppia negazione. Va a Noceto poi a Tizzano. Cinque volte in cinque giorni. Dice mi fa paura, lo blocco. Ma poi lo sente, usa toni confidenziali”.

Altre bugie. “La ragazza promette di smettere di prostituirsi, ma non lo fa. Millanta di essersi disintossicata, ma dopo 10 giorni lascia il programma, che aveva un tempo preventivato di 3 mesi almeno. Questa giustizia mi fa paura”.

Una frase che Anselmo strilla. Si ferma. Finge di prendere fiato, in realtà concentra solo l’attenzione. Staffilata a Polizia e Procura. “Chi indaga faccia il suo mestiere” – dice. “Tre incontri tra la ragazza e gli inquirenti non agli atti, ci dirà il PM perché”.

Ancora le intercettazioni. Voci. Questa volta sembrano arrivare da un passato lontano. La ragazza è al telefono con la Polizia. Spiega di aver trovato un avvocato di Modena, suggerito da un amico.  La Polizia le suggerisce che è meglio l’avvocato sia di Parma, poi le propone “uno cazzuto”. Poi parlando al femminile le viene suggerita e data Donata Cappelluto, attuale legale.

Altre intercettazioni. Ancora il giorno in cui la ragazza non si presenta in Procura. Dieci giorni dalla notte incriminata.  E mente a chiunque le chieda dov’è. Alla famiglia dice di essere con Danilo, il fidanzato. Ma la sorella replica, “lo abbiamo sentito, non è vero”.

La voce, di nuovo. Dice “ok devo pulire una barca (ride, perché sta mentendo) – sono con un’altra persona. Il mio amico sa che ho bisogno di soldi e mi ha offerto di pulire la barca a Spezia.  Dopo la barca siamo andati a mangiare, ho mangiato un sacco”.

Poi parla con Danilo, il fidanzato.  Confessa di essere andata a Spezia per fare sesso.“Hai fatto preoccupare il mondo per un cazzo?” – dice lui. “Si” – ride lei. “E’ andata a fare sesso con 45 giorni di prognosi, sottolinea Anselmo. Ma se non stava in piedi? – chiede”.

“La vittima della tragedia ride della tragedia stessa” – è la Caporetto della tesi accusatoria, chiude il legale.  Come quando un amico dice alla ragazza “non parlare sei intercettata”. Come fa a saperlo, chiede il legale? Perchè lo sa?.

In ultimo: “Chiedo l’assoluzione piena. E ovviamente nessun rimborso, è kafkiana la richiesta da parte del Comune di 1.500.000,00 di risarcimento”.

Ed ecco Mario L’Insalata. Il primo legale chiamato dall’imprenditore dopo alcuni messaggi “strong” inviatigli dalla sorella della ragazza con il telefono della stessa. Messaggi del tenore “stronzo lascia stare mia sorella”.

“Il Comunicato della Questura è stato indegno. Il video dell’arresto Pesci sbattuto anche su Facebook, con una violenza inaudita. Lui e la sua ragazza sono stati fatti alzare dal letto, erano nudi, fatti camminare per casa, l’abitazione messa sottosopra come fosse il peggior criminale.

E’ stato raccontato come fosse già colpevole, senza il processo. Si è detto “ha seviziato una studentessa”, ma in realtà si trattava di una prostituta. La sua reputazione è stata distrutta. Pesci sarà sempre lo stupratore, perché nessuno indaga sul centro massaggi, dove la ragazza si prostituisce, che è ancora aperto?”.

Il legale parmigiano attacca: “Non è stato trascritto l’interrogatorio di garanzia dell’imputato, non è stato tenuto conto delle sue dichiarazioni spontanee né dell’incidente probatorio. E’ stato chiesto il sequestro del telefono  della presunta vittima ma il Gip lo ha negato, dicendo che non era importante. La Questura ha avvisato la famiglia della ragazza: “Attenti perché siete intercettati. Ma è un reato…”.

Lascia cadere la frase, il Collegio prende appunti. Poi è la volta dei messaggi. Quelli scambiati tra la presunta vittima e il presunto stupratore la sera stessa. La mattina la ragazza lascia la casa dell’imprenditore, la sera si scrivono su Messenger. Messaggi che avevamo mostrato in esclusiva. Scorrono sul maxischermo.

“Sapete che fatica abbiamo fatto a recuperarli?” – incalza L’Insalata. Pesci aveva consegnato cellulare e pin alla Polizia… ed erano spariti. Poi ha sospeso l’account Facebook a furia di subire insulti. E’ stato difficile ritrovarli”. E scorrono le immagini.

Ci sono le foto della ragazza, alcuni lividi alle ginocchia. “Vi sembrano lesioni da 45 giorni?” – chiede. Perchè anche le parole della tassista, una donna, con la sensibilità femminile, che ha portato a casa la ragazza dopo la notte in casa Pesci hanno avuto poca attenzione? Lei ha detto che stava bene. Che camminava. Che al telefono diceva voglio rifarlo”.

Domande sospese nel vuoto. E risuonano le parole della ragazza, intercettata. “Lo rifarei”. Riempiono l’aula, ancora.

L’Insalata mostra le foto del terrazzo dell’attico di Pesci, la piscina. A 10 metri di distanza si notano le finestre dei condomini vicini. “Se la ragazza si fosse sentita in pericolo avrebbe gridato aiuto e l’avrebbero sentita. Invece lei ha fatto il bagno in piscina, slegata, tra una sessione di sesso e l’altra”.

“Neanche il beneficio delle attenuanti generiche” – incalza. “Perchè? Se va dentro non ne esce vivo. Non può reggere la carcerazione. Ha anche offerto un rimborso, caduto nel vuoto. Cosa altro deve fare?.

Chiedo l’assoluzione, il fatto non sussiste”.

Silenzio.  L’accusa parlerà a fine maggio. Qualche giorno prima del 49esimo compleanno del presunto stupratore sfileranno i colpi di chi vuole regalargli un posto in cella e ha chiesto nove anni. Poi una sessantina di giorni per la sentenza. Forse tre anni dopo l’arresto Pesci conoscerà il proprio destino, al netto di altri gradi di giudizio.

Ma lo hanno detto i suoi legali. Nell’immaginario comune è colpevole. Parma non assolverà, nemmeno se dovesse farlo il Tribunale. 

 

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