Alessio Turco, dall’ergastolo a 20 anni di reclusione in Appello: le motivazioni

Concesse al figlio di Samuele le attenuanti generiche. Gli è stato riconosciuto di aver partecipato alle indagini e di essere succube del padre istrionico e padrone

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In primo grado era stato condannato all’ergastolo, unico rimasto in vita, dopo il suicidio del padre in carcere, nel luglio del 2017. Poi l’Appello ha ribaltato le carte: 20 anni, grazie alle attenuanti generiche, alla collaborazione con gli inquirenti e perché, seppur capace di intendente e volere, è stato ritenuto succube del “padre padrone”.

Ora emergono le motivazioni della decisione dei giudici d’Appello.

Dall’ergastolo in primo grado a 20 anni di carcere. E’ questa la decisione presa dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna, nei confronti di Alessio Turco accusato insieme al padre – Samuele, morto suicida in carcere nel luglio del 2017 – degli omicidi di Luca Manici, alias Kelly, transessuale di 47 anni, e Gabriela Altamirano, la compagna argentina di 45 anni del genitore, morte ammazzate in un club provato a luci rosse alle porte di Parma tra il 25 e il 26 dicembre 2016. La Procura generale, con il sostituto Valter Giovannini, aveva chiesto la conferma della sentenza del processo di primo grado, che si era svolto con la formula del rito abbreviato, sostenendo che la giovane età non fosse una ragione sufficiente per abbreviare la pena di Alessio.

Secondo le indagini dietro al duplice omicidio c’era un movente economico, legato all’attività di prostituzione a cui era stata avviata la 45enne argentina. Ma anche la gelosia di Samuele che non accettava di essere stato lasciato da Gabriela, che continuava a prostituirsi nel casale di Kelly.

Alessio, succube del padre, costretto dallo stesso nel tempo ad assistere o partecipare ad incontri sessuali violenti, a farsi fotografare, seppur capace di intendere e volere era vittima della personalità istrionica di Samuele.

Così è andato con lui al casale, consapevole di dover uccidere. Ha chiamato Luca Manici, facendolo uscire sino al cancello, lo ha colpito in attesa che il padre sbucasse dai cespugli e assestasse i colpi fatali. Poi ha contribuito nell’inviare il messaggio a Gabriela, “c’è un cliente, vieni”, e nel costringere la Altamirano a bere il cocktail mortale, a infilarle il vestito da prostituta e i tacchi alti, a soffocarla, già agonizzante, con le calze a rete, a tagliuzzarla nelle parte intime. Poi ha rubato e occultato cellulari e strumenti elettronici dal casale. Era consapevole, ma inconsapevolmente vittima – secondo i giudici d’Appello.

E in un momento di lucidità ha portato gli inquirenti a recuperare i coltelli e i cellulari, ha collaborato alle indagini. Per questo, ora che il padre ha preso la strada più breve, un lenzuolo al collo per asciugarsi la coscienza e terminare l’ergastolo terreno, Alessio, dopo vent’anni riavrà la libertà. La vita, probabilmente, l’aveva persa molto prima della notte di Natale del 2016.

 

 

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