Fallimento Spip: Borettini patteggia 16 mesi, pena sospesa

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Un anno e quattro mesi si reclusione, pena sospesa. Questa la condanna patteggiata dall’immobiliarista Paolo Borettini per bancarotta fraudolenta nella vicenda del fallimento di Spip, società partecipata del Comune fallita nel 2013 con 120 milioni di euro di debiti.

L’accusa era inerente una serie di compravendite sospette di terreni acquistati come agricoli, a basso valore, e rivenduti alla Spip dopo la riqualificazione ad industriali a prezzi gonfiati per quasi 30 milioni di euro.

Nel 2016, il 20 gennaio, il sequestro del residence Cocconi – Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Parma hanno eseguito il sequestro preventivo emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari di Parma di un’intera palazzina, ubicata in città, suddivisa in 46 unità immobiliari (per un valore di circa 5 milioni di Euro) nonché delle quote e dei conti correnti riconducibili ad una società attiva a Parma, nella quale sono confluiti i proventi illeciti derivanti da un complesso sistema di frode finalizzato alla distrazione di denaro pubblico.
L’immobile sequestrato è lo studentato di Borgo Cocconi: il provvedimento di sequestro scaturisce dalle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Parma, nell’ambito delle quali sono state riscontrate ipotesi di bancarotta fraudolenta a carico degli amministratori di una partecipata di proprietà del Comune di Parma, SPIP, la quale, dal 2005 al 2011, ha accumulato un debito complessivo di oltre 115 milioni di euro per finanziamenti bancari ottenuti per l’acquisto di terreni.
Gli accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza di Parma hanno consentito di rilevare che le predette operazioni immobiliari erano state effettuate a prezzi notevolmente superiori rispetto ai valori di mercato: le transazioni commerciali avvenivano tramite società riconducibili ad un noto imprenditore locale, Paolo Borettini, che, di fatto, si interponevano al solo fine di far “lievitare” i prezzi dei terreni generando così ingenti illeciti profitti.

Con questo sistema Paolo Borettini avrebbe fatto “girare” almeno 40 milioni di euro di denaro pubblico con la compiacenza degli amministratori: il provvedimento di sequestro si riferisce al reato che l’imprenditore avrebbe utilizzato buona parte del denaro per le realizzazione dello stabile.

Il sequestro di 22 milioni di euro nel 2015- Concorso in bancarotta, questa l’ipotesi di reato contestata a Paolo Borettini e gli altri soci di Reig srl. Si tratta di Edoardo e Alberto, Enrica Bevini, fratelli e moglie di Paolo Borettini, e Gian Pietro Caggiati .

Un’accusa pesantissima, che ha portato il giudice, su richiesta della curatela, al blocco cautelare di 22milioni di euro di beni, soprattutto immobili: un blocco autorizzato onde evitare la dispersione di beni prima della chiusura delle indagini.

La Reig è la srl di Borettini e soci attraverso la quale furono acquistati i terreni di Spip, la partecipata del Comune, tra il 2006 e il 2007, ma poi le quote furono cedute alla stessa Spip.

Oggetto del contendere, le mille ombre della trattativa Spip finite nelle indagini della Procura: i terreni acquistati da Reig e rivenduti a Spip a prezzi folli (secondo l’accusa, giusti, secondo la difesa).
Sul registro degli indagati erano finite altre 13 persone, Elvio Ubaldi e Paolo Buzzi, ma anche l’ex presidente della società, Nando Calestani, l’ex dg del Comune, Carlo Frateschi, e l’ex capo di Stt, Andrea Costa, oltre a sette ex consiglieri del cda.

Poi, lente d’ingrandimento è puntata sulle presunte plusvalenze: 22 milioni di euro, appunto. Poi altri 8, quasi trenta in tutto.

 

Il fallimento, 4 aprile 2013 – La vicenda Spip (Società Per l’Insediamento Produttivo) è quella della compravendita di terreni che, nell’arco di poche ore e di fronte al medesimo notaio, venivano ceduti e acquistati raddoppiando il proprio valore. I giudici hanno dichiarato nell’aprile 2013 il fallimento della società rigettando la richiesta di concordato preventivo inoltrata dal comune circa un anno fa, ritenendo in sostanza troppo deboli i presupposti su cui era fondata.
Scrivevano Piscopo, Sinisi e Rogato: «Il mancato avveramento di quelle stesse condizioni alle quali il professionista asseveratore ha subordinato la fattibilità del piano di concordato, comporta la non fattibilità conclamata dello stesso. Né appare ipotizzabile che il tribunale possa concedere un ulteriore termine – che tra l’altro sarebbe di natura indefinita- in attesa del verificarsi di tali condizioni, si può giungere ad affermare che allo stato un vero e proprio piano concordatario ancora non esiste posto che lo stesso è in itinere essendo subordinato al verificarsi di presupposti e condizioni non solo non ancora avveratisi, ma sul cui avveramento prima ancora che sul quando, nessuna prognosi può fondatamente formularsi».
Le condizioni a cui si faceva riferimento, riguardavano una complessa rete di incastri in finanziamenti e sovvenzioni a Spip il cui risanamento prevedeva, nelle linee generali, la creazione di una newco in cui sarebbero confluiti i terreni Spip 2 e 3 e i debiti verso le banche, mentre a Stt (la holding delle partecipate del comune) sarebbero stati ceduti i diritti sui risarcimenti del danno dervanti dalle azioni di responsabilità, in cambio di una liquidità di 2,8 milioni.

Il tutto però subordinato all’ok delle banche al finanziamento di 13 milioni per Stt, condizione che non si è verificata.

 

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