Centro Antiviolenza: nel 2016 accolte 249 donne

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Lotta e riflessione. Sarà questo il filo conduttore dell’otto marzo. Il Centro Antiviolenza di Parma, infatti, ha deciso di aderire allo sciopero globale delle donne indetto in occasione della Giornata internazionale della donna in oltre 40 Paesi nel mondo al grido di “Se le nostre vite non valgono, non produciamo”.

L’obiettivo dello sciopero è quello di garantire un’astensione reale dal lavoro produttivo e iproduttivo e il coinvolgimento delle donne dentro e fuori i luoghi di lavoro. Sarà uno sciopero dai ruoli imposti dal genere, uno sciopero produttivo, uno sciopero contro la violenza culturale, economica, psicologica, fisica che ogni giorno subiamo sui nostri corpi. Sarà uno sciopero per ribadire ancora una volta che i Centri Antiviolenza non sono luoghi di lavoro, non sono servizi, ma sono spazi autonomi di elaborazione politica femminista attivi sul territorio, volti a costruire insieme alle donne percorsi di consapevolezza e libertà.Per questo motivo, nella giornata dell’8 marzo, l’Associazione garantirà esclusivamente l’apertura della propria sede e le attività volte ad instaurare e/o fortificare la relazione diretta con le donne che si rivolgono a noi per uscire da una situazione di violenza. Saranno, invece, sospese tutte le attività collaterali di formazione, sensibilizzazione, comunicazione e partecipazione ad eventi, istituzionali e non. Parteciperemo solo alla “mobilitazione femminista” che prenderà il via alle 18:00 da Piazzale Santa Croce.

Ma non solo sciopero e lotta. Vogliamo anche che questa Giornata rappresenti un momento di riflessione su cosa sta succedendo nella nostra città. Le uccisioni di Elisa, Gabriela, Kelly e Arianna, avvenute negli ultimi mesi, vanno ad estendere una lista già tristemente lunga di femicidi e questo non può lasciarci indifferenti. La nostra comunità sta sottovalutando la gravità del problema? A nostro modo di vedere la risposta è sì. C’è, infatti, ancora la tendenza a ricercare in fattori esterni (problemi mentali, stress, depressione, dipendenza da alcol e droga…) la causa scatenante di queste uccisioni. Si cerca sempre una giustificazione e/o li si cataloga come casi lontani da noi e dalla nostra cultura, quanto invece è proprio la nostra cultura maschilista la matrice della violenza contro le donne e dei femicidi.

Purtroppo le dimensioni del fenomeno ci dicono che non bastano le dichiarazioni chiare di contrarietà, le condanne, le prese di posizione, per quanto lodevoli esse possano essere. Tutto ciò si traduce in iniziative importanti che non possono però riuscire ad arrivare ai veri, profondi motivi della violenza maschile sulle donne. Per provare a affrontare in maniera efficace questo fenomeno c’è bisogno di una profonda riflessione sui ruoli che la nostra cultura attribuisce a donne e uomini. Occorre continuare il lavoro di raccolta di dati ed esperienze che arrivano dalla vita di tutti i giorni e farne momento di riflessione ed elaborazione.

I Centri Antiviolenza, come quello di Parma, sono luoghi di saperi e di esperienze femminili che da oltre trent’anni mettono a disposizione delle donne prima e della comunità poi la propria specificità ed il proprio bagaglio di conoscenze. Lo fanno perché riconoscono l’importanza dell’andare oltre i luoghi comuni e del costruire una rete sul territorio che si fondi proprio sulla specificità del lavoro delle donne dei Centri Antiviolenza, sulla loro conoscenza del fenomeno e sul costante studio che ci porta ogni giorno ad interrogarci sulla complessità del fenomeno e sui mille volti, i mille modi, in cui la violenza contro le donne si mostra e cambia. Per contrastare la violenza maschile contro le donne ci vuole un lungo, costante e paziente lavoro che vada a fondo nei sentimenti e nelle relazioni tra i generi e ci vuole un impegno capillare nell’educazione dei più giovani, un lavoro a 360° su ogni ambito della vita quotidiana.

I dati regionali: 3431 donne aiutate in tutta Emilia Romagna

IL PROGETTO – È proprio in relazione a quanto detto fino ad ora che l’Associazione ha deciso di lanciare il progetto “Sulla mia pelle”. Chiediamo, quindi, a tutte le donne di Parma e provincia di raccontarci le discriminazioni, le molestie, le violenze e le violazioni che incontrano ogni giorno, nella loro quotidianità e nei variegati contesti di vita (ancora spesso influenzati da diversi stereotipi di genere), in ragione del loro essere donne.

Le testimonianze che ci arriveranno saranno per noi la base per una lunga riflessione ed elaborazione che vorremmo culminasse in un convegno previsto per il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, in cui restituire alla città una foto di quanto sta accadendo e accade ogni giorno. Sarà possibile inviare le testimonianze tramite i messaggi alla pagina facebook dell’Associazione o all’indirizzo mail sullamiapelle2017@gmail.com. Ovviamente sarà garantito l’anonimato a chiunque ne farà richiesta.

I DATI DEL CENTRO ANTIVIOLENZA –  Al 31 dicembre 2016, sono 249 le donne accolte al Centro Antiviolenza, di cui 237 hanno subito violenza. Di queste, 225 sono nuovi contatti, mentre 24 sono le donne che hanno continuato a seguire un percorso di uscita dalla violenza iniziato negli anni passati. La maggior parte delle donne (131) sono italiane; le straniere che si sono rivolte al Centro nel corso di quest’anno sono state 95. Tra le aree geografiche maggiormente rappresentate troviamo l’Europa dell’Est, il Maghreb, l’Africa, l’America Meridionale e i Balcani. La maggioranza della donne accolte che subiscono violenza, sia italiane che straniere, risiede a Parma (61%), mentre il 32% risiede in uno dei Comuni della Provincia; inferiore è la percentuale delle donne provenienti da altre regioni d’Italia o residenti all’estero. La maggior parte delle donne accolte nell’anno 2016 ha un’età compresa tra i 40 e i 49 anni (36%) e tra i 30 ed i 39 anni (24%). Le fasce centrali d’età sono quindi quelle maggiormente rappresentate e raccolgono complessivamente il 61% delle donne accolte. Seguono le donne con età compresa tra i 18 e i 29 anni (20%), quelle tra i 50 ed i 59 anni (15%), oltre i 60 anni (5%).

Delle donne accolte nel 2016 solo nel 40% dei casi è stato possibile rilevare il titolo di studio. La maggioranza di esse possiede un’istruzione di livello superiore: il 48% il diploma di istituto superiore e il 30% la laurea o il diploma universitario. Il 60% delle donne accolte ha un’occupazione. Questo indica che spesso l’impossibilità di uscire dai meccanismi della violenza non dipende esclusivamente da cause materiali; occorre in ogni caso considerare il fatto che spesso il reddito percepito può non essere sufficiente per intraprendere un percorso di autonomia. La maggior parte delle donne che lavorano (il 47%), infatti, svolge attività quali operaia, inserviente, assistente di base, ecc. Per il 34% attività quali impiegata, infermiera, categorie intermedie. Solo il 15% è relativo ad attività di dirigente, libera professionista, imprenditrice, insegnante e lavoro in proprio. Molto alta resta la percentuale di donne disoccupate o in cerca di prima occupazione (28%). Le studentesse rappresentano il 6%, le casalinghe il 2% e le pensionate il 3%. In base all’esperienza del Centro Antiviolenza, la condizione di disoccupazione può essere spesso conseguenza della violenza subita ad opera del partner o ex partner. Fra le donne accolte, infatti, coloro che sono disoccupate o cercano occupazione a causa della violenza rappresentano il 17,5% delle donne accolte. La maggior parte delle donne accolte al centro (170 donne) ha uno o più figli/e, spesso vittime di violenza anche loro.

Per quanto riguarda l’autore delle violenze, per le quali le donne si rivolgono al Centro Antiviolenza, nella maggioranza dei casi è il coniuge (50%), seguito dal convivente (22%) dall’ex partner (9%) e dal fidanzato (4%).

Questo dato è importante per comprendere le dinamiche della relazione violenta: una relazione intima, nella maggioranza dei casi, nella quale la violenza è agita da una persona con la quale si è costruito un legame profondo e duraturo nel tempo. Per quanto riguarda la provenienza degli autori di violenze di 29 non è stato possibile individuarla. Dei restanti 208 si rileva che il 66% è italiano, mentre il 34% straniero. Per gli autori stranieri i Paesi di provenienza maggiormente rappresentati sono il Maghreb (37%), l’Africa (31%) e i Balcani (17%).

La violenza più diffusa è quella psicologica (riscontrata in 217 casi), seguita da quella fisica (171), e quella economica (102). Il 18% delle donne (42) ha subito violenza sessuale che può comprendere violenza da sconosciuto ma più frequentemente rapporti sessuali subiti o richiesta di atti sessuali umilianti all’interno della relazione con il partner, molestie sessuali o l’essere costretta ad avere rapporti sessuali con altri. Il 26% delle donne accolte è stata vittima di stalking. Nell’analizzare questi dati bisogna tener conto che difficilmente la violenza viene esercitata in una sola forma. Molto più spesso, le donne che si sono rivolte al centro hanno subito più forme di violenza in forma congiunta.

Per quanto riguarda le case rifugio, nel corso del 2016 sono state ospitate 48 donne, spesso insieme ai/lle loro figli/e (40) per un totale di 88 persone ospitate, tra donne e figli/e. Nella maggior parte dei casi si tratta di donne straniere (36), probabilmente perché sono coloro ad avere una rete familiare e/o amicale meno radicata e che quindi fanno più fatica a trovare ospitalità quando decidono di abbandonare la propria casa per uscire da una situazione di violenza.

 

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