“Io, uscito dall’inferno dell’eroina negli anni ’70 ai giovani di oggi dico: «Statele lontano»”

Parla un "ex ragazzo" di Via Isola: «L'eroina faceva sentire ogni figlio di periferia una rock star. Ma non ne conoscevamo i rischi, voi, giovani di oggi, sapete che uccide. Evitatela »

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La voce è accorata, gli occhi, puliti. Paolo non ha gli occhi persi del tossicodipendente, nemmeno la gestualità esasperata di chi ha bisogno di qualcosa. Ha un appartamento luminoso e residenziale, colorato e scaldato dalle foto della sua famiglia.

“Io ne sono venuto fuori, dall’eroina, ma è stato difficilissimo. E ho visto tanti amici cadere e morire, come se fosse una guerra. Ma contro noi stessi, l’invasore era la droga, non i tedeschi”. 

Ripercorriamo a ritroso un filo fatto di ricordi, dolore e speranza. Il motivo ultimo è un appello ai giovani di oggi: “Ogni generazione alla ricerca della propria identità ha atteggiamenti di provocazione e rottura. La vera originalità e volersi bene e non caderci”.

La spinta a parlare “quando ho letto sulle vostre pagine di quel napoletano che permetteva di bucarsi in casa propria, sono tornato indietro trent’anni, è stato un impulso”.

Oggi Paolo “è pulito”: “Lo sono da un trentennio, anche di più. Mio padre si ammalò, io dovetti andare a lavorare, mantenere mamma e sorelle, poi ho conosciuto mia moglie, la vita mi ha salvato”. Il nome è di fantasia, l’anonimato una scelta perchè “faccio l’onesto impiegato, in azienda il mio passato lo conoscono in pochi. E anche se i miei figli sanno tutto, non voglio mettere loro padre in prima pagina”.

Riavvolgendo, Via Isola, le grandi compagnie, quelle dei grandi conflitti, delle estati a tirar sera e delle grandi scaramucce, a volte anche piuttosto sanguinose. Quella del prete buono, che ne ha salvati tanti tra il campetto da calcio e l’impegno non sempre compreso, Don Sergio.

“Io non ero meglio o peggio, ero uno della cumpa. Tiri sera, due sigarette, i soldi erano quelli che erano, poi è arrivata lei, l’eroina. L’unica cosa che faceva sentire ogni ragazzo di periferia una rock star”.

Guardavate Jim Morrison e volevate imitarlo? “Non c’era la comunicazione globale, non è che volessimo emulare qualcuno. E comunque Jim Morrison era già morto. Nemmeno conoscevamo i rischi del buco, neppure l’Aids, le estati erano calde, gli inverni freddi, si giocava a calcio e a carte, mica avevamo i social per leggere i giornali e wikipedia per sapere che bucarsi faceva male”.

Quindi? “Quindi l’amico più furbo ai nostri occhi, che ora sappiamo essere solo quello più disperato, ha iniziato con la roba. E noi a ruota, siringhe usate e riusate, negli angoli bui. L’Aids era solo uno spettro”.

Perchè lo ha fatto? “Noia, omologazione, curiosità. Si facevano tutti, ricchi e poveri, figli di imprenditori e di operai. Non c’era classe sociale che tenesse. Forse, per moda”.

Poi? “Poi la gente ha iniziato a morire. O ad ammalarsi, a finire malissimo. Come in battaglia, ma qui il nemico era più subdolo. Si è iniziato a parlare dell’allarme droga, ma era tardi, i danni, quelli permanenti, già causati. Qualcuno è morto di overdose, qualcuno di HIV o Aids che dir si voglia, all’epoca lo chiamavamo “Aiz””.

E lei? “Io ero un giovane annoiato. Poi mio padre si è ammalato di tumore. Una famiglia da far mangiare è una motivazione per salvarsi. Mi ha strappato dalla strada Don Sergio,  pace all’anima sua (il parroco di Via Isola mancato recentemente), che mi ha trasmesso il senso del dovere. Con lui, i modi bruschi di chi col metadone e le botte mi ha aiutato a sopportare la voglia di farmi. E poi un lavoro, le trasferte, mia moglie incontrata in un viaggio. A volte però mi rendo conto di quanto quegli anni mi hanno tolto”.

Cosa? “Memoria, benessere. L’organismo si degrada e col passare del tempo paghi tutto”.

L’eroina era scomparsa. “Era, dice lei. Io dico che l’hanno messa da parte altri vizi, altri capricci di una città arricchita. La cocaina. Ma anche le canne, e le pastiglie, i nuovi acidi, l’MDMA, roba chimica che fa malissimo, ma pare non interessare a nessuno. Ma l’eroina costa meno. Pochi soldi, lei torna di moda”.

Intende dire che ogni generazione ha la sua droga? “Intendo dire che ogni droga fa male, anche se quando è appena arrivata sul commercio non lo sai, perchè non si fa in tempo a fare informazione che ci sono le prime vittime.

Ci sono meno soldi, e meno spendi più ti danno robaccia, più fa schifo, meno costa, pù uccide. Il messaggio che voglio mandare è che l’eroina è subdola, ti uccide lentamente. Che sia sniffata o iniettata, ti porta via prima la felicità, poi la vita. Non fateci rivivere le siringhe a trovate a terra, le morti “misteriose”, la speranza di cavarsela quando è troppo tardi”.

Dice questo ai suoi figli? “A loro ho detto di non ripetere gli errori del padre, perchè potrebbero non essere così fortunati. L’appello è per tutti i giovani, perchè per quanto istituzioni e forze di polizia combattano la droga, è sempre esistita e sempre esisterà. Devono essere i ragazzi preparati e forti per non caderci”.

 

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