Parma Abbandonata – Ciclabile di Via Pontasso pericolosamente “aperta”nonostante lo smottamento

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Si è rivelato completamente insufficiente il transennamento della ciclabile realizzato nel 2012 tramite una modesta rete alta soltanto un metro, e subito agevolmente spostata da chi voleva comunque passare.

Oltrettutto, attualmente è finita a terra, sotto una catasta di legna, e non è nemmeno visibile. Così da non far comprendere assolutamente la situazione: cioè che la ciclabile di Via Pontasso è chiusa perchè pericolosa.

Altrettanto poco visibile è un generico segnale di pericolo, posto appena più avanti, completamente ricoperto dalla vegetazione. Che, tra l’altro, i minorenni o chi non avesse la patente di guida probabilmente non saprebbero nemmeno comprendere.

Ed appare anche semi nascosto e poco chiaro il cartello di “divieto di ingresso ai non autorizzati”. Dal momento che è posto vicino a quello di inizio ciclabile. Cosa che induce quindi a pensare che sia rivolto ad altri mezzi, come i motocicli, e che quindi le biciclette siano autorizzate a passare dalla presenza del cartello di inizio ciclabile posto a fianco.

Assente, invece, un più adeguato cartello fisso, in metallo, con la dicitura “PERICOLO – PISTA CICLABILE CHIUSA”. E quello con la mano nera a palmo aperto che indica l’alt. Oltre alla mancanza di una consistente palizzata, alta due metri, per una effettiva interdizione al passaggio.

Risultato è che l’ignaro ciclista entra e, dopo aver percorso un centinaio di metri, si trova improvvisamente in discesa, risucchiato dallo smottamento; indistinguibile nel primo tratto perchè coperto dalle sterpaglie. Con l’asfalto che inizia ad inclinarsi e a piegarsi improvvisamente verso valle, al punto da dare la sensazione che il terreno venga a mancare sotto alle ruote. Se si hanno i riflessi pronti si riesce appena in tempo a frenare. Risulta poi istintivo mettere a terra il piede a valle. Ma, panico, ci si accorge che non tocca. E quindi, con movimento repentino, facendo ricorso più all’istinto che al ragionamento, occorre piegarsi di colpo dall’altra parte per non perdere l’equilibrio. In modo da riuscire a mettere a terra l’altro piede, in una posizione di equilibrio comunque innaturale. Niente affatto una bella esperienza. Al punto che, ancora con il fiato in gola, le prime parole che vengono in mente sono: ” E’ andata molto bene!”.

Appena più avanti si incontra una profonda buca, a sbalzo verticale, che si riesce a scorge soltanto all’ultimo momento, quando la ruota ci è quasi finita dentro. Ed un chiusino di ghisa che sporge dal terreno di venti centimetri, anch’esso semi nascosto dalle erbacce.

Completano il quadro una biscia morta ed alcuni grandi rami caduti lungo il tracciato. Tra cui alcuni in bilico – si presume pericolosamente – sulla rete che divide la ciclabile dalla tangenziale sottostante.

Come mai i cittadini non sono stati tutelati adeguatamente da questo pericolo e la situazione non è stata convenientemente circoscritta e segnalata? Chi doveva provvedere?

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