Due detenuti rom, nella serata del 10 maggio, tra le 22 e le 23, avrebbero dato fuoco alla propria cella, utilizzando le bombolette del gas che legittimamente detengono per cucinare e riscaldare cibo e bevande.
Lo riferisce il sindacao di polizia penitenziaria Sappe.
Sembra che i due detenuti volessero a tutti i costi una terapia che non potevano avere. Solo grazie all’immediato intervento degli agenti è stata evitata la propagazione dell’incendio in tutta la sezione detentiva.
I tre poliziotti Intervenuti hanno dovuto fare ricorso alle cure mediche ospedaliere, dove sono stati refertati dai medici e hanno avuto tre giorni di prognosi, per intossicazione.
“Chiediamo all’Amministrazione penitenziaria interventi immediati – affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Errico Maiorisi, vice segretario regionale – penali e disciplinari, ricordando che l’incendio, laddove si configurino gli elementi di cui all’articolo 423 del codice penale, è un reato piuttosto grave. Questi episodi non fanno che aggravare la situazione nelle carceri, dove la carenza di personale, spesso, rende difficile interventi immediati”
Ci sono strati di popolazione che, per cultura famigliare, per tradizione i per scelta personale hanno deciso di vivere alle spalle delle società che li ospitano.
Per mantenersi vivono di espedienti fra i quali il furto prevale.
Questi personaggi vivono sul nostro territorio da decenni, tanto da essere considerati (a buon diritto) “italiani”, pur continuando a praticare le loro poco commendevoli attività.
Una società moderna e rispettabile dovrebbe adoperarsi per convertire queste persone alla convivenza civile. Ammesso che ce ne siano disponibili le competenze e le risorse umane ed economiche.
L’errore più grande è di non fare nulla ed accettarli passivamente per ciò che sono: dannosi parassiti.