Tragedia – Bimbo di due anni muore di Covid in pediatria

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Il COVID e la modalità di gestirlo tornano a fare discutere nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Per gli adulti è ormai stato deciso da chi governa la sanità a Parma che la gestione complessiva spetta a internisti che non si sono mai occupati in precedenza di malattie infettive, con l’inevitabile conseguenza che pochissimi sono i pazienti per cui medici espertissimi magari in malattie complesse ma non certo infettive vedano l’indicazione alla terapia antivirale. Siccome i farmaci antivirali vanno somministrati precocemente, il rischio di ricovero in chi ha patologie di base, quello di complicanze gravi della malattia e la stessa durata della positivizzazione sono più elevati che nel resto della Regione Emilia-Romagna e dell’Italia intera.

Ma inspiegabilmente alla “cupola parmigiana” va bene così, ad alcuni infettivologi di Parma pure (forse perché, nonostante l’aspetto e il parlare ecumenico, in realtà preferiscono farsi i fatti loro occupandosi di tutt’altro e considerano il COVID una “rottura di scatole”) e chi può va a farsi curare fuori Parma. Lunedì 14 è morto un bambino di 2 anni per COVID-19 nel reparto di Pediatria generale e d’urgenza, evento evidentemente tragico e per cui è essenziale che l’intera comunità si stringa attorno alla famiglia. A Parma, però, di fronte a un bambino che muore si trova sempre una “giustificazione”, l’autocritica – anche per evitare che si ripetano situazioni analoghe – non esiste e ogni decesso in questa città estremamente cattolica è interpretato come tragica fatalità associata a una “chiamata diretta” dal cielo da parte del Dio creatore e, addirittura, tra le righe si colpevolizzano i genitori facendo intendere che avrebbero portato troppo tardi il bambino all’attenzione medica. Il bambino deceduto aveva undeficit di Lipin-1, malattia ereditaria autosomica recessiva causata da due mutazioni nel gene LPIN1, ed era già seguito dall’equipe della Pediatria generale e d’urgenza. Non si capisce bene perché fosse preso in carico da loro visto che non risulta che abbiano esperienze precedenti nella gestione di casi analoghi o per lo meno simili ma al solito presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma sembra che le competenze non facciano la differenza nella gestione dei malati.

Ci si aspetta che, se tutti i medici sono considerati uguali perché laureati in Medicina e Chirurgia (cosa che non sembra essere scritta nei Decreti Ministeriali), per lo meno ci siano protocolli validati che possano permettere un approccio adeguato ai pazienti e non che questi protocolli vadano cercati on line dal povero medico di guardia che si trova magari un paziente complesso in mezzo a un elevato numero di casi senza problemi significativi.

La malattia di base da cui era affetto il bambino si caratterizza per recidive acute di episodi di rabdomiolisi e mioglobinuria, scatenati dalle infezioni e associati a dolore e debolezza muscolare. Il numero di episodi acuti varia da 1 a 10 per paziente, per lo più durante i primi 6 anni di vita (periodo in cui gli episodi di malattia sono più frequenti) e il tasso di mortalità è del 10% (cioè il 90% dei pazienti NON muore).

I pazienti che muoiono decedono di solito per aritmia cardiaca, a causa dell’iperpotassiemia che si verifica durante questi episodi. Siccome nei casi gravi il COVID-19 interessa il cuore nei bambini e, anzi, l’interessamento cardiaco è una delle indicazioni al trasferimento in terapia intensiva (ahimé la terapia intensiva pediatrica è sempre chiusa nonostante le ripetute inaugurazioni), andrà valutato se il paziente è stato inquadrato in modo opportuno dal punto di vista cardiologico (con ECG ed ECOcardiogramma).

Inoltre, essendo l’iperpotassiemia la ragione che porta al decesso in questi casi e l’idratazione endovenosa con il monitoraggio ripetuto degli elettroliti sono le modalità da implementare per evitare esiti negativi, occorrerà analizzare secondo quale protocollo il bambino è stato idratato e se ha ripetuto gli esami del sangue necessari dall’ingresso in Ospedale al momento del decesso.

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