1983-2023: i primi quarant’anni del Nintendo Entertainment System

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In attesa che l’estate 2022 finisca, cedendo il passo alle novità in programma per la stagione autunnale, andiamo a ripercorrere quella che è stata una delle più suggestive innovazioni per le console di gioco durante la prima metà degli anni Ottanta. Proprio come un grande incendio distrugge la vegetazione, rendendo fertile il terreno, la crisi americana del 1983 creava un vuoto che i giapponesi furono capaci di colmare. Questo avveniva mentre Atari lottava con tutte le proprie forze per restare a galla. Contemporaneamente un’azienda giapponese scorge nell’annichilimento del mercato occidentale la sua opportunità. 

L’azienda in questione è naturalmente Nintendo, già artefice di alcuni dei più grandi successi del mercato nipponico in Occidente, che da circa tre anni sta lavorando a una console da gioco basata sull’utilizzo delle cartucce intercambiabili. Naturalmente siamo in quella che Simon Reynolds definisce appunto Retromania, visto che proprio oggi, nel 2022, cresce e divampa la passione per gli arcade games, le console e tutto quello che riguarda il contesto in cui Nintendo stava muovendo i primi passi. Cambiano naturalmente le modalità e funzionalità di gioco, ma la passione di questi retrogaming sta facendo scuola e sta rendendo nuovamente attuale tutto quello che avveniva circa 40-45 anni fa. 

La prima console che darà poi vita al sistema Nintendo

La prima console viene chiamata quindi Famicom, dalla crasi tra la parola Family e la parola Computer. Giungeva nei negozi in Giappone proprio durante l’estate del 1983, appena dopo la chiusura dell’anno fiscale che svelala al mondo la profonda crisi di Atari. Perché chi conosce bene la storia della videoludica o comunque ha avuto modo di visionare la serie tv Netflix High Score, sarà al corrente del fatto che gli anni ottanta, oggi tanto celebrati e riconosciuti per l’importanza storica, per l’innovazione e l’impulso creativo, non sono stati anni facili per il mondo dei videogames, dal punto di vista del profitto e delle aziende che vi presero parte negli States. I motivi come vediamo saranno molteplici, ma specialmente il modello Made in USA si rivelerà fondamentalmente inadatto e perdente. Molto meglio fecero proprio le società e le aziende giapponesi, le quali a dire il vero erano già strutturate e con previsioni di vendite e bilanci in regola. 

Differenze di mentalità e produttive tra gli USA e il Giappone

Negli States invece i videogiochi venivano ancora visti con un certo sospetto, come se fosse un business volatile e passeggero, di certo non capace di influenzare almeno 3 generazioni di giovani. Qualcosa di simile che era già avvenuto durante l’esplosione del rock and roll, quasi trent’anni prima. Le ragioni possono essere molteplici, ma di base riguardano un fenomeno di geografia e di economia locale. Infatti se in California e nella Silicon Valley, alcune menti brillanti capirono che bisognava investire e puntare sui videogiochi, nemmeno a Las Vegas e nello Stato del Nevada, avevano intuito le potenzialità di questo nuovo sistema di intrattenimento. Insomma erano lontani i tempi odierni dove le promozioni del casinò sono all’ordine del giorno e il gioco online costituisce una fetta di mercato ampia, se non fondamentale. Ai tempi nemmeno New York sembrava essersi accorta di come tutto questo avrebbe influenzato il sistema economico e il modo di spendere soldi per i giovani americani. Anche Hollywood, da sempre un posto ricettivo, non ebbe una grande lungimiranza verso i videogames, infatti ci furono relativamente poche opere dedicate a questo nuovo trend. Per poco in effetti gli Stati Uniti d’America non colsero questa opportunità, nonostante lo sforzo produttivo e creativo di alcune menti brillanti che però erano quasi tutte localizzate in California. Venne quindi dal Giappone un nuovo trend, basato sullo sforzo di società e di aziende già collaudate che operavano da tempo e con successo nell’industria dei giocattoli. 

Il Nintendo Entertainment System

In effetti anche in Giappone ci fu qualche problema, dato che la prima console, che poi sarebbe diventata la Nintendo Entertainment System, aveva qualche problema con la scheda madre. Diciamo quindi che a differenza dei tempi odierni, dove spesso il gioco viene praticato online e con costi di gestione assai ridotti, all’epoca un’azienda per essere credibile doveva richiamare tutte le console, sostituendole a proprie spese. Un’idea che forse oggi potrebbe sembrare irrealizzabile, ma che di fatto fu il primo passo verso il successo di un sistema di gioco che ancora oggi viene praticato da milioni di utenti nel mondo. Questa è stata la genesi del sistema Nintendo e l’avvio di nuovi giochi come Donkey Kong, Popeye e ovviamente Super Mario Bros. 

In attesa che l’estate 2022 finisca, cedendo il passo alle novità in programma per la stagione autunnale, andiamo a ripercorrere quella che è stata una delle più suggestive innovazioni per le console di gioco durante la prima metà degli anni Ottanta. Proprio come un grande incendio distrugge la vegetazione, rendendo fertile il terreno, la crisi americana del 1983 creava un vuoto che i giapponesi furono capaci di colmare. Questo avveniva mentre Atari lottava con tutte le proprie forze per restare a galla. Contemporaneamente un’azienda giapponese scorge nell’annichilimento del mercato occidentale la sua opportunità. 

L’azienda in questione è naturalmente Nintendo, già artefice di alcuni dei più grandi successi del mercato nipponico in Occidente, che da circa tre anni sta lavorando a una console da gioco basata sull’utilizzo delle cartucce intercambiabili. Naturalmente siamo in quella che Simon Reynolds definisce appunto Retromania, visto che proprio oggi, nel 2022, cresce e divampa la passione per gli arcade games, le console e tutto quello che riguarda il contesto in cui Nintendo stava muovendo i primi passi. Cambiano naturalmente le modalità e funzionalità di gioco, ma la passione di questi retrogaming sta facendo scuola e sta rendendo nuovamente attuale tutto quello che avveniva circa 40-45 anni fa. 

La prima console che darà poi vita al sistema Nintendo

La prima console viene chiamata quindi Famicom, dalla crasi tra la parola Family e la parola Computer. Giungeva nei negozi in Giappone proprio durante l’estate del 1983, appena dopo la chiusura dell’anno fiscale che svelala al mondo la profonda crisi di Atari. Perché chi conosce bene la storia della videoludica o comunque ha avuto modo di visionare la serie tv Netflix High Score, sarà al corrente del fatto che gli anni ottanta, oggi tanto celebrati e riconosciuti per l’importanza storica, per l’innovazione e l’impulso creativo, non sono stati anni facili per il mondo dei videogames, dal punto di vista del profitto e delle aziende che vi presero parte negli States. I motivi come vediamo saranno molteplici, ma specialmente il modello Made in USA si rivelerà fondamentalmente inadatto e perdente. Molto meglio fecero proprio le società e le aziende giapponesi, le quali a dire il vero erano già strutturate e con previsioni di vendite e bilanci in regola. 

Differenze di mentalità e produttive tra gli USA e il Giappone

Negli States invece i videogiochi venivano ancora visti con un certo sospetto, come se fosse un business volatile e passeggero, di certo non capace di influenzare almeno 3 generazioni di giovani. Qualcosa di simile che era già avvenuto durante l’esplosione del rock and roll, quasi trent’anni prima. Le ragioni possono essere molteplici, ma di base riguardano un fenomeno di geografia e di economia locale. Infatti se in California e nella Silicon Valley, alcune menti brillanti capirono che bisognava investire e puntare sui videogiochi, nemmeno a Las Vegas e nello Stato del Nevada, avevano intuito le potenzialità di questo nuovo sistema di intrattenimento. Insomma erano lontani i tempi odierni dove le promozioni del casinò sono all’ordine del giorno e il gioco online costituisce una fetta di mercato ampia, se non fondamentale. Ai tempi nemmeno New York sembrava essersi accorta di come tutto questo avrebbe influenzato il sistema economico e il modo di spendere soldi per i giovani americani. Anche Hollywood, da sempre un posto ricettivo, non ebbe una grande lungimiranza verso i videogames, infatti ci furono relativamente poche opere dedicate a questo nuovo trend. Per poco in effetti gli Stati Uniti d’America non colsero questa opportunità, nonostante lo sforzo produttivo e creativo di alcune menti brillanti che però erano quasi tutte localizzate in California. Venne quindi dal Giappone un nuovo trend, basato sullo sforzo di società e di aziende già collaudate che operavano da tempo e con successo nell’industria dei giocattoli. 

Il Nintendo Entertainment System

In effetti anche in Giappone ci fu qualche problema, dato che la prima console, che poi sarebbe diventata la Nintendo Entertainment System, aveva qualche problema con la scheda madre. Diciamo quindi che a differenza dei tempi odierni, dove spesso il gioco viene praticato online e con costi di gestione assai ridotti, all’epoca un’azienda per essere credibile doveva richiamare tutte le console, sostituendole a proprie spese. Un’idea che forse oggi potrebbe sembrare irrealizzabile, ma che di fatto fu il primo passo verso il successo di un sistema di gioco che ancora oggi viene praticato da milioni di utenti nel mondo. Questa è stata la genesi del sistema Nintendo e l’avvio di nuovi giochi come Donkey Kong, Popeye e ovviamente Super Mario Bros. 

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