Storia incubo di un’invisibile: Deborah, senzatetto in stazione per troppo tempo senza identità

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La consigliera comunale Nadia Buetto porta alla luce una storia di sofferenza e cruda realtà. Nel suo quotidiano diario indirizzato a Simone Strozzi, indagato nel caso Svoltare Onlus, la consigliera racconta di Deborah, senzatetto che molti avranno notato nei pressi della staizione di Parma. Sola e spaventata, ha vissuto all’ombra della città, sotto gli sguardi ignari di troppi.

“Oggi la nostra Deborah ha lasciato il nido ed è arrivato il momento di raccontare la sua storia. – scrive la consigliera Buetto – Deborah, nata a Toumodi, in Costa D’Avorio, nell’81, arriva in Italia nel 2006 in aereo. Lo fa su chiamata dei genitori missionari laici, in Italia da diversi anni, che le trovano un lavoro presso una casa di riposo a Ragusa”.

“Nel 2010 lascia Ragusa per salire a Torino dove lavora come badante, ma in nero. Dopo Torino raggiunge Bologna poi Reggio Emilia. Nel 2014 arriva a Parma trova occupazione presso una famiglia come badante e colf”.

“A Parma avvia le pratiche per l’ottenimento della cittadinanza italiana. Dopo sei anni, tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 2020, Deborah viene licenziata, perde lavoro e casa. I primissimi giorni successivi al licenziamento rimane nei paraggi, davanti ad una chiesa, nella speranza che la famiglia la riprendesse a casa o che i residenti del quartiere riconoscendola le offrissero un aiuto. Comincia a farsi strada il panico non ricevendo alcun sostegno e non avendo alcun riferimento per ottenerlo“.

“Si sposta in stazione, zona di maggior passaggio. Inizia la vita in strada per Deborah che è una persona molto riservata e incapace di chiedere aiuto, ma la vera tragedia non è ancora iniziata. Dopo pochi giorni in stazione perde/le rubano la borsa con documenti e telefono. Da quel giorno perde l’identità e qualsiasi possibilità di contatto con il mondo a lei conosciuto, inizia per Deborah un incubo”.

“Si reca presso i Carabinieri e in Questura per fare denuncia di smarrimento dei documenti, ma non viene creduta: le dicono che la storia dei documenti smarriti la usano tutti i clandestini. Rassegnata e terrorizzata torna in stazione”.

“Le persone che vivono la stazione sono le uniche che la aiutano, in particolare i gemelli che le insegnano le regole base della strada, la prima, bere per potere dormire”.

“In quei dieci mesi non accede ad alcun servizio di base quindi né dormitorio né doccia, ottiene solo e con molta fatica la tessere della mensa della Caritas. Deborah ha dormito per 10 mesi davanti ad un bar di Piazzale Dalla Chiesa, di fianco alla cicletteria, di fronte al comando della Polfer e praticamente a ridosso del punto di distribuzione dei sacchi di cibo a cura dell’unità di strada che avviene tutte le sere. Nonostante questo, nessuna segnalazione della presenza in strada di una donna arriva ai servizi sociali”.

“Solo il 30 Ottobre 2020 Deborah ottiene dalla Polfer di Parma una denuncia di smarrimento dei documenti. Agli inizi di dicembre io e te Simone Strozzi l’abbiamo vista per la prima volta”.

“Chiedendo informazioni sul suo conto ci è stata descritta come una ubriacona e pazza perché urlava con tutti. Successivamemte Deborah ci spiegherà che è vero che urlava e che lo faceva perché era spaventata ed era l’unico modo per tenere lontane le persone di cui aveva paura“.

“Le persone che l’hanno aiutata le hanno offerto qualche coperta, del cibo e l’elemosina di qualche euro che spendeva per comprare due cose: il Tavernello che beveva per dormire e
l’acqua per lavarsi”.

“Le hanno anche più volte offerto di prostituirsi, lei ha sempre rifiutato. Racconta che in quei mesi l’unica consolazione la trovava leggendo la bibbia: ‘Leggevo in continuazione perché quello che vedevo quando alzavo gli occhi mi faceva paura’.  Quando l’abbiamo avvicinata la prima volta è praticamente scappata e non abbiamo insistito, la sera successiva con l’aiuto dei gemelli siamo riusciti a portarla via con noi”.

“Appena entrata in dormitorio ha voluto fare una doccia (interminabile) ha accettato il posto che le abbiamo ricavato, in soffitta, l’unico possibile essendo quello un dormitorio maschile”.

“I primi giorni li ha praticamente trascorsi dormendo. Simone, avevi fatto un accesso in Questura per avere riscontro dei dati raccolti da Deborah, sperando non fossero veri tanta la gravità dell’abbandono subito da tutte le parti che avrebbero dovuto andare in suo soccorso. Purtroppo, ma anche per fortuna, le informazioni sono tutte corrette, i semafori della Questura tutti verdi, l’iter della cittadinanza dovrebbe arrivare a compimento proprio in questi giorni“.

Oggi Deborah ha riacquistato un minimo di serenità, non beve in eccesso, segno che non è un’alcolista ma è indubbio che abbia subito un trauma che dovrà elaborare, non è escluso che abbia anche bisogno di un supporto per farlo”.

“In dormitorio è collaborativa, aiuta l’operatore nel suo lavoro, si attiva per fare le pulizie o lavare gli indumenti degli ospiti, cucina e cura la sua persona. E’ evidente la sua voglia di casa ma esprime sempre gli stessi desideri. Ottenere i suoi documenti, un telefono e un lavoro”.

“Nei giorni scorsi siamo riuscite ad animare un vecchio telefono che le era rimasto tra le sue cose salvate, tra le fotografie ha trovato quella dei suoi documenti, glie le ho stampate.
Quando le ha prese, il suo viso si è trasformato, penso di non aver mai visto tanta gioia in due occhi, incontenibile. Il giorno dopo è uscita, forte di aver riottenuto la sua identità, nessuno piu avrebbe potuto dubitare di lei, deriderla, umiliarla“.

“Io sono Deborah!”.

“È tornata a casa col volto tumefatto, sanguinante e il corpo dolorante. Per quanto squallida, per i senza dimora la stazione è un luogo rassicurante, per tanti, l’unica residenza diurna. Allo stesso tempo però le frequentazioni impongono regole per noi incomprensibili e forse anche per Deborah. Ha rifiutato le cure del pronto soccorso e la denuncia ai ragazzi che l’hanno picchiata, dice che anche loro hanno i loro problemi. Oggi Deborah ha ripreso il suo cammino è entrata nei circuiti di aiuto e sostegno dei servizi sociali”.

“Credo che la nostra città abbia un debito enorme nei confronti di Deborah, è inamissibile pensare che sia sufficiente perdere un documento per essere catapultati in un incubo e non trovare nessun supporto nonostante la vicinanza a tante realtà e persone. Deborah sta pensando di tornare in Costa D’Avorio, sperava di tornare vincitrice così non sarà, ma il nostro paese le ha presentato un conto troppo alto”.

“Oggi l’ho accompagnata nella sua nuova casa, il distacco non è stato facile , so che dovrei essere felice ma mi viene da piangere. Per quanto possa valere ti chiedo perdono Deborah, per me e la mia città”.

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