La testimonianza: “Io, il Covid e la solitudine”

"Le ragazze dell'Ausl sono angeli - racconta - ma lo vedi che hanno paura, sotto le bardature non vedono l'ora di andarsene, per non rischiare il contagio. I medici dell'Usca, la sola salvezza"

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La testimonianza di una donna di Parma, colpita dal Covid che ha è riuscita a debellare a casa, tra solitudine e paura.

“Le ragazze dell’Ausl sono angeli – racconta – ma lo vedi che hanno paura, sotto le bardature non vedono l’ora di andarsene, per non rischiare il contagio. I medici dell’Usca, la sola salvezza”.

Il Covid è arrivato come una tempesta, a fine ottobre. Maria (il nome è fantasia, a rigoroso rispetto della privacy) ha problemi polmonari pregressi, e ci ha messo poco a capire che qualcosa non andava.

La febbre persistente, e gli esami. Fortuntamente non sono mai stata ricoverata – spiega. “Il virus l’ho preso in ospedale a una visita di routine, a fine ottobre, per il resto io sono blindata in casa, esco solo in orari sicuri per portare fuori il cane. Se non l’ho preso in ospedale, forse l’ho preso da alcuni vicini di casa, stranieri. Non ho avuti altri contatti, se non con loro, che si sono rifiutati di fare il tampone”.

A novembre, la certezza del contagio, tramite l’esito: “Positivo”.

Ed è iniziato un delirio di solitudine e abbandono. “Io abito nelle case popolari, è un casermone…ma siamo soli ugualmente. Io dopo l’esito del tampone ho chiamato due volte i medici dell’Usca, sono sempre venuti, gentili, nelle loro bardature.

Mi hanno visitato e controllato, mentre con una terapia antibiotica cercavo di contrastare il virus. A fine novembre, il secondo tampone, a domicilio. Ancora positivo”.

“Il medico curante non può venire, i familiari non possono venire, quelli che fanno il tampone vengono bardati come palombari e lo vedi che hanno fretta di uscire, e capisco, temono il contagio.

Tu telefoni, telefoni, e nessuno risponde”. Sei solo. Coi miei figli che mi portavano la spesa, evitando il contatto.

“Se io fossi stata più fragile non so come avrei fatto…ci sono i medici dell’Usca, poverini, loro vengono, ma ti senti tremendamente solo. Si dice che ci sono volontari per portare fuori il cane, ma a me a quel numero non hanno mai risposto.

E’ una solitudine immensa. Non la auguro a nessuno”.

 

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