A San Siro ci pensa San Dino – Luca Savarese ricorda la Coppa Uefa conquistata il 17 Maggio 1995

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(Luca Savarese da www.stadiotardini.it) – Gara uno era finita uno a zero. Al Tardini, aveva deciso Dino Baggio, arrivato nel ducato proprio da Madama. Ci aveva messo cinque minuti, per portare in vantaggio il Parma. Di fronte, c’era un’altra volta la Juve. Sembra Ancora tu di Battisti, si, Parma ed Juve si devono vedere ancora. Prima il doppio confronto del Campionato, 1 a 3 per i bianconeri in Emilia e 4 a 0 per la signora a Torino, sei punti malamente persi per i crociati, che comunque finirono la stagione, a quota 63, appaiati alla Lazio, a meno dieci dagli scudettati. Era la prima Juve di Lippi, era il sesto anno del terribile Parma di Scala, quella giostra che non finiva di stupire, quel Luna Parm. Il cammino per arrivare all’ultimo atto della seconda coppa più prestigiosa d’Europa, era stato entusiasmante. S’iniziò in Olanda, ad Arnhem, sul basso Reno. Avversario, il Vitesse. Sconfitta di misura all’andata e due a zero al ritorno in patria, a Parma, con doppio squillo di Zola. Poi fu la volta della Svezia: Stoccolma. Freddo svedese scaldato da un gol di Crippa. Al ritorno ecco Minotti goleador, doppietta e gli svedesi son serviti. A fine novembre si vola in Spagna, a Bilbao, destinazione San Mames. Ciganda regola il Parma e illumina la cattedral. Ma c’e’ ancora tutta la liturgia del ritorno nella basilica del Tardini. Sfida epica, segna prima Zola, poi Dino Baggio s’inventa due gol, ma i baschi sono ancora freschi: Vales riduce le distanze, Couto però le riallunga. Finale da pathos con il gol di Guerrero a tener vive le speranze iberiche. La certezza però è una sola: Parma ai quarti. Il tabellone dice Odense. Regolato uno a zero a Parma da un rigore di Zola. Lo zero a zero in terra danese spalanca le porte della semifinale. La prossima tappa del viaggio si chiama Leverkusen, città della Bayer. Paulo Sergio porta in vantaggio i tedeschi. Ma prima Dino Baggio e poi Asprilla risultano indigesti per i padroni delle medicine. Così, si arriva alla penultima tappa. Al Tardini si gioca al pomeriggio, quando i bambini si mettono davanti alla tv scoprono che Asprilla, con due centri, e Zola stanno portando il Parma in finale. Dopo la doppia finale di Coppa Italia 1992, che andò ai crociati, Parma e Juve sono ancora come i due secoli di manzoniani memoria: l’un contro l’altro armati. Si è detto che il Parma fece sua l’andata, grazie a Dino. Ma, quel Parma ,ai calcoli ed alle speculazioni, preferiva la concentrazione e le motivazioni. Eccoci a quella sera di 25 anni fa. La Juve decise di fa disputare sia la semifinale contro il Dortmund sia la finale di ritorno a Milano, allo stadio Meazza. Scelta vincente per gli incassi ma che si rivelò spiacevole per madama. Pronti via e Fernando Couto fa subito capire che aria tira entrando di sana pianta su Ravanelli, episodio recentemente ricordato da Tino Asprilla nella videochiamata tra il colombiano e Fabio Cannavaro. Il Parma non ha paura, il Parma semmai fa paura. Per come sa essere dentro la gara, per le sue mille risorse. Vialli, al 35’, s’inventa un euro gol con un sinistro di rara potenza, unica palla che gatto Bucci non riuscì a prendere. Poco male, si pareggiano i conti tra andata e ritorno, ma il Parma ha ancora fame, la Juve un po’ dino baggio 17 05 1995meno. Quando il secondo tempo è ripreso da dieci minuti, Dino Baggio si ricorda che il jolly offensivo di questa Coppa Uefa è lui, che quando gli attaccanti non ci pensavano, lui sapeva inserirsi e colpire. Così decide di seguire un’azione, da vicino. Quando Mussi, che aveva ricevuto da Asprilla, va sul fondo destra per crossare, lui è già nel cuore dell’area bianconera, pronto a saltare. Non lo tengono Di Livio e compani, non lo vede Peruzzi: tuffo, testa, goooool. Come ebbe a dire Dino su queste colonne, pagherebbe per rigiocare ancora quella gara, la sua gara. Quelli che erano andati a Milano per vedere le prodezze di Roberto, si trovano la giocata di Dino. Nessun divin codino ma semplicemente Dino. Quinto centro personale, come Zola, cinque meno di Ulf Kirsten, re dei marcatori del torneo. Poco importa, perché la regina di quella Coppa così grande, così argentata, così fascinosa, quella notte, dove la Scala del calcio divenne culla di una musica tutta gialloblù crociata, si chiamava Parma. Luca Savarese (da www.stadiotardini.it)

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