Fidenza – Famiglia con tre figli buttata in strada, botta e risposta Comune – Rete Diritti in casa: “Massari parla come la Lega”

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Continua a far discute il caso della famiglia con 3 bambini di Fidenza che è stata fatta uscire dal residence, all’interno del quale si trovava da 3 mesi come soluzione di emergenza dopo lo sfratto ha provocato un vero e proprio dibattito a distanza tra la Rete Diritti in Casa e il Comune di Fidenza, che ha replicato al gruppo con un deciso comunicato.

La replica – Il Comune di Fidenza replica alla Rete Diritti in Casa che ha denunciato la situazione della famiglia con tre figli, fatta uscire oggi, lunedi 4 maggio, dal residence in cui si trovava per emergenza e che si trova in strada.

“In merito alla nota stampa odierna della Rete Diritti in Casa l’Amministrazione comunale dichiara: Rete diritti in casa è un movimento “politico” contro gli sfratti dei segmenti sociali deboli. La difesa del diritto alla casa ci sta ma bisognerebbe guardare prima chi si difende, non considerare a prescindere che i buoni sono sempre da una parte e i cattivi dall’altra.

A Fidenza la Rete non ha mai avuto pane per i suoi denti perché la linea è chiara: o si rispettano le regole o un bene come la casa deve andare a chi ne ha davvero diritto.

Acer ha in gestione gli alloggi popolari del Comune. Acer ha sfrattato la famiglia in questione (dopo 21 tra comunicazioni, solleciti avvisi e tentativi di sfratto) per morosità accumulata da circa 9 anni (migliaia di euro) anche a causa delle prolungate assenze dal Paese del nucleo: i figli da anni erano rientrati nel Paese di origine (tanto è vero che non risultavano iscritti alle scuole fidentine), la moglie lavorava e abitava in un altro comune fuori provincia e ben lontano da Fidenza, il capofamiglia spesso era assente dalla casa popolare per ignoti motivi.

Fino a fine 2019 era filato tutto liscio per il capofamiglia, utilizzando le norme di un regolamento regionale che permette alcuni trick per non perdere la casa (ad esempio evitando una assenza continuativa per più di 3 mesi) e che Fidenza chiede da tempo di modificare in senso restrittivo. Dopo la comunicazione che lo sfratto sarebbe stato eseguito con la forza pubblica, il capofamiglia decide di far tornare la famiglia a Fidenza lo scorso ottobre, pensando di bloccare la procedura e preservare l’alloggio.

Per prevenire questa ipotesi, il capofamiglia aveva anche dichiarato la sua intenzione di iniziare a saldare il debito, ma una volta persa la casa pubblica, il debito saldato per intero permette di rifare domanda, non di riavere l’alloggio. Per la cronaca: il debito, intanto, non è stato affatto saldato. Lo sfratto era programmato per dicembre. E’ stato eseguito il 21 gennaio e da allora la famiglia con tre figli (classe 2006, 2007, 2013, nessun bimbo di tre anni come dichiarato dalla Rete) è alloggiata a spese dei fidentini in un residence nel Comune di Salso. Anche in questo caso non hanno mai pagato un euro, nonostante dallo scorso aprile il capofamiglia avesse fatto sapere di avere un lavoro. Dovevano uscire dal residence dopo un mese (a gennaio) ma l’esplosione dell’emergenza covid ha convinto ad una proroga dei termini, nonostante l’assoluta indisponibilità del nucleo a pagare un solo euro.

Hanno ricevuto un ultimatum per domani, è stato chiesto loro di contribuire ad una parte delle spese del residence visto che il capofamiglia mantiene il suo lavoro ed è nella condizione di concorrere alle spese. Tocca al capofamiglia decidere come muoversi, anche nell’interesse dei suoi figli coinvolti in questa vicenda che davvero non meritavano di vivere. Se deciderà di concorrere alle spese riprenderà un percorso di diritti e doveri e si potrà garantire un tetto alla sua famiglia. Quindi quella che raccontiamo non è la storia di gente cattiva (Acer e le Istituzioni) che sfratta gente povera”.

Nel frattempo la famiglia dorme all’aperto.

Ecco la risposta dell’associazione all’Amministrazione Comunale.

“Dopo il comunicato di denuncia della drammatica situazione che si trova ad affrontare la famiglia con 3 minori a Fidenza, prima sfrattata poi allontanata dal residenza dove era stata collocata per emergenza, ci aspettavamo una qualche risposta concreta, invece è arrivata solo la risposta sgangherata del sindaco di Fidenza Massari. Sfidiamo chiunque a trovare la differenza tra toni e contenuti del comunicato del sindaco Pd e quello che avrebbe potuto fare un qualsiasi sindaco leghista.

Lo stile tutto formale e riservato dei servizi sociali di Fidenza e dell’assessore Frangipane viene brutalmente frantumato dal sindaco che apre un fascicolo intero e lo sbatte sui giornali. Non è solo questione di privacy e di senso delle istituzioni. E’ anche questione di correttezza dell’informazione e di uso non distorto delle stesse. La famiglia in questione viene presentata come colpevole di tutte le nefandezze, vengono riportati anche i chiacchericci più inconsistenti per dimostrare che giustizia è fatta e che il Comune ha fatto bene a sbattere per strada in piena emergenza coronavirus una famiglia con 3 minori, colpevoli di essere poveri e in difficoltà.

Il sindaco ha voluto calpestare la dignità di queste persone che sappiamo invece essere persone benvolute in città, una famiglia che sta cercando di sistemarsi dopo un momento di difficoltà e di pagare il dovuto. Abbiamo in mano estratti conti Acer e versamenti. Il Comune fa tutto ciò per non ammettere di aver fatto un errore madornale nel portare a compimento lo sfratto, pur sapendo che la famiglia sarebbe comunque rimasta in carico, con spese per di più a carico della collettività.

Anche pretendere ora che la famiglia possa pagare il residence, anche solo in parte, con il solo stipendio che si ritrova, è una assurdità perché qualunque persona razionale può capire che sarebbero soldi gettati nel buco del gabinetto, senza prospettare nessuna soluzione seria per il futuro. La famiglia ha presentato per iscritto al comune circa 20 giorni fa l’unica proposta seria che si può avanzare in questa situazione. Pagare tutto il debito con Acer per poter rientrare nella casa dove aveva vissuto finora e dove sono ancora tutti i mobili e gli oggetti d’uso quotidiano. Di questo naturalmente non fa cenno il Massari nella sua disquisizione giustizialista. La famiglia inoltre nel marasma dei problemi in cui è stata cacciata, rischia di perdere l’unica ancora di salvezza che rimane, lo stipendio del padre di famiglia, considerando che dovendo seguire le drammatiche vicissitudini legate all’alloggio, si trova costretto ad assentarsi spesso dal lavoro.

 

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