“Abuso di correzione”, maestra condannata a tre mesi. Ma il bimbo da sette anni non parla più

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Vittima di una sindrome da stress post-traumatico. Così fior di periti ha definito quella che affligge un bimbo, sottoposto a vessazioni il bimbo dal maggio 2011 al febbraio 2012 alla materna “la Locomotiva”, nel Montanara.

Da un giorno di sette anni fa, uscito dall’asilo ha smesso di parlare, senza mai più ricominciare.

La maestra, 65 anni, oggi in pensione, era accusata di avergli più volte stretto le guance, per obbligarlo a mangiare, urlandogli «ingoia, ingoia…», di averlo offeso se non dormiva o si faceva la pipì addosso. «Hai quattro anni, lo vuoi capire che non ti devi pisciare addosso… Chiedi scusa agli altri e prometti di non farlo più». Oppure non lo avrebbe cambiato, per punirlo.

La donna è stata assolta dall’accusa di lesioni personali, mentre, quella di maltrattamenti, aggravati dalla crudeltà e dall’aver commesso i fatti verso persone affidate per cura, vigilanza, custodia, educazione e istruzione è stata riqualificata in abuso di mezzi di correzione.

Lievissima la condanna: se il PM aveva chiesto due anni e quattro mesi di reclusione, il giudice Paola Artusi ha emesso una condanna a tre mesi, più il pagamento delle spese processuali e di un risarcimento di tremila euro.

La famiglia del piccolo, forse, farà appello. Ai fatti resta un bambino che da sette anni non parla, la cui famiglia ha speso tutto ed ora dovrebbe tentare di farlo visitare in California. Forse non esiste un’unica verità, ma tre mesi sono pochi, se la colpa fosse davvero della 65enne, troppi, se non lo fosse.

 

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