«Alessandro Lucarelli, l’ultima bandiera»: ricordi ed emozioni commuovono l’Auditorium strapieno

Sul palco il fratello Cristiano, ex compagni ed ex allenatori, aneddoti divertenti e un grande sogno, chiamato serie A

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Come si racconta un’emozione? Non ha colore, non ha forma, non ha voce. Come un  brivido. Come una magia. Forse, come un miracolo, quello sportivo, targato Parma, che è nella storia e parte integrante della storia di Alessandro Lucarelli, diventata libro, “Alessandro Lucarelli l’ultima bandiera”.

Perché è lui l’ultima bandiera di un calcio sempre più senza anima, che della storia del Parma ha scritto un capitolo lungo una favola, fatto di amore e lacrime. Tante, di disperazione, prima, davanti al Tribunale, quel maledetto 22 giugno 2015, quando tutto pareva finito ma lui diceva «non me ne vado» poi di gioia, per una risalita lunga tre anni, passata tra le dita con le velocità di un’emozione, tanto in fretta che quasi, nemmeno, ce ne siamo accorti, tanto lentamente che quasi ci sentiamo ancora ad Arzignano, quel 6 settembre, del 2015.

Da Arzignano a Spezia, passando per il Tardini, per Firenze. Per l’addio al calcio. Tutto questo e molto altro è Alessandro Lucarelli l’ultima bandiera, una carriera strepitosa tra aneddoti e ricordi. E la parte più lunga, la più sofferta, ha i colori gialloblù.

Talmente tatuati addosso che Lucarelli è riuscito a schiodare una città che non legge quasi più riempiendo l’auditorium Paganini. Gente stipata anche fuori, in adorazione, svegliata dal suo torpore borghese come solo il calcio, da queste parti, sa fare. Sul palco sono sfilati amici, ex compagni ed allenatori, il fratello Cristiano.

La presentazione è come uno spettacolo teatrale, perfetto nella sua improvvisazione, spontaneo come il suo protagonista. Anima e ricordo che sfilano in parole, lettere, momenti. 

Cristiano Lucarelli – I primi ricordi partono proprio da lui. Dal regalo, la maglia amaranto, la prima, da bambino, e la mattina in cortile a giocare insieme, i due fratelli. E poi quando Cristiano lo ha voluto a Parma, il procuratore che non trova l’accordo col presidente Ghirardi, Alessandro che lo chiama personalmente.

La B, la A, la D. L’invito di Cristiano a smettere, la scelta di Ale di non farlo. «Ogni anno fosse stato un fallimento sarebbe stato l’ultimo» – dice ora. Ma nessun fallimento, solo leggenda.

A proposito di Livorno, un grande tributo arriva da Igor Protti, uno che Livorno l’ha scelta per la vita. «Che un livornese scelga Parma…significa che ce l’ha dentro, addosso. Un livornese difficilmente rinuncia a Livorno. Voglio dirgli una cosa dopo 13 anni…quando io ho smesso di giocare Alessandro insieme ad altri ha preso una pagina del giornale per dirmi che era stato un onore giocare con me. Oggi gli dico che l’onore è stato mio».

Piacenza, Palermo, ricordi e immagini passano sullo schermo, mentre ex compagni salgono sul palco e raccontano aneddoti, momenti, spaccati di vita, spogliatoio, calcio. Il calcio è di chi lo ama, e negli ultimi tempi in città in tanti, si sono ricordati di amarlo.

Parma, già, il cuore e l’anima pulsante del libro. Dall’arrivo, al fallimento. 

Dell’anno dell’Europa League Giovinco, Valiani, Galloppa, Gobbi fresco di ritorno.

Dall’Europa all’incubo. Ed ecco Giorgino, Longobardi, Momo Coly, Lauria, aneddoti dei campi di periferia, da Dilettanti, e di nottate di ritiro, tra fari, bravate e voglia di riportare il Parma al suo posto. L’emozione non la puoi raccontare, ma puoi farla arrivare. Chi ha vissuto quegli anni, capisce quanto di magnifico ha fatto il Parma.

Gigi Apolloni, anche lui ha parole di elogio e amore.

Poi il pomeriggio di Firenze, le parole prima della finale contro Alessandria. «Portatemi in serie B». Quelle parole che hanno cambiato la storia del Parma.

Poi, la notte di Spezia. 18.05.18, come noi nessuno mai. E la decisione di smettere.

La notte del Tardini. La maglia numero sei ritirata, patrimonio del Parma e della città. Chissà che un giorno un altro Lucarelli non vesta quella maglia: ci sono tutti, i suoi figli, la moglie Cristiana, in prima fila. Poco lontano i compagni di oggi, da Alves a Iacoponi, Di Gaudio, Barillà, Scozzarella, Frattali.

Infine, il Parma di oggi. D’Aversa, l’allenatore dell’addio, che lo ha lasciato scegliere. «Ci sono passato io prima di lui, sapevo che solo lui doveva decidere». Parla del Parma e del futuro, l’allenatore.

Un futuro che si chiama serie A. Chi lo avrebbe detto quando portavano via pezzo a pezzo il centro sportivo, dai computer ai macchinari della palestra, chi lo avrebbe immaginato quando tutto il passato del Parma andava all’asta, comprese le coppe dei gloriosi anni ’90.

Forse lui, Lucarelli il visionario, che ha riportato il Parma al suo posto. Ed ora, chissà dove lo accompagnerà. Wembley è ieri, ma nessuno vieta di sognare, che possa essere anche domani.

Il video integrale:

 

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