Aemilia, confermata l’assoluzione per Bernini

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Era il 28 gennaio 2015, quando scattò l’operazione Aemilia. Poi, il 22 aprile dello scorso anno, il primo punto fermo per chi aveva scelto il giudizio abbreviato: 58 condanne, per un totale di 305 anni di pena, e 12 assoluzioni.

Oggi a Bologna si è concluso il processo d’appello. Sentenze di primo grado confermate per i sette parmigiani alla sbarra, compreso Giovanni Paolo Bernini, uno degli uomini di spicco della giunta Vignali.

Bernini era uscito dal processo di primo grado con una assoluzione dal reato ci concorso esterno in associazione mafiosa e per voto di scambio politico-mafioso e con la prescrizione per l’ipotesi di reato di corruzione elettorale semplice., dopo che il gup Francesca Zavaglia aveva derubricato il reato da voto di scambio politico mafioso in – appunto – corruzione elettorale «semplice». Ma i magistrati della Dda (Direzione distrettuale antimafia di Bologna) erano convinti che l’ex assessore avesse barattato un pacchetto di 200-300 voti con uomini del clan Grande Aracri durante le amministrative del 2007 ed erano andati al contrattacco impugnando la sentenza. Diversa l’opinione dei giudici di appello.

Confermate le condanne per Giuseppe Pallone – origini cutresi, ma da tempo residente a Parma, ritenuto uno dei protagonisti della maxi operazione immobiliare di Sorbolo, assolto in primo grado dall’accusa di associazione mafiosa, ma condannato a 5 anni e 10 mesi per altri reati «satellite», come l’estorsione e l’utilizzo di beni di provenienza illecita, Alfonso Martino – crotonese, residente a Salsomaggiore – , Domenico Amato, Gaetano Caputo e Antonio Marzano.

Un processo che alcuni difensori vorrebbero fosse celebrato in Calabria: l’eccezione sulla competenza territoriale, presentata in primo grado, è stata riproposta ieri. Sia su questa richiesta che sull’audizione di Giglio, la Corte deciderà il 6 maggio. Ma per arrivare alla sentenza bisognerà attendere alcuni mesi.

A Francesco Lepera – piccolo imprenditore edile, residente a San Secondo, è stata confermata l’assoluzione dall’unico (ma pesantissimo) reato con cui doveva fare i conti: associazione mafiosa.

Dimezzata la pena per l’imprenditore Giuseppe Giglio, da 12 a 6 anni: è il risultato del riconoscimento dell’attenuante per la collaborazione di giustizia.

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