Operazione “Tacka” – Racket auto di lusso, 88 rinvii a giudizio

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Centosei denunciati, 130 capi d’imputazione, a vario titolo, quattro condanne già esecutive,  88 rinviati a giudizio. Questi alcuni dei numeri del proseguo giudiziario dell’operazione “Tacka”.

Un racket di auto di lusso ramificato, ma anche di utilitarie e trattori: le auto di grossa cilindrata, Porsche, Bmw, Range Rover e Mercedes dall’Italia veniva spedite verso il Nord Europa, utilitarie e trattori verso il nord Africa.

Una settantina i veicoli recuperati: i possessori di auto di lusso, magari in difficoltà economica o coi pagamenti, cedevano le auto dietro compenso alle bande criminali. Poi ne denunciavano il furto intascando il risarcimento dell’assicurazione, mentre le auto venivano spedite all’estero.

Nel mezzo, una lunga serie di passaggi di proprietà volti a confondere società di leasing e assicurazioni. Due le bande impegnate: una composta da russi, romeni e moldavi, la seconda da marocchini: le imputazioni, associazione a delinquere, riciclaggio, appropriazione indebita, falsità materiale e in scrittura privata, simulazione di reato, danneggiamento fraudolento di bene assicurato. 

Nel febbraio 2016, con giudizio immediato o riti alternativi, quattro condanne, con pene dal 6 anni e 11 mesi ai 4 anni e mezzo, per riciclaggio internazionale di auto di lusso. Fra i condannati, due parmigiani , L.C., 4 anni 9 mesi, e F.S., 4 e 5 mesi, un marocchino, M.D., 6 anni 11 mesi, e un romeno, C.B., 4 e 7 mesi.

Dei giorni scorsi, come anticipa la Gazzetta di Parma, 88 rinvii a giudizio. Ci sono anche alcuni domiciliati originari o residenti tra Parma e Provincia. I loro nomi: Dante Allodi, Igor Banu, Gioacchino Bilella, Massimo Colosimo (arrestato lo scorso novembre nell’ambito dell’operazione Borderland), Mario Facente, Guida Grimaldi, Hanen Hachicha, Ion Josan, Perparim Kurcani, Mohamed Lemgaddar, Zans Liviscs, Giovanni Massari, Khaled M’Sallemi, Nadejda Musteata, Massimo Onza, Salvatore Pucci, Salvatore Schifani, Mario Tascone, Antonio Trebino, Pietro Vaghi.

 

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