Loris Borghi, l’Università attende ma le intercettazioni lo inchiodano

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Il rettorato è vuoto, il giorno dopo le dimissioni di Loris Borghi, mentre l’Università cerca di cullarsi nel quotidiano tran tran prima di capire cosa fare, come fare.

Se la versione ufficiale è il solito “no comment, abbiamo già iniviato gli opportuni comunicati”, compresa la lettera strappalacrime in cui l’ateneo prega Borghi di non andarsene, in risposta a quella altrettanto drammatica trasmessa dal rettore in mattinata, la sensazione è che sia troppo presto per capire cosa fare.

Una nuova elezione? Un luminare ad interim? Borghi cambierà idea? Difficile rispondere, difficile immaginare anche che il rettore torni sui propri passi.

Già indagato per abuso d’ufficio nel 2016 per un concorso “ad hoc”, secondo l’accusa, per la sua compagna Tiziana Meschi (ufficialmente solo una stimata collega), questa volta le intercettazioni lo inchiodano alla medesima accusa.

Il concorso ad hoc, per la nomina di Massimo Allegri, delfino di Fanelli. Quel medico che porta tantissimi soldi, con quei progetti di ricerca per gli studi genomici del mal di schiena o per le nanotecnologie a cura del dolore acuto che gli valgono finanziamenti europei, ricercatore “in prestito” da Pavia che Borghi non vuole perdere. Così chiama Fanelli, e gli dice “mi è venuta voglia di fare un blitz, il blitz si chiama Massimo Allegri”.

Perchè Allegri tornerebbe a Pavia, al termine della convenzione, e Borghi non vuole. Fanelli, nemmeno. Così dal Canada Allegri invia il curriculum aggiornato, e il regolamento per i ricercatori a tempo indeterminato diventa realtà, blindando Allegri. Come? Con una modifica al regolamento d’Ateneo costata l’accusa di abuso d’ufficio anche a Pierfranco Salcuni, direttore del dipartimento di scienze chirurgiche, e a due dipendenti dell’Università, Giorgetta Leporati e Gianluigi Michelini (che avrebbe aggiustato il regolamento).

Accusa condivisa con Fanelli e Borghi, che nell’agosto 2015 con un sms comunica che la missione è stata compiuta.

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