Aqualena, frode fiscale e bancarotta: in carcere i due titolari e l’avvocato Dimichele. Sequestrati l’impianto sportivo, un hotel, veicoli e 45 immobili

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Per la vicenda Aqualena sono finiti in carcere i fratelli Antonio e Marcello Vetere, 66 e 54 anni, e l’avvocato Antonio Dimichele del foro di Parma. Secondo il Gip il ruolo dei fratelli Vetere è di capi e promotori di un’associazione per delinquere, mentre Dimichele figura nelle carte come stabile partecipante con una molteplicità di condotte (redazione di contratti di vendita da una società all’altra; predisposizione e produzione in giudizio di fittizi accordi contrattuali tra società finalizzati a sottrarre garanzie; predisposizione di contratti di vendita di beni per neutralizzare le attività delle curatele; contributo alla stesura di atti finalizzati alla dissipazione di beni aziendali).

Le misure cautelari sono state eseguite dai finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica. I reati contestati sono appunto associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti di bancarotta fraudolenta, insolvenza fraudolenta, truffa, autoriciclaggio, omessa dichiarazione fiscale e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Con il decreto è stato disposto il sequestro preventivo impeditivo del centro sportivo e delle relative attrezzature del valore complessivo di circa € 3.500.000,00; due rami d’azienda connessi alla gestione dell’Hotel City Parma e di un’impresa di manutenzione meccanica; quote di partecipazione al capitale sociale di 26 società intestate ai principali quattro indagati; somme di denaro pari a circa € 4.900.000,00 che sarebbero state distratte da fallimenti di diverse società.

E’ stato anche disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di € 2.762.815,98, pari all’ammontare delle imposte complessivamente evase e del profitto del reato di autoriciclaggio, da eseguire nei confronti di tre società e, in alternativa, per equivalente su beni mobili, immobili e disponibilità liquide dei principali indagati.

Per la gestione dei beni in questione è stato nominato un amministratore giudiziario.
Le attività di polizia giudiziaria, dirette dalla Procura della Repubblica di Parma e svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Parma, hanno riguardato la gestione negli anni del complesso sportivo ubicato a Parma.
In particolare, secondo gli investigatori le indagini hanno consentito di ipotizzare la sussistenza di un sodalizio delinquenziale connotato da un vincolo associativo stabile, dall’indeterminatezza del programma criminoso e da un’organizzazione strutturale di uomini e mezzi, con al vertice tre soggetti quali promotori e organizzatori, che avrebbero realizzato un programma criminoso volto a lucrare il massimo profitto dal centro sportivo, omettendo di onorare i debiti verso i fornitori e l’Erario e contestualmente evitando che il compendio aziendale potesse essere aggredito dai creditori, riversando i costi gestionali e fiscali dell’esercizio dell’impresa su società ed associazioni “satelliti”, intestate a meri prestanome, destinate al fallimento e svuotate per tempo di ogni bene.

Come riportato nel provvedimento del GIP, la strategia complessiva del gruppo sarebbe stata finalizzata a non sostenere i costi per i beni che impiegava nelle attività economiche esercitate negli impianti sportivi e nelle strutture alberghiere, scaricandoli su altre persone giuridiche e sui prestanome.

Un esempio: la prima società formalmente proprietaria del centro sportivo e titolare delle licenze, la UNISPORT srl, sarebbe stata depauperata in quanto da subito privata degli incassi derivanti dalla gestione della piscina e della palestra, che sarebbero stati incamerati da altre società riconducibili ai principali indagati e, prima del fallimento, sarebbe stata spogliata dell’unico bene di sua proprietà, ossia l’immobile sede del centro sportivo.

In dettaglio, l’immobile nel 2017 sarebbe stato trasferito fraudolentemente a un’altra società riconducibile di fatto agli indagati (AQUALENA srl), senza alcun corrispettivo: il prezzo di cessione, pari a € 2.800.000,00, già sottostimato rispetto al valore iniziale del leasing di € 3.475.000,00, sarebbe stato corrisposto, in parte, con il riscatto del leasing e, per la quota residua, con l’applicazione di una penale a carico di UNISPORT srl per la mancata esecuzione di presunti lavori di ampliamento e migliorie.

La  penale, priva di ogni valida ragione economica, sarebbe stata diretta a giustificare il mancato pagamento della restante somma di Euro 1.050.000,00, a danno dei creditori di UNISPORT srl.Nell’ambito dell’ operazione di compravendita, stando all’ipotesi d’accusa, l’avvocato finito in carcere avrebbe fornito un contributo essenziale, escogitando gli accorgimenti per dissimulare, dietro un’apparente correttezza formale, il mancato pagamento di larga parte del prezzo del cespite, nella consapevolezza che il fine dell’operazione era quello di far transitare l’immobile da una società all’altra senza un reale corrispettivo, ai danni della società venditrice e (soprattutto) dei suoi creditori.

Nel 2018, l’immobile sede del centro sportivo sarebbe stato ancora una volta distratto fraudolentemente mediante la cessione ad un’altra società costituita ad hoc, la HOUSE IMMOBILIARE srl, priva di alcun patrimonio e anch’essa riconducibile agli indagati, senza che la società venditrice incamerasse alcun corrispettivo. Secondo l’ipotesi d’accusa, scopo degli indagati sarebbe stato sottrarre l’immobile ai creditori di AQUALENA srl e, in particolare, all’Erario, dopo che l’Agenzia delle Entrate aveva notificato avvisi di accertamento di illeciti tributari per € 580.000,00.

Anche in tale operazione il ruolo del professionista indagato sarebbe consistito nel fornire indicazioni sul contenuto di una clausola, fittizia e fraudolenta, già adottata per la precedente compravendita. Un’ulteriore contestazione di bancarotta fraudolenta per distrazione riguarda la società, amministrata di fatto dai principali indagati, deputata alla gestione di un hotel quattro stelle ubicato a Parma. Anche in questo caso, stando alla ricostruzione del GIP, l’intento degli indagati sarebbe stato quello di sottrarre l’attività produttiva alla procedura concorsuale alla quale era ineluttabilmente destinata la società, trasferendo il complesso aziendale a un’ulteriore società ad essi riconducibile e, in tal modo, continuando a percepirne gli introiti.

Agli indagati sono contestate anche numerose distrazioni sia di attrezzature sportive di ingente valore che di somme di denaro, per complessivi € 4.900.000,00, trasferite dalle società portate al fallimento sui propri conti personali o di ulteriori società schermo. Ulteriore contestazione riguarda l’ipotesi di autoriciclaggio per € 157.000,00, in quanto avrebbero reimpiegato in una nuova attività imprenditoriale il complesso sportivo distratto dalle società fallite. Anche nell’estate del 2022 la piscina esterna sarebbe stata gestita da una società riconducibile agli indagati, condotta che il GIP ha qualificato nell’ordinanza come autoriciclaggio nella forma tentata.

Nel corso dell’esecuzione del provvedimento del GIP, sono state contestualmente effettuate perquisizioni a Parma e Reggio Emilia, con l’ausilio di cash-dog, ossia unità cinofile addestrate dalla Guardia di Finanza a fiutare l’odore dei soldi.

Complessivamente sono stati oggetto di sequestro il complesso sportivo e relative attrezzature, l’albergo, 3 auto di recente immatricolazione, 5 moto, 45 immobili ubicati nelle province di Parma e Reggio Emilia, disponibilità finanziarie e quote societarie in corso di quantificazione.

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