Coronavirus, parola d’ordine: Equilibrio, di Gabriele Majo – 2^ puntata: non alimentiamo il complottismo!

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gabriele majo per slide(di Gabriele Majo, direttore responsabile di www.stadiotardini.it) – Non pensavo, a pochi giorni di distanza dalla mia omelia laicale domenicale, di dover tornare ad imbracciare la tastiera per comporre un tema dallo stesso titolo del precedente, ovverosia Parola d’ordine Equilibrio. Eppure lo devo fare, magari controvoglia (mi piacerebbe, invero, parlare d’altro), ma, come giustamente ricorda stamani lo scrittore Alessandro Baricco nelle pagine culturali de “La Repubblica”, in questo momento è compito degli intellettuali (lungi da me considerarmi tale, ché nel mio piccolo sono una capra peggio di tanti altri, ma esercito una professione, quella del giornalista, che dovrebbe, e il condizionale è d’obbligo, inserirmi nella categoria, nonostante principalmente mi occupi di calcio) prendere il rischio micidiale di dare a tutti qualche certezza.
La prima certezza che mi corre obbligo dare è che secondo la comunità scientifica (da Ilaria Capua – cervello italiano emigrato negli States dove è direttore di un centro di eccellenza all’Università della Florida, dopo esser stata prosciolta nel Luglio 2016, dall’accusa di “traffico illecito di virus”, in una inchiesta condotta dalla procura di Verona, perché “il fatto non sussiste” – a Roberto Burioni  definito da Wikipedia medico, accademico e divulgatore scientifico italiano, attivo come stop complottismoricercatore nel campo relativo allo sviluppo di anticorpi monoclonali umani contro agenti infettivi. Ha acquisito notorietà con i suoi interventi sui social media sul tema dei vaccini, cito loro perché sono tra i più gettonati nei talk show o nei TG, e dunque popolari, nel senso di conosciuti dal popolino, anche se non so quanto amati o apprezzati) il Coronavirus Covid 19 è frutto della Natura matrigna e non della mano cattiva dell’uomo.
Confesso – pur non essendo un complottista, categoria dalla quale cerco di stare ben lontano – che il pensiero che fosse scappato il gatto ai cinesi, più volte mi è frullato nella capoccia: eppure la ragione, l’equilibrio si deve arrendere a quelle che sono le evidenze della Scienza, la quale ieri, con decisione, ha sancito che l’attuale flagello non c’entra una benedetta mazza con l’esperimento – di cui aveva dato notizia la rubrica scientifica “Leonardo” della TGR Rai il 16 Novembre del 2015, e ieri rilanciato on line sui social non solo da anonimi complottisti da tastiera, ma anche da irresponsabili politici populisti italiani, e che mi è piovuto contemporaneamente su WhatsApp da ben 5 chat diverse, singole e collettive – condotto un lustro fa dai cinesi che avevano ingegnerizzato (i più attenti correttori di bozze mi avevano bacchettato, nella puntata precedente, perché avevo scritto ingenierizzato, ma il pacchiano errore era voluto perché stavo appunto citando un virologo da tastiera che si era espresso in quell’itagliano) innestando (in laboratorio) salvini supervirusuna proteina presa dai pipistrelli sul virus della Sars (polmonite acuta) ricavato dai topi, creando così un supervirus che potrebbe colpire l’uomo. (Clicca qui per leggere la disamina su Open, qui per il Financial Times, qui per leggere la tesi di Burioni e qui quella della Capua). Sintetizzo riportando le significative parole del solo Burioni rilanciate dall’ANSA: “Non ne posso più: ogni giorno ne inventano una. L’altro giorno il farmaco giapponese, poi gli extracomunitari, poi il farmaco russo, oggi il virus creato in laboratorio. Una vicenda, quest’ultima, che ha acceso nuove preoccupazioni sull’origine del coronavirus pandemico, smentite già da diversi studi. L’ultimo è quello uscito lo scorso 17 marzo su Nature Medicine “nel quale c’è scritto che le analisi eseguite mostrano chiaramente che il virus non è costruito in laboratorio“. Basta con le fake“. E mentre scrivo, a testimonianza che le smentite non servono a un fico secco, ecco che, puntuale, mi arriva sul telefonino la notifica con il rilancio dell’ineffabile filosofo Fusaro che butta lì l’ennesima insinuazione sospetta: ma perché quel servizio del Tg 3 dà così fastidio?. Carissimo, solo perché, come sostiene la Scienza, il Covid 19 non è lo stesso virus costruito in quel laboratorio. Punto.
vagone covid 19Purtroppo – e mi assumo le mie responsabilità essendo stato il primo, negli anni scorsi, su questo sito a costruire verità putative (ma almeno in buona fede e con specchiata onestà intellettuale riconosciutemi ex post dai miei avversari d’allora), per  poi essere male imitato da chi, invece, non ha altrettanti buoni sentimenti e/o condotte – c’è chi oggi pensa che il giornalismo investigativo consista nel passare ore e ore a spippolare su Google, provando a collegare i puntini, seguendo intuizioni più o meno brillanti, finendo, poi, su temi – dove è la stessa Scienza ad offrire certezze – a propalare virali corbellerie. Purtroppo impera la sotto-cultura deduttiva, quando, almeno chi è iscritto all’Ordine dei Giornalisti, dovrebbe trovare prove e riscontri veri e concreti a supporto delle proprie tesi. Il servizio della TGR RAI Leonardo del 2015 stava dicendo una verità riferita a conoscenze della Comunità scientifica internazionale IN QUEI TEMPI: servirsene ora a supporto di tesi complottistiche è semplicemente delinquenziale.
A proposito di giornalisti: passano spot in televisione che invitano il lettori a fidarsi degli editori qualificati, spronando ad abbonarsi alle proprie pubblicazioni. L’invito sarebbe corretto se tutti quanti facessero la propria parte rinunziando, nelle edizioni on line, ai clickbait, ovvero a certi video acchiappaclic di cui anche le testate più “serie” della carta stampata nazionale e locale da anni non fanno a meno, neppure “ai tempi del Coronavirus” (modo di dire assai abusato e che sta fiaccando un po’ i cabbasisi) . Vieppiù: se purtroppo questa professione – ovvero quella del giornalista – è defunta ancora prima di esser stata contagiata dal Coronavirus, molte colpe ricadono proprio su quegli editori, teoricamente “seri”, che stadiotardini.it piccolohanno nel tempo abbassato la qualità dell’informazione sotto-pagando i giornalisti (specie i freelance, ma non solo). Da parte nostra, poi, in gran parte abbiamo rinunziato – proprio nel momento in cui ce n’era maggiore bisogno – a svolgere il nostro ruolo guida, con un primato rispetto al comune utilizzatore dei social e a chi ha la verità in tasca solo perché anziché fare il galletto al bar con quattro amici può farlo con una manica di followers a suon di like? Da chi copia incolla le notizine di mercato (senza un minimo di raziocinio ed analisi, almeno) dei bei tempi andati e che chissà mai se e quando ritorneranno, all’oggi, in cui si rincorrono le castronerie più assurde facendo perdere tempo prezioso agli esperti per spiegare: none, non è baricco repubblicacosì come vi sembra… E chissà mai perché attecchiscono e diventano virali come o peggio del Corona le fake news et similaria. Noi giornalisti, anziché abdicare, dovremmo ribadire il nostro primato di specialisti dell’informazione: oggi il già citato Baricco – ringrazio l’ottimo Gianni Barone per la segnalazione e sono convinto che pure lui saccheggerà a dovere quello scritto per il suo prossimo Cattivo Cittadino – ha evidenziato la differenza che c’è tra questa epoca “digitale” rispetto al “Novecento”, quando c’era “il culto dello specialista”, cioè “un uomo che, dopo una vita di studi, sa moltissimo di una cosa”; adesso, l’intelligenza del “Game” è diversa: “dato che sa di avere a che fare con una realtà molto fluida e complessa, privilegia un altro tipo di sapiente: quello che sa abbastanza di tutto”. Il solo “imperativo” è la “velocità.” “E con una singolare metodologia: sbagliare in fretta, fermarsi mai, provare tutto”. In mezzo a questo crinale nel quale ci troviamo tra nuovo e vecchio, secondo la felice visione di Baricco, abbiamo grandi maestri di scacchi che stanno giocando a Fortnite. E così spiega perché ci sembra tutto così assurdo quello che ci circonda.
Io penso che la deontologia debba essere il nostro faro: per questo mi fa inorridire – sebbene mi sia cara l’autrice – chi nei giorni scorsi, anziché utilizzare la doverosa “continenza” – che è il gazzetta dell'emilia morti di statonostro preservativo per poter esercitare il nostro sacrosanto dovere prima ancora che diritto di critica – ha avuto l’ardire di additare lo Stato Ttaliano colpevolee del reato di omicidio doloso (con tanto di citazione dell’articolo 575 del codice penale, dispensando anche la pena prevista che “prevede un reclusione non inferiore a 21 anni”) spingendosi fino a chiedere persino l’ergastolo (a questo punto perché non anche la pena di morte, vista l’entità dell’iperbole…) per queste “morti di stato”. La requisitoria nasceva dal fatto che il 31 Gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri aveva in una delibera, poi riportata sulla Gazzetta Ufficiale del 01.02.2020, dichiarato lo “stato di emergenza”…”in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patrologie derivanti da agenti virali trasmissibili” …”per 6 mesi dalla data del presente provvedimento (quindi fino al 31 Luglio 2020, nda)… in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. In soldoni l’accusa era: se sapevate già dal 31 Gennaio 2020 di quella che successivamente sarebbe stata ribattezzata pandemia, perché non avete agito prima rispetto ai vari DCPM con cui solo dopo si è chiusa l’Italia dall’ultima conte direttadecade di Febbraio in poi? Quanti morti (di stato) in sostanza si sarebbero potuti risparmiare agendo prima anziché star fermi? Pur non condividendo affatto i toni, la domanda potrebbe esser anche pertinente – e la continenza, ribadisco, è un nostro preciso dovere deontologico – ma anche i tempi non sono i migliori per fare processi del popolo: minaccioso lo stesso Renzi ha rimandato alla fine di questa emergenza per passare al setaccio l’operato di chi è al volante del Paese e capire se ha agito a regola d’arte o meno. Adesso sono energie sprecate, distrazioni, anche per lo stesso Conte che ha dovuto replicare, non so in effetti quanto arrampicandosi sugli specchi, scandendo a più riprese la condotta dell’esecutivo da lui guidato, apparsa agli occhi di molti spesso contraddittoria, ma seguita credo nel tentativo di misurare il dosaggio dei provvedimenti presi nel tempo, anche secondo l’evolversi degli eventi, per mantenere tutta una serie di equilibri che direi sono propri della Democrazia rispetto agli stati totalitari. La dichiarazione dello stato d’emergenza venne fatta – come spiegato dal Premier in una delle sue molteplici apparizioni in streaming – come atto dovuto dopo aver ricevuto in quelle ore la segnalazione dell’OMS e dopo la registrazione in Italia dei due cinesi risultati positivi al Coronavirus a Roma. Atto prodromico a poter ricorrere, in seguito, ad agili strumenti come il DCPM per darci via via le varie regole di comportamento da seguire.  C’è oggi chi, delle opposte fazioni, col senno di poi di cui sono piene le fosse, tira fuori, video magari posti letto emergenza europapoi rimossi, in cui prima si invitava a fare aperitivi, che non c’era alcun rischio, che l’Italia non si doveva fermare e che i turisti dovevano venire da noi che non c’era alcun rischio e via via dicendo. Io penso, però, che anche stati meno mediterranei e più frigidi del Nostro abbiano, sia pure con due o tre settimane di ritardo per i tempi di diffusione del contagio, abbiano ripercorso le nostre stesse tappe: è come il bambino che dà la testa contro il muro, hai voglia a dirgli che si può fare male, ma se non prova direttamente non ci crede: e così i tentennamenti e le marce indietro e le spinte in avanti le abbiamo viste in tutto il mondo, dopo che si è presa reale coscienza che il problema era dentro e non lontano (problemi altrui); poi c’è chi è più attrezzato (vedi la più ricca Germania, leader nella classifica della percentuale dei posti letto d’urgenza per abitante, classifica nella quale la povera Italia non è da Champions League, ma neppure da retrocessione) e chi meno per fronteggiare il nemico; ma non mi capacito come si possa razionalmente (con equilibrio) credere che deliberatamente i nostri governanti ci abbiano lasciati andare al massacro sapendo. La tesi è insostenibile. Si poteva – come sempre – fare di più e di meglio, quello sì, ma non è a Campionato in corso che si debbono trarre giudizi così tranchant, quando invece è l’ora di rimboccarsi le maniche per fare al meglio tutti la nostra parte, inclusi noi cronisti chiamati ad avere una coscienza, e non essere espressione di napalm crozzarabbia e di odio – sia pure mosso da motivi magari anche validi – o inconsapevoli o volontari vettori di messaggi sbagliati. Purtroppo siamo per natura dietrologi e complottisti dentro: vediamo il marcio dappertutto e pure io non sono così verginella dal credere che non ci sia davvero, ma non ci si può ridurre ad essere degli eterni haters tipo il riuscitissimo Napalm51 di Crozza. Concludo citando volentieri dall’Huffingtonpost il pensiero del blogger @Manginobrioches che sostiene: “Il vero untore, oggi, diffonde l’ignoranza”. Chi è l’untore, dunque?  huffpost“È colui che costringe gli esperti veri a perdere tempo a precisare l’ovvio, a smentire sciocchezze diffuse su ogni telefonino del mondo. No, bere bevande calde non uccide il virus; no, la vitamina C con posologia da cavallo non serve a nulla; no, non è vero che gli immigrati (immigrati? Ma che è, una nazionalità? Una razza?) non si ammalano…” e via dicendo che infestano non stop i nostri smartphone. Burioni, magari, a pelle non sarà neppure simpaticissimo, però ha tutta la mia solidarietà quando al follower che gli chiede “ci metti la mano sul fuoco?” la risposta è perentoria: “invece di chiedere a me di mettere la mano sul fuoco prova tu a mettere la testa sopra un libro, poi mi fai sapere se ha funzionato”Gabriele Majo, direttore responsabile di www.stadiotardini.it

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