Parmigiano Reggiano a rischio effetto bolla. L’allarme di Confcooperative: “Si rischia crollo prezzo, consumi non al pari della produzione”

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Il Parmigiano Reggiano rischia l’effetto bolla che potrebbe far crollare i prezzi. A dare l’allarme Confcooperative di Reggio Emilia.

Da mesi il prezzo del Parmigiano Reggiano è sostenuto, a vantaggio di tutta la filiera di produzione. Ma, se la produzione continua a salire, il consumo e l’export invece si contraggono rischiando di far presto crollare i prezzi. A far preoccupare anche le possibili sanzioni che potrebbero scattare per la sovraproduzione di latte secondo la famosa “Quota Latte” arrivata dalle direttive europee.

Una tendenza che preoccupa anche il Consorzio di tutela che, come dichiarato nell’assemblea della sezione di Reggio tenuta lo scorso 15 febbraio, è costretto ad anticipare di un anno il nuovo piano di produzione. “Abbiamo preso un’eredità pesante, – aveva sottolineato il presidente del Consorzio Pamrigiano Reggiano, Nicola Bertinelli – perché per la prima volta il Consorzio ha in gestione 3.650.000 forme. Il Parmigiano Reggiano viene venduto mediamente ogni 22 mesi. Quindi nel 2017 abbiamo venduto il formaggio fatto nel 2015 pari a 3.300.000 forme. Se nulla cambia, 3.300.000 forme rappresentano l’equilibrio di mercato per consentire alla filiera di avere una remunerazione adeguata di tutti i capitali investiti. Ma nel 2016 abbiamo prodotto 3.470.000 forme, ovvero 170.000 forme in più. Nel 2018 dovremo perciò collocare 170.000 forme in più rispetto all’equilibrio di mercato. Nel 2017 abbiamo sfondando il muro delle 3.650.000 forme che corrispondono a 180.000 forme in più da vendere nel 2019. 2018 più 2019 avremo quindi da collocare 350.000 forme in più che, se rapportate ai 3,3 milioni, rappresentano un +10%. Per dare una fotografia di quanto valgano, gli Stati Uniti, che sono il nostro mercato estero più importante ne assorbe 250.000 e il Canada 50.000 forme. In due anni dobbiamo trovare uno spazio di mercato pari a uno Stati Uniti e due Canada”.

MINISTRO MARTINA AL CONSORZIO PARMIGIANO REGGIANO

Confcooperative di Reggio Emilia presieduta da Matteo Caramaschi però insiste: “La produzione va riportata rapidamente a livelli più coerenti rispetto alle capacità di assorbimento del mercato. Il Consorzio deve invertire la rotta. Servono piani produttivi orientati ai redditi e non agli ottimismi di maniera o ai facili consensi, perché in gioco c’è il futuro delle aziende agricole, di una montagna che non ha alternative produttive e, tra i consorziati, soprattutto quello dei caseifici cooperativi che vivono di conferimenti e, a differenza dei privati, alle congiunture sfavorevoli non si possono sottrarre semplicemente acquistando latte al minor prezzo”.

Nonostante le quotazioni alte sul mercato del Parmigiano Reggiano, Confcooperative di Reggio esprime preoccupazione per il futuro del comparto, “segnato da un continuo e sensibile aumento delle scorte per il prodotto stagionato oltre i 18 mesi, da una produzione cresciuta del 5,1% nel 2017 (oltre il 10% in due anni rispetto a piani produttivi che ipotizzavano volumi in aumento sotto il 2%) e da un nuovo balzo produttivo anche a gennaio 2018, con un +6,3%”.

La produzione infatti ha visto un aumento delle scorte complessive che a dicembre 2017 ha superato il 12%. In pratica, spiega Confcooperative “rischiamo di andare sempre più in distonia con consumi che crescono troppo poco anche all’estero e che, al di là di proclami e intenzioni, non si modificano con la velocità con la quale, al contrario, cresce la produzione e si riformano scorte che dovranno essere smaltite in lunghi periodi in cui la tenuta delle vendite potrebbe essere sorretta solo da un calo dei prezzi e, conseguentemente, dalla penalizzazione dei redditi dei produttori”.

Osservando il dato territoriale, l’aumento dello scorso mese è stato maggiore nei caseifici collocati nell’area montana (+9,3), seguiti da quelli collocati nella bassa pianura (+6,6% )e alta pianura (4,1%). Ma si nota anche, già da diverso tempo, che questo aumento non sia legato ad un altrettanto proporzionale aumento del latte prodotto nelle aziende agricole del comprensorio montano.

Con i ritmi registrati a gennaio 2018, la proiezione a fine 2018 sarà prossima a 3.885.000 forme, un volume effettivamente elevato, corrispondente a 585.000 forme oltre il limite fisiologico di 3,3 milioni. Per questo il Consorzio ha deciso di bloccare la produzione per dar tempo ai mercati di metabolizzare il surplus produttivo che si è venuto a generare in questi ultimi anni e individiare nuovi gruppi di potenziali consumatori (dalle neo mamme agli anziani, passando dagli sportivi).

Sin qui sono stati evidenziati i potenziali di rischio analizzando le componenti esclusive del Parmigiano Reggiano, senza considerare le dinamiche esterne, quelle che potrebbero innescarsi in forza delle pressioni connesse al settore del Grana Padano e dei Similari.

Innanzitutto va osservato come la forbice di prezzo (delta 3,65€/Kg) tra Grana Padano e Parmigiano Reggiano sia eccezionalmente ampia (6,15€/kg 9 mesi GP – 9,80€/kg 12 mesi PRRE). Storicamente, a una eccessiva distanza tra i prezzi, si è assistito a un veloce e rapido ridimensionamento del prezzo del Parmigiano e ovviamente dei consumi.

Ma sono anche altri gli elementi di curiosità che andrebbero meglio indagati.
Se il Parmigiano Reggiano sta registrando incrementi produttivi da record e una concomitante contrazione dei consumi, anche il principale competitor, il Grana Padano, sta registrando, seppur in modo più ridotto, una crescita produttiva (+1,17% sul 2016), un analogo aumento degli stock di magazzino e una contrazione dei consumi.

UN OSSERVAZIONE SUI PREZZI E I CONSUMI– Nello scorso mese di gennaio, i consumi domestici hanno registrato una situazione di quasi pareggio per il Grana Padano (+0,6%) a fronte di un secco -5,3% del Parmigiano Reggiano, un +7,4% per il Pecorino Romano mentre registra una sensibile flessione l’Asiago (-2,6%). Interessante e preoccupante, invece, la scalata dei formaggi cosiddetti “similari” che hanno guadagnato un considerevole +9,2%. Va osservato infatti come la forbice di prezzo (delta 3,65€/Kg) tra Grana Padano e Parmigiano Reggiano sia eccezionalmente ampia (6,15€/kg 9 mesi GP – 9,80€/kg 12 mesi PRRE). Storicamente, a una eccessiva distanza tra i prezzi, si è assistito a un veloce e rapido ridimensionamento del prezzo del Parmigiano e ovviamente dei consumi.

Se oggi il prezzo del Pamrigiano Reggiano soddisfa, secondo Confcooperative Reggio Emilia, lo si deve a tre anni di sofferenze: “Sui buoni livelli attuali incidono tre anni di produzione (2013, 2014 e 2015) in bilico tra flessioni (-0,85% nel 2013) e aumenti massimi sotto l’1% (+ 0,57% nel 2014) che hanno reso sopportabile il balzo del +5,1% del 2016”.

 

 

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