A tu per tu con Pier Paolo Cattozzi che annunciò sulla Rai la Prima Promozione del Parma in A: “Nacque una nuova cultura del calcio”

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Luca Savarese(Luca Savarese da www.stadiotardini.it) – Un fiume in piena che ha proprio voglia di straripare la sua acqua di ricordi cristallini. Allora, volentieri, mi sono lasciato irrorare. Ecco perché a uno come lui sfugge l’intervista strictu sensu, e dall’altra parte del telefono, mentre lo senti, hai a che fare con uno il cui pensiero corre più veloce della parola. Altro che intervistato, ecco un vero e proprio mattatore. Pierpaolo Cattozzi, nato il 29 luglio del 1939, questo pomeriggio mi ha concesso questa intervista. Anzi no, regalato questo saporito spaccato di vita.

Il Parma è in serie A per la prima volta nella storia ed in anticipo sulla fine del campionato, più che giustificata quindi la marcia trionfale sulle note del concittadino, piu amato dai parmigiani. Non si offenda però il cigno di Busseto se per dettare il ritmo del suo forsennato pressing, Nevio Scala, grimpeur dell’olimpo pedatorio, ha fatto ricorso più alla Lambada, il ballo del momento, che alla verdiana Forza del destino”… Così lei annunciava agli italiani, 30 anni fa, sui canali Rai, la prima storica promozione del Parma in serie A. Una perla, incastonata nella memoria dei racconti sportivi

PIER PAOLO CATTOZZI 90°Io ti ringrazio perché è stato veramente emozionante risentire quel pezzo, mi è piaciuto – devo dirlo – confezionarlo quella volta, d’altronde in campo c’erano Parma e Reggiana: del Parma avevo già assaporato una stagione interessante, anche se io io seguivo principalmente la serie A per novantesimo minuto. A dicembre, prima della sosta, si giocò Parma-Messina, al Tardini (fu un 2 a 2, nda). Era ferma la A, quindi la Rai concedeva il palcoscenico di solito preposto per Novantesimo alla B e naturalmente l’inviato ero io che alla fine concludevo sempre con qualcosa di mio. Quella volta dissi “Segnatevi questi due nomi Apolloni e Schillaci, ne sentirete parlare”. Me lo ricordò poi, qualche anno dopo, il mio grande amico di una vita, Franco Scoglio, che aveva inventato il movimento eolico, essendo nato nelle Eolie a Lipari. Questo per dire, che fermento c’era. Apolloni è un ragazzo d’oro oltre ad essere un campione, ma poi in quella rosa c’era anche Luca Bucci, non titolare ma si vedeva la stoffa che riuscì ad esprimere poi nelle stagioni successive; poi Gambaro, Sandro Melli, che fu capocannoniere di quella formazione, Tarcisio Catanese, un centrocampista che teneva insieme la squadra, ma non posso dimenticare anche Daniele Zoratto, che aveva un fisico alla Messi ma un autorevolezza all’Adriano, l’imperatore. Zoratto era un imperatore in campo. Fu una stagione bellissima che io vidi di contorno, alla domenica non lo seguivo direttamente il Parma, se non quando era ferma la serie A. Ti dico un altro episodio significativo: il giorno della presentazione di Taffarel, in piena estate, eravamo al Tardini tutti quanti, giornalisti, inviati, cronisti dall’estero, tifosi. Scala improvvisò una conferenza in mezzo al campo; qualcuno gli chiese se al primo anno di A giocassero per la salvezza, lui con il suo cipiglio di viticoltore, di uomo che sa cosa vuol dire coltivare qualcosa, disse, fermo, deciso: “No giochiamo per l’Uefa, per la qualificazione in Europa”. Andammo via tutti con un sorriso sulle labbra. L’anno dopo si qualificò veramente, dando il là ad un’epopea straordinaria. Scala aveva un’autorevolezza ed allo stesso tempo una modestia che metteva a proprio agio tutti: in questo mi ricordava il mago Helenio Herrera, che rispondeva a tutte le domande, ma amava quelle più intelligenti. Poi vorrei ricordare anche l’amabilità di Ernesto Ceresini. Da quel nucleo di quella prima promozione nacque una cultura del calcio che non era però fuori dagli schemi tipici parmigiani. Quel calcio è connesso con tutto ciò che a Parma si fa, dal Parmigiano a tutte le altre produzioni. E’ un modo di essere. Quando andavamo in giro, trovavamo sempre un riferimento al Parma. Mi ricordo nella gara in Spagna a Madrid contro l’Atletico (gara d’andata di Semifinale di Coppe Coppe 1993, nda). Il Prado assalito dai tifosi parmigiani, sembrava di essere a Parma: i parmigiani che guardavano i quadri del loro concittadino Parmigianino e il ritratto di Elisabetta Farnese. Questo è tipico dell’essere parmigiano. Come fu poi, da quella stagione in poi, col calcio”.

A proposito di grimpeur, anche lei, è stato un grande scalatore della parola, sin dai tempi del Guerin Sportivo dove era inviato speciale sotto la direzioni di Gianni Brera…

Be’ si, la parola grazie anche ai miei studi classici, l’ho sempre coltivata. Non l’ho mai detto, ma a distanza di anni tutti sono diventati, una volta morto Brera, allievi di Brera. Ecco non so se posso definirmi allievo di Brera, ma è certo che fu mio direttore per sette anni al Guerino, con l’editore il conte Rognoni, e Brera, ti garantisco, io lo seguivo in tutto”.

1973 pier paolo cattozz video giornale di telereggioFondamentali furono anche le sue esperienze a Tele Reggio e a Retemilia 81, di cui era stato fondatore e direttore…

Per questa esperienza ho un ricordo partigiano più che parmigiano… Il direttore  e fondatore di Radio Parma, Carlo Drapkind, mi contestò sempre la primogenitura della prima televisione via etere. Io ho fondato Telereggio, fui secondo solo a Peppo Sacchi, fondatore di Tele Biella via cavo. Io feci Telereggio via cavo. Su cavo si riusciva ad arrivare solo a dieci metri di distanza, poi andammo via etere, però Drapkind fu un generoso, anche se mi ha sempre contestato quella primogenitura. Alla fine gliela concedevo, però, ti garantisco, che Parma è sempre stata sugli scudi, anche nelle radio, io facevo la tv, ma come radio fu all’avanguardia: Radio Parma fu la prima e formò anche tanti professionisti importanti”.

Oggi per usare una felice espressione di Gigi Garanzini siamo immersi nel fast foot, calcio veloce, propinatoci alla velocità della luce e quasi ad ogni ora. Novantesimo minuto, di cui lei è stato voce e volto, resta ma come Nottola di Minerva, sovrastato dalle abbaglianti pay tv Tanta quantità, ma forse chi ne risente di più è la qualità stessa?

Mi stai inseguendo sulle note di un linguaggio aulico anche per il calcio… Sai in Rai, non si poteva scherzare sul calcio: il calcio era cosa tremendamente seria, quasi più della politica…  Garanzini non è stato il massimo dei miei ideologhi della dea Eupalla, ma questa volta ha ragione: il calcio di oggi è troppo fisicamente perfetto, certo ci sono anche tante nuove componenti, atleti che mangiano meglio, i genitori di questi atleti che mangiano a loro volta meglio dei nostri genitori d’antan, alimenti diversi, più selezionati, tutto è più performante oggi. Anche gli stessi gol sono alla velocità incredibile e non perché il nastro è accelerato. Anche perché prima c’era una lentezza superiore, oggi grazie agli strumenti, li riusciamo a seguire da ogni angolo a velocità naturale, ci sono dei gesti atletici diversi, forse anche perché il pallone di allora aveva le cuciture e una sostanza non proprio di pelle. Oggi, pur mantenendo lo stesso peso regolamentare, i palloni assumono traiettorie che acquistano e mantengono potenza, mentre una volta i palloni appesantiti dalla pioggia e dall’erba, finivano sbucciati. Poi oggi i campioni, anche nella memoria collettiva, si citano sempre i soliti. Ma Sivori ragazzi, mi da fastidio che non venga mai citato. Colgo l’occasione per invitare i miei 12 lettori, per vedere, per leggere soprattutto, le stupende cose che sapeva fare col pallone Omar Sivori”.

Oggi dove Pierpaolo Cattozzi è inviato, su quello stadio particolare chiamato famiglia?

Si oggi seguo la mia famiglia, ma devo dire che l’ho sempre seguita. Io sono stato assunto in Rai nel Gennaio del 1987 da Biagio Agnes, perché avevo conosciuto il direttore di Rai 1 Lucio Fava, avevamo fatto alcune conferenze insieme, mi chiese se me la sentivo di venire in Rai. Grazie al suo interessamento arrivai in Rai e me lo comunicarono a gennaio. Io, allora, facevo, Retemilia 81, la prima emittente non comunista nella regione più comunista d’Italia, come ebbe a definirla il Resto del Carlino, un emittente cattolica ad indirizzo umanistico, era l’81. Fu una bella sfida, dopo andai in Rai, mi chiamarono a Roma. Io dissi ad Agnes che avevo due figli e che non potevo allontanarmi tanto. Poi a Bologna non mi volevano, c’era un comitato di redazione molto contrario a visioni cattoliche. Agnes mi propose due scelte: Firenze o Venezia, andai a Firenze, perché mia moglie non voleva che mi trasferissi al Tg1 a Roma per la famiglia, scelsi dunque il posto dove potevo andare e venire anche in giornata e scelsi così Firenze e feci Novantesimo come inviato del Tg1”.

Infine un suo ricordo su Beppe Barletti, suo collega, che ieri ha iniziato, in cielo, il suo dopo partita…

beppe barlettiDunque Beppe Barletti è stato un professionista serio, all’antica, poteva sulle prime non risultare subito simpatico; io lo conosco più come personaggio televisivo che non personalmente. Su Facebook vedo che lo hanno ricordato tanti, ma non solo per ricordarlo retoricamente, ma con molta sincerità ed attenzione. Con Barletti a Torino lavorò anche l’inviato e pittore di Verona, Ferruccio Gard. Quando arrivai a Novantesimo si facevano ancora le riunioni. Lui non veniva, venivano Carino, Castellotti, ed erano riunioni importanti con annesse rimpatriate a tavola e quando stai insieme cresci, le riunioni con Paolo Valenti erano eccezionali. S’imparava sempre qualcosa. Io cercavo sempre di osare negli interventi. Valenti spesso diceva: Cattozzi commenta durante la partita e poi alla fine fa un titolo e va via. Necco, in crociera, assieme alla Gazzetta dello Sport, dopo aver fatto i suoi interventi sul Napoli, diceva: se volete parlare di calcio, vi passo Cattozzi. Se si fa la tv, la tv si vede, un gol lo vedi, un’azione la vedi, devi quindi aggiungere sempre qualcosa. In radio, invece, dove non vedi, devi avere un ritmo più alto ma togliere, essere più asciutto. Ho cercato sempre di non essere solo meramente cronachistico. Barletti lavorò molto anche a Stadio Sprint. Erano domeniche intense e io, grazie al Parma, avevo il lavoro agevolato, ero vicino a casa, andavo a montare tutto a Bologna, e poi tornavo a Firenze. Ero l’unico che a Novantesimo faceva tutte le domeniche, a parte i conduttori, lo facevo davvero tutte le domeniche. Essendoci ad un certo punto, un agglomerato di squadre di A in Emilia-Romagna: Parma, Piacenza, Reggiana, poi Modena, Bologna e Cesena”.

Hai dato la stura al mio baule degli aneddoti. Poi, per di più siamo stati chiusi tanto in casa in questi mesi. Abbiamo fatto dimestichezza con i ricordi”.

Una dimestichezza, che sinceramente, non solo ci ha fatto piacere ma ci risulta, anche, utilissima.

Si accanto a certi fiumi che irrompono, tu non puoi proprio rimanere asciutto. Luca Savarese (da www.stadiotardini.it)

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