Solomon confessa: “Sono stato io, avevamo litigato”. Il 21enne resta in carcere, giovedì le autopsie

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“Sono stato io, avevamo litigato”, Solomon confessa, poi, non parla più.

Non sceglie di avvalersi della facoltà di non rispondere l’omicida confessa di Patience e Maddy Nyantakyi, rispettivamente madre e sorellina, nell’alloggio al 21 di via San Leonardo.

Ristretto nel carcere di San Vittore, dove per ora rimane, Solomon, insieme all’avvocato parmigiano Vincenzo Agostino Cecere, ripete di essere stato lui. Non spiega il perchè, come se ancora stesse metabolizzando un gesto così crudo, violento, assurdo.

Il suo legale parla di un ragazzo confuso, intimorito. Si chiede come fare ad aiutare un reo confesso, accusato di duplice omicidio aggravato dalla discendenza e dai legami famigliari, un crimine da ergastolo, anche se non venissero applicate altre aggravanti come la crudeltà e la premeditazione, oltre ai futili motivi.

Il Gip milanese ha confermato la detenzione in carcere, fissando per giovedì le autopsie sui cadaveri martoriati: l’esame è stato affidato a Paolo Tricomi di Lecco e Domenico Castaldo di Legnano, oltre Darica Soprani, intervenuta martedì sera sul luogo del crimine.

Probabile che il legale tenti la strada della semi infermità mentale, richiedendo una perizia psichiatrica.

Chissà che nel mentre Solomon non decida di raccontare cosa è accaduto, e il perché si quel pomeriggio diventato incubo senza domani.

 

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