“Cavalca e Concari stupratori” – scritte sui muri riportano in prima pagina lo stupro di gruppo di Via Testi – FOTO

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Torna alla ribalta e si riprende le prime pagine lo stupro di gruppo avvenuto nel settembre del 2010 in Via Testi, nell’allora sede del collettivo antifascista.

Sono infatti comparse, sui muri del cavalcavia di Via Trieste, scritte ben indiciative a bomboletta “F. Cavalca e F. Concari stupratori” accompagnate da foto, poi strappate, dei due parmigiani coinvolti con le scritte “stupratori”.

Ben indicativa anche un’altra frase, ancora leggibile seppur confusa con altri colpi di bomboletta: “Te lo diamo noi un bel processo”.

I fatti, sono ormai tristemente noti, ricostruiti prima da un video, finito nelle mani delle forze dell’ordine molti anni dopo, nel corso di indagini su alcune bombe a carte esplose contro la sede di Casa Pound.

Gli eventi,mai denunciati, tremendi, risalgono al 2010. Nella sede dell’allora collettivo antifascista di Via Testi, arroccata tra Via Toscana e Via Mantova, la ragazzina, originaria del mantovano, all’epoca appena maggiorenne, che frequentava il gruppo, venne invitata per una festa. Drogata, fu stuprata a turno, e abbandonata li, dove si svegliò la mattina dopo con gli abiti strappati e i segni della violenza addosso. I fatti, filmati con un cellulare. In un ambiente difficilmente penetrabile dalle forze dell’ordine, fu molto difficile capire cosa e come fosse accaduto per l’omertà del collettivo, chiuso in se stesso.

Nel mentre, contro Claudia, la vittima della violenza, venivano spese continue minacce e offese affinchè non parlasse. E solo anni dopo il buio è stato parzialmente dissipato.

La Procura, nella persona del PM Amara, aveva chiesto da subito gli arresti per gli indagati, inizialmente 6. Due posizioni sono state stralciate, una, poiché il giovane si trovava all’estero, l’altra perché il protagonista non compariva nel filmato, per un sesto, residente all’estero, è stata disposta una nuova notifica degli atti.

Nei guai, Francesco Cavalca, 25 anni e Francesco Concari, 29 anni, parmigiani, e Valerio Pucci, 24 anni, romano. E proprio i due parmigiani sono “oggetto” delle scritte, ignorato il gentil collega romano.

Dopo un lungo batti-ribatti tra Procura, no dei gip, fascicoli al Riesame e poi in Cassazione, per Concari e Pucci scattarono gli arresti, per Cavalca i domiciliari.

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Uno stupro è sempre uno stupro

Alcuni mesi fa ha preso il via il processo, è stata ascoltata Claudia, la vittima che ha raccontato di essere  giunta a Parma in treno, recuperata in auto da un amico e accompagnata al collettivo, che frequentava di tanto in tanto. Lì avrebbero bevuto vino, da una bottiglia, poi le avrebbero passato un bicchiere, probabilmente drogato, dopo il quale si è sentita male.

E’ andata in bagno, quando è tornata nello stanzone vi erano solo i ragazzi. Da loro è stata gettata su un tavolo, spogliata, gli abiti buttati sotto una sedia (dove li ha trovati la mattina successiva), abusata sessualmente da uno dei tre (e ha fatto il nome) e anche da altri.

Poi, a tratti ha perso i sensi, mentre continuavano a usarle violenza. La mattina si è svegliata, sciacquata e se ne è andata a confidarsi con un’amica, senza fare denuncia per anni, per non dare un dolore alla famiglia nonostante sapesse di un filmato che girava Parma. Dopo molto tempo, la denuncia, il riconoscimento dei carnefici nel video. Ora il processo, che fa male da morire e non le ridarà mai ciò che era prima di quella notte, ma assicurerà alla giustizia chi ha ammazzato la sua adolescenza.

Sono stati sentiti anche i testimoni, ancora chiusi nella loro cortina di solidarietà, silenzio, sguardi d’intesa che chiudono fuori gli interlocutori. In quel nulla irrispettoso di chi quella notte ha perso molto più di qualche ora del proprio tempo.

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Proprio mentre il processo vedeva la luce, impedendo alla vittima di trovare pace nell’oblio, anche il web si è schierato accanto a lei: la Rete antifascista si è dissociato, Radio Onda Urto e tanti web-opionion-influencer hannod edicato inchiostro spazio e parole alla sua vicenda.

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Ed ora, le scritte, semirimosse, le foto, strappate.

Le mani, anonime. Forse qualche gruppo autonomo già espressosi contro i fatti. Ma resta l’impossibilità di fare giustizia per tanta violenza. Resta la scelta di Claudia di ridare ai suoi stupratori una vita decente: per loro solo un divieto di avvicinamento. Ma a lei chi ridarà la pace? Difficilmente scritte sul muro, che hanno più odore di pseudo politica tra estremi giovanili che il profumo di voglia di giustizia e cambiamento.

 

 

 

 

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