Stupro di gruppo d Via Testi, la Rete AntiFascista si dissocia. Le reazioni del web

0

Stupro di gruppo di Via Testi: ora che è crollata la cortina di omertà, il web si affolla di messaggi di solidarietà commenti, rabbia.

E anche la Rete Anti Fascista prende le distanze da se stessa, come se non si specchiasse in un gesto così brutale e violento.

raf-parma-stupro-di-gruppo

Una netta condanna contro i fatti di quella notte del settembre 2010 da Radio Onda Rossa, storica e attivissima emittente del movimento: “Circa un anno e mezzo fa ci eravamo trovate e trovati a commentare dai nostri microfoni una vicenda che ci coinvolge tutte e tutti: lo stupro di una ragazza dentro uno spazio “di movimento”, avvenuto cinque anni prima, dentro una sede allora gestita dalla Rete Antifascista di Parma. Un fatto emerso solo dopo molto tempo e rimasto troppo a lungo avvolto in un silenzio preoccupante che abbiamo anche noi sottovalutato.

Oggi, attraverso la presa di parola di compagne e compagni solidali con la ragazza, apprendiamo i risvolti agghiaccianti di questa storia infame.

Non c’è antifascismo senza antisessismo. Come non c’è lotta di classe senza lotta a ogni forma che il patriarcato, dentro il capitalismo, assume. L’antisessismo non è uno slogan e il patriarcato non è una “cultura” ma oppressione materiale e sfruttamento; rendersene attori e complici, fino alla sua più schifosa espressione, lo stupro, significa essere complici e portatori dell’oppressione di genere e di classe.
Ma gli antifascisti e le antifasciste – o almeno chi si dichiara tale – hanno davvero assunto queste affermazioni? Di sicuro non se le sono assunte gli uomini che hanno violentato una ragazza di 18 anni, in un evidente stato confusionale, per di più filmando l’atto di violenza e facendo poi circolare il video.

Ma ci chiediamo anche se chi ha permesso che il video della violenza girasse indisturbato, di telefonino in telefonino, senza nemmeno riconoscere in quelle scene una violenza, davvero riconosce nell’antisessismo una prerogativa necessaria della lotta antifascista. E chi ha giudicato, scherzato con quelle immagini, deriso la ragazza, fatto sentire complicità agli stupratori, quelli e quelle sono antifascisti?
E ancora, chi negli anni che sono seguiti allo stupro ha isolato la ragazza additandola come “spia delle guardie”, togliendole ogni agibilità, impedendole di frequentare gli spazi sociali, ha una responsabilità minore? Ci sono vari livelli di violenza in questa storia: lo stupro di gruppo, la diffusione delle immagini, la derisione, le minacce e infine la condanna, l’isolamento, l’emarginazione della ragazza. Cerchi concentrici in cui il “gruppo” delle persone coinvolte è sempre più grande.

Abbiamo letto comunicati di dissociazione, altri di strumentalizzazione, altri che raccontavano di quanto questo “episodio” abbia distrutto la politica a Parma. Comunicati che hanno dimostrato – e continuano a dimostrare dopo cinque anni – l’assoluta incapacità di prendere una posizione chiara e inequivocabile sulla violenza maschile: troppi se e troppi ma hanno attraversato le dichiarazioni uscite negli ultimi due anni, dopo il già vergognoso silenzio dei tre precedenti.

Noi, redazione di Radio Onda Rossa, vogliamo innanzitutto esprimere la nostra solidarietà alla ragazza e ribadire che giudicare una donna stuprata sulla base dei suoi comportamenti in merito è violenza, un’altra violenza aggiunta a quella già subita: è quello che già fanno i tribunali nei processi per stupro, che finiscono sempre per mettere sul banco degli imputati, sotto la gogna degli inquisitori, le donne che la violenza l’hanno subita.
Vogliamo ribadire, invece, che l’omertà sulla violenza maschile sulle donne accompagna da sempre il perpetuarsi della cultura dello stupro e, come antifasciste e antifascisti, vogliamo comunicare il nostro sgomento e la nostra rabbia nel vedere che la cultura dello stupro, dell’omertà, della pacca sulla spalla tra maschi permane in spazi che si ritengono antagonisti. In spazi che si vorrebbero liberati nulla si fa per scardinare luoghi comuni e atteggiamenti tipici dei “processi per stupro”, anzi ci si rende complici nello svilire e isolare una donna stuprata all’interno degli stessi spazi sociali e politici.

Complice non è solamente chi difende esplicitamente lo stupratore, ma anche chi, uomo o donna, istillando dubbi, diffondendo voci, delegittimando la parola delle donne, crea un clima in cui gli stupratori continuano ad avere agibilità e a muoversi tranquilli.
Complice è anche chi, pensando di salvaguardare in qualche modo i propri spazi “politici”, giustifica di fatto lo stupro lasciando inalterate le condizioni, i luoghi, le dinamiche, in cui è avvenuto.

Complice è chi, in nome di una ridicola e disonesta purezza, asserisce di condannare lo stupro ma al contempo condanna anche la ragazza in quanto sarebbe stata inaffidabile perché – sotto il torchio delle guardie – non ha protetto i suoi stupratori e le persone intorno a loro. Oggi, ancora con sgomento e rabbia, ci chiediamo dove è stato il movimento in tutti gli anni del silenzio su questa vicenda. Come è stato possibile che un video come quello girasse senza che ci si accorgesse della gravità dell’atto compiuto o per lo meno senza che si sentisse la necessità di prendere parola? Come è stato possibile arrivare a minacciare la ragazza stuprata fuori dal tribunale? La nostra solidarietà va a lei e a quei pochi e poche che in questi anni non l’hanno lasciata sola”.

223043651-8a00bacd-f082-47ee-9044-aadbe7c9d546

Sul blog “abbatto i muri” un susseguirsi di messaggi di solidarietà, raccolti dai social. Così gli “Antifascisti di Milano”: “Ribadiamo la nostra vicinanza alla ragazza vittima di questo stupro. Che questo episodio gravissimo possa contribuire a squarciare l’ipocrisia del non voler riconoscere quando pratiche ad esso legate hanno luogo nei nostri circuiti”.

Poi la Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza “Dire”: “Questa storia orribile spiega alla perfezione perché tante donne vittime di violenza non denunciano. Nella giornata di discussione seguita alla manifestazione “Non una di meno” uno dei tavoli è stato dedicato al “sessismo nei movimenti”. Una riflessione cruciale perché solleva il velo sui comportamenti maschili violenti che si riproducono in qualunque contesto, anche in quelli che si vogliono radicali e progressisti”.

Vittoria Tola, responsabile nazionale dell’Udi, assicura a C. il sostegno dell’Unione donne italiane. “Machismo e sopraffazione purtroppo non hanno frontiere politiche, ma in questo caso, i giovani “antifascisti” colpevoli dello stupro” si sono comportati esattamente come quei fascisti che dicono di voler combattere. Spero che gli avvocati degli indagati non cerchino di alleggerire le colpe dei loro assistiti, denigrando, come spesso accade, la vittima della violenza”.

ccuejywxiaae-kzE ancora: Ai compagni e alle compagne di #Parma: restituite agibilità politica alla vittima di violenza. “… sto seguendo gli incredibili sviluppi sulla vicenda dello stupro di gruppo di Parma, e ti scrivo per rivolgere alcune domande a chi legge, soprattutto a chi fa parte dei movimenti antifascisti, antirazzisti, antisessisti e antispecisti.

Sono anarchico, non confido nelle istituzioni e non mi interessa quale sarà la decisione dei giudici, ma non mi sognerei mai di chiamare “infame” una ragazza che ha subìto quel trattamento. La cosa che mi fa incazzare è che per tutto questo tempo potrei aver fatto cortei, partecipato a iniziative, assieme ai tristi protagonisti di questa storia.

Come faccio a sapere se al prossimo corteo, alla prossima manifestazione, non me li ritroverò a fianco? Chi fa parte della rete antifascista e antisessista di Parma sta provvedendo a isolare questi individui? Perché questo per me ha un significato preciso. Io non voglio trovarmi a fianco di “compagni” che fanno quel genere di video, se li guardano per riderci sopra, coltivando il proprio ego machista, mettendo in risalto la propria “virilità” come elemento di unione e galvanizzazione del branco. Il video che mi aspetto di vedere è quello in cui si scopre la repressione come è stato per il g8 di genova e non dove si usa il corpo di una donna per gioco. Non mi interessa se questi tizi hanno ora una vita felice, hanno fidanzate o una rete di protezione amicale e familista che li difende. Quello che io esigo è di sapere se ad una iniziativa qualunque non mi ritroverò a frequentare gli stessi ambienti in cui ci sono loro.

Il movimento di Parma ha una responsabilità anche nei confronti di chi abita in altre città. Se hanno scelto di isolare lei invece che gli altri vorrà dire che non parteciperò più a iniziative a Parma e dintorni. Mi assicurerò di sapere se alla prossima manifestazione nazionale a Roma o al corteo NoTav non ci siano anche loro. Io non ce li voglio e voglio invece che la ragazza abbia agilità politica ovunque. Ringrazio intanto te e le ragazze che state diffondendo altre parole e il gruppo di donne che ha scritto il documento sulle 4 crepe che mi ha aperto gli occhi su quello che non sapevo. Ho letto commenti di merda su questo e vedere che persone che ritenevo “amiche”, sebbene solo su facebook, ne parlavano dando a lei la colpa, perché “provocante” e “promiscua”, mi fa solo vomitare. Almeno è utile a fare pulizia dei contatti sui social. Spero che se ne parli ancora e che se ne parli in modo diverso. Grazie.”

Poi: “la violenza è sempre fascista”.

banner-muj-magenta

E le Mujeres libres di Bologna:  Chi va posto a giudizio – qualsiasi forma di giudizio – non è e non sarà mai la vittima di violenza

“Se potessimo prendere la nostra comprensione, il nostro affetto, la nostra empatia, le nostre emozioni, il rumore delle nostre pance intrecciate, i nostri silenzi, e i nostri sospiri.
Se potessimo prendere le ore passate insieme a riflettere, a interrogarci, ad ascoltarci, a organizzarci.

Se potessimo prendere tutti i minuti passati a sentir parlare di violenza, a rialzarci da una storia di violenza, a condannare una storia di violenza.

Se potessimo prendere tutto quello che ognuna di noi ha provato quando abbiamo subito, quando abbiamo ascoltato, quando abbiamo sofferto, quando abbiamo fatto un passo avanti.

Ecco, se tutto ciò che ci scorre nelle vene, quando una con l’altra capisce che “non è sola”, potessimo prenderlo e metterlo in qualche forma, faremmo un gigantesco pacco dove farti stare.

La nostra sincera solidarietà e le nostre riflessioni di lotta quotidiana ad una cultura patriarcale e violenta sono quello che vorremmo offrire e mettere in campo per te e per ogni donna che la subisce. La nostra sincera convinzione che combattere l’isolamento di chi subisce violenza, e dare un sostegno politico e umano, è davvero un tassello importante per non soccombere.

Non abbiamo a ora una chissà quale analisi dei fatti. Ne abbiamo sentito parlare anni fa e ora di nuovo giù a discuterne. E se siamo arrivate a questo punto, forse è il caso che qualche domanda ce la facciamo. O meglio noi di domande ce ne facciamo e anche tante. Sul come le esprimiamo e su chi dovrebbe trovare le risposte ad alcune annose questioni sulle violenze e soprattutto sulle violenze negli spazi ancora di strada ne abbiamo da fare. Una strada in salita per cui abbiamo attrezzatura, schiena dritta e uno zaino carico. Ma è una strada che, se percorsa da sole, ci fa tornare indietro, al punto di partenza. È ora che di sessismo se ne occupino tutti e tutte, è ora che il femminismo non sia più una delega e neanche un tribunale, è ora che si faccia autocritica su come, dove e quando si debba affrontare il problema. È ora che nessuno venga più giustificato. È ora che anche gli uomini senza ancelle emancipatrici si sveglino. Che se il patriarcato era solo un problema delle donne da mo’ che era finito! Sul come fare questo percorso è ovvio che dobbiamo ancora riflettere, trovare mezzi e metodi adeguati, perché è chiaro che finora non ci sono state grandi vittorie, ma non saranno le femministe a dover far tutto. È tempo che ognun@ si guardi allo specchio e di fronte al sessismo in qualsiasi forma non faccia finta di niente. Avremo, ahinoi, ancora occasione di parlarne.

Ribadiamo che contro la violenza la solidarietà nelle sue mille sfaccettature fa la differenza. Ribadiamo che l’oggetto da porre sotto giudizio – qualsiasi forma di giudizio – non è e non sarà mai la vittima di violenza. Ribadiamo che sostenere chi ha subito violenza è la cosa prioritaria. Ma non dobbiamo dimenticarci chi è uno stupratore e chi sono i suoi complici (e con complici intendiamo non solo chi è uno stupratore, ma tutti quelli che in questo periodo hanno sprecato parole per “giudicare” la ragazza). Certo i sessisti ci fanno schifo, ma quello che proviamo per i “compagni” che mischiano estetica militante con analisi infime a fini stigmatizzanti è qualcosa di più, qualcosa di più che non ci farà dimenticare questa storia.

Che i nostri sguardi complici diventino reti invincibili.
Che le nostre lacrime diventino ferite salate per chi ce le ha provocate”.

L’ultima parola, alle associazioni di difesa delle donne: “Staremo vicine a C. qualunque cosa decida di fare. Supporto psicologico, soprattutto”.

Perchè in fondo anche continuare a parlarne, è un po come stuprarla un pò, di nuovo, tutti i giorni.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here