Raf di Via Testi – Stupro di gruppo, condannati 5 testimoni per falsa testimonianza

Un anno e otto mesi per cinque giovani che con i loro “non so, non ricordo” coprirono Cavalca, Concari e Pucci. Tra loro anche una ragazza.

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La vicenda, shoccante e violenta, emerse solo molti mesi dopo, coperta dall’omertà del collettivo antifascista, il Raf di Via Testi. E da subito fu chiaro come la tragedia di “Claudia”, drogata e stuprata, fosse stata rinchiusa in un cassetto del dimenticatoio da minacce e silenzi prima di emergere.

Se i tre responsabili “materiali” dello stupro, Francesco Concari, parmigiano, oggi 33 anni, Francesco Cavalca, 29 anni, parmigiano pure lui, e Valerio Pucci, oggi 27 anni, romano, sono già stati condannati nell’estate 2017 rispettivamente a quattro anni e otto mesi (i due parmigiani) e quattro anni, mercoledì sono arrivate le condanne per cinque amici che li hanno coperti con i loro non racconti. 

LA VICENDA –  Mai denunciati, i fatti, tremendi, risalgono al 12 settembre 2010, feste delle Barricate al Raf. Nella sede dell’allora collettivo antifascista di Via Testi, arroccata tra Via Toscana e Via Mantova, la ragazzina, originaria del mantovano, all’epoca appena maggiorenne, che frequentava il gruppo perchè aveva una storiella con uno dei tre, venne invitata per una festa.

Drogata, fu stuprata a turno, e abbandonata li, dove si svegliò la mattina dopo con gli abiti strappati e i segni della violenza addosso.

I fatti, filmati con un cellulare. La denuncia, in un ambiente difficilmente penetrabile dalle forze dell’ordine, solo mesi dopo, quando una bomba a carta venne fatta esplodere, di notte, davanti alla sede di Casa Pound. Numerosi gli aderenti al collettivo furono chiamati a testimoniare, compresa Claudia, che alla fine, crollò, dando forma a voci sempre più insistenti su “qualcosa di brutto” accaduto quella notte lontana nel tempo.

L’AUDIZIONE DELLA VITTIMA IN TRIBUNALE –  Sentita rigorosamente a porte chiuse la ragazza ha raccontato di essere giunta a Parma in treno, recuperata in auto da un amico e accompagnata al collettivo, che frequentava di tanto in tanto. Lì avrebbero bevuto vino, da una bottiglia, poi le avrebbero passato un bicchiere, probabilmente drogato, dopo il quale si è sentita male.

E’ andata in bagno, quando è tornata nello stanzone vi erano solo i ragazzi. Da loro è stata gettata su un tavolo, spogliata, gli abiti buttati sotto una sedia (dove li ha trovati la mattina successiva), abusata sessualmente da uno dei tre (e ha fatto il nome) e anche da altri. 

Poi, a tratti ha perso i sensi, mentre continuavano a usarle violenza. La mattina si è svegliata, sciacquata e se ne è andata a confidarsi con un’amica, senza fare denuncia per anni, per non dare un dolore alla famiglia nonostante sapesse di un filmato che girava Parma. Dopo molto tempo, la denuncia, il riconoscimento dei carnefici nel video. (LEGGI LA RICOSTRUZIONE INTEGRALE). Il 15 luglio 2017 la condanna dei tre (LEGGI)

LE MINACCE – Nomignoli spiacevoli, minacce via telefono e Facebook. “Stai zitta”, “guai a te se sporgi denuncia”. E da subito quattro giovani sul registro degli indagati per favoreggiamento: A.S, 23 anni, D.D.P, 29, parmigiani, R.G., 28 anni (all’epoca dei fatti), reggiano, e una ragazza, M.D.P., milanese. Poi, gli indagati per sono diventati cinque, tutti condannati per falsa testimonianza a 1 anno e 8 mesi per le loro frasi sospese. “Non so, non ricordo, forse”. Il PM aveva chiesto una pena minore, per tutti sospesa, quattro imputati hanno ottenuto la non menzione.

All’inizio del processo si scatenò il web, in favore della vittima, RILEGGI: “Taci, infame”: un blog e nuovi dettagli riaccendono i riflettori sullo stupro di gruppo al Raf  ed anche l’opinione pubblica con il cavalcavia di Via Trieste imbrattato di scritte inequivocabili: Concari e Cavalca stupratori.

Nelle udienze, il tentativo di privare “Claudia” di credibilità, smentirla e sminuirne la testimonianza. Ora, forse, altri ancora pagheranno per quanto ha subito.

Oggi,  dov’era il Raf, con il suo muro militaresco di omertà e chiusura, resta un circolo ricreativo, un grande capannone senza anima, ammasso di cemento e ringhiere, intorno una sfilza di alloggi in vendita, qualche garage sotto sequestro giudiziario. Poco lontano, grottesca ironia, il “Bastione” casa e sede di Casa Pound. Tutto torna, a volte.

RILEGGI L’INTERVISTA ESCLUSIVA DELLA VITTIMA:  INTERVISTA- Stupro di gruppo al Raf, parla Claudia: “La mia vita, fermata quella notte. Poi al processo. Riparto da me, per non darla vinta a loro”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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