Riorganizzazione di Lactalis – Parmalat, sindacati in allarme

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Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil esprimono grande preoccupazione per l’intenzione del gruppo Lactalis di avviare una riorganizzazione della Parmalat, legata al delisting borsistico oramai al traguardo, una proposta che mirerebbe a cancellare la corporate italiana e che potrebbe creare rischi per la tenuta occupazionale della stessa Parmalat, ma anche di Galbani, per le sinergie ipotizzabili tra i due grandi gruppi.

Inoltre, aggiungono i sindacati, “mette in discussione lo stesso sistema produttivo delle due aziende: il profilo industriale che si prospetta non è compatibile con il mercato italiano, dove i brand locali, legati al territorio, e la filiera corta, hanno un forte valore commerciale”.

“Le segreterie nazionali – dichiarano Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil – hanno chiare le potenzialità industriali e commerciali dei perimetri dei gruppi sul territorio nazionale, che non vorremmo fossero messe in discussione, così come interessanti potrebbero essere gli sviluppi a livello di export”.

Per il prossimo 1 febbraio – affermano i sindacati – “abbiamo convocato il coordinamento nazionale delle Rsu, con il quale ci confronteremo su proposte alternative a quelle ventilate da Lactalis, sulla richiesta di un tavolo di confronto con le aziende e, se sarà necessario, anche sulla mobilitazione dei lavoratori interessati contro una decisione che può mettere in discussione due brand italiani storici come Parmalat e Galbani. Due aziende che in Italia contano circa 5mila addetti, di cui il 50% operai e il restante 50% impiegati e commerciali”.

Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, la riorganizzazione porterebbe tutte le aree geografiche del gruppo, compresa l’Italia, sotto la guida del management francese di Lactalis.

Parmalat non sarebbe così diretta da Collecchio ma da Laval, dove ha sede il gruppo francese, e perdererebbe la propria autonomia, diventando un’azienda con impianti produttivi.

La riorganizzazione mondiale di Lactalis prevede la nascita di nove divisioni, di cui tre di prodotto, ovvero formaggi, prodotto freschi e ingredienti, cinque geografiche e una relativa all’esportazioni, che saranno tutte gestite da manager francesi e faranno capo a Lactalis.

Il segretario della Flai-Cgil Mauro Macchiesi: “Stando a quanto comunicato da Lactalis non esisterà più una funzione corporate italiana, non esisterà più un management italiano. Come sindacato siamo preoccupati per i possibili impatti negativi sull’occupazione e anche perché questa riorganizzazione puòmettere a rischio un intero modello del nostro settore agro-alimentare, gestito finora dal management italiano di Parmalat, che vuole dire acquisto di latte italiano, cura e sensibilità italiana nella ricerca e nell’innovazione dei prodotti.

Oggi il gruppo Parmalat è tra i leader mondiali nella produzione e distribuzione di latte, dei suoi derivati (yogurt, condimenti a base di panna, dessert e formaggi) e di bevande a base di frutta. Nel 2017 ha generato ricavi per oltre 6,6 miliardi di euro, di cui quasi il 60% nelle Americhe (39% America del Nord e 20% America latina).

Le vendite in Europa (17% del totale), contano esattamente come le vendite in Oceania. Quindi si tratta di un gruppo totalmente internazionale, tanto e’ vero che i dipendenti italiani sono solo 1.900 su un totale di 26.000, con 10 stabilimenti in Italia su un totale di 93 siti produttivi.

“Esprimiamo grande preoccupazione per la riorganizzazione della governance della Parmalat annunciata dalla multinazionale francese Lactalis, tramite la quale uno dei più importanti gruppi alimentari italiani perderà definitivamente la sua indipendenza, che seppur formalmente era finora riuscito a mantenere” afferma il presidente della Copagri Franco Verrascina.

“Chiediamo al Governo di contrastare con forza tale operazione e di attivarsi – sottolinea il presidente della Copagri – per stoppare una riorganizzazione che rappresenta un vero e proprio fallimento del sistema capitalistico italiano; il nostro Paese, infatti, dopo aver perso il marchio Parmalat, rischia ora seriamente di perdere anche la gestione di un’importante azienda, perpetrando un altro grave danno all’economia agricola e agroalimentare nazionale”. “Dopo il paventato trasferimento di governance, infatti, si rischia concretamente di perdere anche lo stabilimento di Collecchio, nel parmense, che catalizza grandi quantità di prodotto nazionale; bisogna pertanto scongiurare tale rischio che potrebbe avere significative ripercussioni sui mercati e sulla produzione”, continua Verrascina.

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