Amore e dramma: il Lenz porta in scena l’Orlando Furioso

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Dopo i primi quattro episodi de Il Furioso (1) – La Fuga e L’Isola di Alcina ambientati al Museo Guatelli e L’Uomo e Il Palazzo all’ex Padiglione Rasori dell’Ospedale di Parma – la ricerca senza fine del senno amoroso e della gelosia di Orlando, tra quadri e inquadrature in scacchiera labirintica, tra un museo di Memoria Contadina e un reparto della Malattia e della Guarigione, prosegue e si conclude con gli ultimi quattro capitoli – L’Illusione, La Follia, La Morte, La Luna.

La nuova installazione trova luogo in un palazzo che comprende tutti e quattro i temi: l’imponente Tempio della Cremazione di Valera (Parma), con interni ed esterni per la follia più grandiosa, il passo più importante, un nuovo palazzo di Atlante dell’illusione conclamata e poi svelata, cioè la vita vera, dove paladini e donne in fuga non si riconoscono l’un l’altro se non nel reciproco trapasso, nell’incessante “cercare senza mai trovare“, con gli occhi sulla Luna a guardarsi sulla Terra a dimenarsi invano.

Accolto dal colonnato monumentale della facciata, il pubblico attraversa insieme agli attori la solenne e austera sala del commiato, per giungere attraverso il passaggio ‘inevitabile’ della sala macchine del crematorio al campo lunare del cinerario comune dove si concluderà il viaggio di Orlando.

#5 L’Illusione #6 La Follia #7 La Morte #8 La Luna

A 500 anni dall’Orlando Furioso il poema della modernità e della condizione umana continua a produrre invenzione e linguaggio come una rinnovata chanson contemporanea; un movimento incessante, non di narrazione epica, ma di selvaggia rappresentazione di una fiaba che non ha mai fine.

“Le moderne neuroscienze sostengono che serotonina, ossitocina e dopamina, i neurotrasmettitori rilasciati dal cervello, son in grado di decodificare i sentimenti. Ci dimostrano, ad esempio, che l’innamoramento contiene il disturbo ossessivo-compulsivo anche dal punto di vista biochimico: negli innamorati e negli ossessivi si riducono in modo simile i livelli di serotonina. Le radici neurali della gelosia, invece, si trovano nella zona del cervello chiamata corteccia prefrontale ventromediale, che si trova all’incirca appena sopra la fronte. In questa regione elaboriamo le emozioni e riflettiamo su noi stessi e sugli altri. Qui trattiamo i pensieri e i sentimenti di colui o colei che amiamo e prevediamo scenari circa la sua possibile perdita, come una catastrofe irreparabile”.

Cinquecento anni dopo la Follia di Orlando, la neuroscienza ci fornisce dati scientifici sull’innamoramento e sulla gelosia, di nuovo dialogando con l’arte, in particolare con il teatro: la compulsione della gelosia viene denominata “sindrome di Otello” da Shakespeare. È innegabile che amore e gelosia siano i nuclei drammatici fondamentali del poema ariostesco, la guerra è solo un pretesto e intorno a Parigi non c’è più nessuno. Sono tutti in mezzo ai boschi o sulla luna, in luoghi differenti della psiche a rincorrersi e a guerreggiare, fino a che un magico edificio, i cui passaggi interni ricordano un cervello, li attira, affascinati, tutti dentro. Ed è lì che inizia a danzare la sinapsi.

Gli attori armati del vivere di ogni giorno, corazzati e al contempo sensibili al passato e al presente, già impressi nel corpo e nella mente gli eroi cavallereschi, maghi e maghe di loro stessi, fanciulle in fuga senza direzione e senza sosta attivano trasmettitori dell’invenzione e del gesto essenziale, e la grande opera diventa affresco senza tempo.

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