Omicidio di Via Marx: si fa largo l’ipotesi della premeditazione

Il pensiero della Procura è che l'omicidio commesso da Miodini, che negli ultimi tempi era sempre più cupo, stanco, disperato, possa essere stato premeditato. Aveva regolare licenza di caccia per detenere un fucile, ma non per quello che ha sparato all'addome della sua compagna di vita

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Dell’appartamento a pieno terra del civico 21 di Via Marx resta una tapparella semi-abbassata, le luci spente, il profumo della tragedia consumata. Restano le luci soffuse dell’omicidio consumato: Giorgio Miodini, il tassista in pensione, che ha sparato alla moglie, Silvana Bagatti, allettata da trenta anni di depressione.

Quell’enorme Cristo bizantino all’ingresso, che campeggia su una specchiera, resta un’immagine nitida e velata al tempo stesso, e assume risvolti grotteschi: chissà se lui sapeva, immaginava, se ha visto la tragedia che si è consumata in quella casa. Se avrebbe voluto fermare la mano tremante dell’uomo mentre premeva il grilletto.

Forse solo chi ha fede possiede queste risposte. Agli inquirenti resta solo da capire cosa si celi dietro la tragedia di Via Marx. Il pensiero della Procura è che l’omicidio commesso da Miodini, che negli ultimi tempi era sempre più cupo, stanco, disperato, possa essere stato premeditato. 

Aveva regolare licenza di caccia per detenere un fucile, ma non per quello che ha sparato all’addome della sua compagna di vita. Forse ad accompagnare quell’ultimo gesto di pietà e disperazione, una lunga scia di pensieri, stanchezza, incapacità di uscire dal tunnel.

Nei prossimi giorni, sul corpo di Silvana, l’autopsia, anche se la causa della morte pare molto chiara. Poi, forse, per Miodini una perizia psichiatrica. Ma lui era un fantasma da tempo, e per i fantasmi, carcere o Rems che sia, poco cambia. Non vivono più da tempo. Forse da quando la depressione gli aveva portato via la compagna di sempre.

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