Ristoratori e palestre, la carica dei 2000 in strada: “Lasciateci lavorare, rispettiamo tutte le norme”

Il grido di dolore delle categorie fermate dalla pandemia: "Non vogliamo l'elemosina, ma fare quello che sappiamo"

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Nella placida serata di Parma, in Pilotta, è andata in scena a la manifestazione contro il DPCM.

Parma si riconferma civile ed educata anche nella protesta.

Tanti i volti tesi, rabbiosi, spaventati e coperti delle mascherine in una Pilotta svuotata dai negozi chiusi, e, per un sera, anche dai suoi occupanti, i pusher.

Col megafono, il grido  di rabbia di ristoratori e strutture sportive, tra applausi e grida di consenso.

Ci sono anche alcuni esponenti della politica locale: la Lega, con Sabrina Alberini, sindaco di Lesignano e commissario, i consiglieri comunali Paolo Azzali ed Emiliano Occhi.

Ma anche Casa Pound, movimento promotore della serata, che si affretta a precisare come la manifestazione sia apartitica e apolitica, solo per schierarsi accanto alle categorie più bistrattate dal Nuovo Dpcm.

Dalla Pilotta alla Piazza per eccellenza, sotto il Municipio, per chiedere solo una cosa: “Poter lavorare”.

Lo chiede a gran voce Catello del Sorbo, trenta anni e spiccioli, ristoratore da quando ne aveva 13. Oggi gestisce la Pizzeria Totò e Peppino e il Circolo dipendenti sanità.

“Io ci tengo ai miei clienti, li chiamo i miei vecchietti. La loro salute la tutelo. E’ Venuta l’Ausl quattro volte in 4 mesi, mai una cosa fuori posto. Perchè alle 17,50 devo buttarli fuori come fossero criminali?” Poi i dipendenti, la cassa integrazione che non arriva, e un figlio nato ad aprile. “A gennaio ho aperto la seconda attività, ho preso il covid nei denti. Se mia moglie non lavorasse, cosa darei a mio figlio?”.

E Remo Castaldello, storico oste del Norcino, 35 anni di attività. “Ho venduto il Porsche, che mi ero regalato dopo una vita di sacrifici al ristorante, per aiutate i miei dipendenti, perché la cassa integrazione non arriva”.

Poi tutti verso casa, nel centro deserto un ragazzino in monopattino cui strombazza un bus, due lampeggianti, i camion dei rifiuti, qualche bici.

Un giovane a piedi, ha la mascherina. Per l’umidità si tira il cappuccio sul capo, e per un attimo fa paura.

Perché siamo tutti soli in una città spettrale.  Spaventati. Confusi. Non ci può essere economia senza salute, ma senza soldi che futuro?

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