L’avvocato che liberò i cani di Green Hill fa denuncia anche per i macachi dell’Unipr

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L’avvocato che permise la liberazione di quasi tremila beagle rinchiusi a Green Hill nel 2012 ora si mobilita a titolo volontario anche per i macachi dell’Università di Parma.

Il ferrarese David Zanforlini ha presentato denuncia alla Procura di Parma in data 20 maggio per richiedere il sequestro dei macachi prima che possa partire la sperimentazione Lightup dell’Università di Parma in collaborazione con l’Università di Torino. Secondo il legale gli animali non sono stati tenuti nelle condizioni previste dalla legge per il benessere animale. “Ho dovuto firmare come privato cittadino perché non ho trovato associazioni animaliste che fossero pronte a firmare urgentemente la richiesta di sequestro. Fatto che trovo molto assurdo”.

Come spiega il legale, “quando questi animali sono detenuti fuori dalla sperimentazione, devono essere rispettate tutte le regole per il mantenimento del loro benessere come prevede la legge. C’è infatti una deroga al maltrattamento ma solo durante l’esperimento. La legge italiana è del 2004, ma solo dopo la sentenza di Green Hill del 2019 è stato riconosciuto giuridicamente. E solo nel 2020 viene riconosciuto che anche il singolo cittadino può attivarsi per salvare un animale senza incorrere a denuncia o arresto. Green Hill è stato il precedente e se venisse fatto rispettare anche per l’Università di Parma questo poi si potrebbe ripercuotere anche per le altre università”.

La situazione dei macachi di Parma potrebbe essere molto simile a quello dei “beagle di Green Hill. Cibati bene e puliti, non uscivano però mai dalle piccole gabbie e questo è stato riconosciuto dalla giustizia che ne ha permesso la liberazione. Li tenevano in gabbia per renderli inermi, come scatole vuote, per far sì che non sviluppassero intelligenza e che fossero facilmente manovrabili. Anche i veterinari sapevano che non c’erano aree di sgambamento e infatti la giustizia ha riconosciuto la loro responsabilità nella vicenda condannando anche il veterinario  della struttura Renzo Graziosi”.

L’associazione Parma Etica, a gennaio 2020, ha fatto istanza al Ministero della Salute per conoscere il numero di animali soggetti a sperimentazione dal 2017 ad oggi nell’Unipr. “Stranamente il Ministero ha risposto, in altre occasioni simili non lo ha fatto, e ci ha riferito che non sono state attive sperimentazioni se non nel 2017 e per soli due primati non umani. Secondo Lav invece a Parma ci sarebbero 9 macachi. Oggi per quanti macachi sarebbero autorizzati? E degli altri cosa ne facciamo?”.

“Questi animali poi, come si nota nel video di Tg Leonardo dell’ottobre 2019, sono tenuti in gabbie di modeste dimensioni, in tutto se ne vedono 10, e senza luce naturale. Il Ministero non ci ha invece mai risposto su quanti animali sono stati soppressi dopo gli esperimenti e quanti invece sono stati mandati alla riabilitazione. La riabilitazione è una procedura d’obbligo per legge ma che non viene rispettata nel 95% dei casi grazie a veterinari compiacenti che non certificano che l’animale potrebbe continuare a vivere senza forti sofferenze”.

Secondo il legale a Parma “viene violata l’etologia dell’animale perché, se non durante il periodo dell’esperimento, dovrebbe essere loro permessa la socializzazione, avere stimoli e luce naturale. Lo dice la legge e questa deve essere rispettata da tutti, privati cittadini e istituzioni”.

Ora il Tar del Lazio ha dato il via libera alla sperimentazione, dopo la sospensione di 4 mesi decisa in primo grado dopo l’esposto di Lav. L’ultima sentenza è del 19 maggio ma è stata resa pubblica il primo di giugno. Lav ha già dichiarato di ricorrere al Consiglio di Stato ma nel frattempo l’avvocato Zanforlini spera che la Procura di Parma possa intervenire per fare chiarezza e sequestrare preventivamente questi macachi, ma è una lotta contro il tempo, “se si avvia la sperimentazione verrà meno la possibilità di sequestrare questi animali”.

In Italia vengono uccisi 700mila animali all’anno, in gran parte ratti, dopo sperimentazioni. “Una alternativa però sarebbe possibile se si investissero risorse lì invece di continuare a foraggiare questi studi sugli animali che si è dimostrato non essere efficaci come si vuol far credere”.

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