Stadi, il tifo del futuro: distanziamento, tutti seduti e mascherine

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Luca Savarese(Luca Savarese da www.stadiotardini.it) – Siete mai entrati in uno stadio vuoto? Provate, fermatevi in mezzo al campo ed ascoltate. Non c’è niente di più vuoto di uno stadio vuoto. Non c’è niente di meno muto delle gradinate senza nessuno”. Così parlava Eduardo Galeano, tanti anni fa, quando il Coronavirus era ancora lontano dall’imperversare e dal ridurre gli stadi italiani in uno stadio di vuoto cosmico. Non si sa se davvero la fine di questo campionato s’ha da fare o meno, ma anche nel futuro prossimo venturo, dovremo giocoforza cambiare le nostre categorie in riferimento a quel rapporto triadico tra calcio – tifo – stadio. Una volta era una questione di sicurezza, ora, essa è preceduta e quasi ritmata dalla salute. Certo non è facile far cessare del tutto il bellum Spadafora (Ministro per le Politiche Giovanili e lo Sport dal 5 settembre 2019 nel governo Conte II) contra presidenti serie A, una guerra fatta di accuse reciproche, tante spine anche se ultimamente, lungi dalle rose, c’è stata almeno una schiarita per via dell’apertura ad un possibile stop del campionato imposto dal Governo. Il presidente della Lega calcio, Paolo Dal Pino, ha teso la mano. Don Abbondio e Don spadafora mi manda raitreRodrigo? Più che altro, parafrasando Pascal, il calcio ha le sue ragioni ed i suoi diritti che la politica non conosce o finge di non conoscere. Questo lo Spadafora pensiero. Ieri, intervenuto alla trasmissione televisiva “Mi manda Rai 3”, ha declinato infatti due possibili vie: se ci sarà una sintesi fra il Comitato tecnico scientifico e la Federcalcio, potrebbero riprendere gli allenamenti e questo comporterà una ricaduta positiva anche sul Campionato. Questa la possibile prima via. E la seconda? Se non ci saranno le condizioni opportune, sarà il Governo a decretare al chiusura del Campionato, avvenire lorenzo longhiperò non lasciando solo il mondo del calcio ma aiutandolo a fare in modo che paghi il meno possibile. Staremo a vedere e a sentire. Intanto, pensando all’ontologia del tifo del futuro, una cosa è certa: scordiamoci di ritrovare quello che, negli stadi, c’era prima di quell’ormai famigerato 8 marzo, cioè stadi colmi, pubblico stipato, ultras in piedi come sardine impazzite, promiscuità a go go. Per dirla con un luogo comune: nulla sarà più come prima. Almeno per una stagione, se non due. Varie le analisi, che in queste ore di riforme e controriforme, stanno coinvolgendo l’ intellighenzia di architetti, industriali, epidemiologi, addetti alla sicurezza, come Stefano Perrone, direttore operativo del Parma e che ha riempito, sull’argomento, sia le colonne di Avvenire lo scorso 11 aprile, che quelle dell’odierna edizione del Corsera. Perrone, nato a Parma il 5 aprile del 1971, esperto di sicurezza, gestione e organizzazione di eventi sportivi, con esperienza decennale come Delegato per la Sicurezza in stadi per la Lega di serie A, dal 27 luglio 2018, nuovo Chief Operating Officer del Parma. “Se torniamo a metà gennaio, al mondo come lo conoscevamo allora, e ci proiettiamo a ciò che potrebbe essere a Setembre, quel giorno ci sembreranno passati dieci anni da allora, non nove mesi…” Così inizia il suo intervento sul quotidiano di proprietà della Cei, intervistato da Lorenzo Longhi. Illuminante poi, quando osserva che se fino allo scorso gennaio, le mascherine, comportando un travisamento del volto, non sarebbero state consentite, invece  prossimamente diventerebbero necessarie. stefano perrone sistema gradimento tifosiSi sta come color che son sospesi, tra stadi che furono gremiti ed impianti che proprio non ce la si fa a pensare semi vuoti o comunque diversi: “Il tifo, si è sempre vissuto spalla a spalla, insieme, come un corpo unico e un’unica voce quale elemento portante dell’esperienza” continua. Già, il tifo sta alle partite come le persone alle opere d’arte, la cui fruibilità è una sorta di benedizione comunitaria. “Il comune sentire sui rischi del contagio è destinato a cambiare a medio termine, nella vita ordinaria come negli stadi, dove nelle curve dovranno essere tutti seduti”, modalità, peraltro, che sarebbe teoricamente già in vigore da almeno un decennio (posto nominativo), ma mai attuata nelle cosera come cambieranno gli stadiCurve come più volte sottolineato anni fa su queste colonne dal nostro direttore Gabriele Majo che si domandava il perché ci fosse l’applicazione rigorosa solo negli altri settori, quando il dispositivo “speciale” era stato ideato per debellare la violenza degli stadi, ma allora abitudini e consuetudini prevalsero sulla novità di legge. “Seduti non per una questione di sicurezza – specifica ora Perrone -, ma perché sarà l’unico modo per occupare uno spazio ben definito e distante”. Più corale invece la carrellata di ipotesi di addetti ai lavori sul Corsera di oggi, dove Perrone, oltre a ribadire quanto già detto ad Avvenire, aggiunge: “In una prima fase è inimmaginabile un’occupazione dei posti a scacchiera, un po’ come si farà sui treni e in metro: la capienza potrebbe essere dimezzata, perché gli stadi italiani sono in media vecchi, quindi con spazi stretti già oggi”. E i tifosi poi non potranno nemmeno abbracciarsi dopo un gol e strattonarsi come era usanza comprovata, in quella pandemia di esultanze fisiche prima della pandemia del Covid 19? Si manderanno un messaggio con WhatsApp? Alcuni, molto fantascientificamente, saranno posizionati sotto il manto erboso, con delle grate in modo da vedere i propri beniamini in un’ottica diversa, lontana dall’intasamento salivare? Chissà, di sicuro, scomparirà la fisicità invasiva da stadio in nome di un nuovo distacco sociale, sarà tutto più asettico, meno sudato. Questo sostanzialmente il pensiero di Mark Fenwick, architetto di fama mondiale, impegnato nella costruzione di tre degli impianti che dovrebbero tardini notturno(il condizionale è d’obbligo) ospitare il mondiale 2022 in Qatar, per il quale la partita avverrà su tre campi: “Controlli, distanziamento, automatizzazione”. E magari all’ingresso, ai tornelli, si lascerà la propria bottiglietta d’acqua per ricevere un barattolino di amuchina? Brutto, strano, imprevisto, ma sarà la fenomenologia degli stadi del domani, e dobbiamo provare ad entrarci in confidenza, già da oggi. Perchè, aveva ragione Galeano, non c’è niente di più vuoto di uno stadio vuoto. Per tornare a provare piano piano a riempirli, sarà necessario frequentare questo cambio di mentalità, allenarci a questa nuova dimensione che il pubblico dovrà doverosamente imparare, lasciar intervenire tutte le misure possibili con gli accorgimenti più funzionali alla situazione, poi gli stadi, templi gentili, sapranno fare il resto. Luca Savarese (da www.stadiotardini.it)

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