Riina tumulato a Corleone. Facebook si scusa e “riposta” i messaggi di cordoglio

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Finisce con un passaggio dall’ingresso laterale del cimitero e una tumulazione silente, funerali privati e senza perdono della chiesa, il sanguinoso passaggio sulla terra di Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra, condannato a incontabili ergastoli per infiniterrimi omicidi di immane violenza, fughe, latitanze e arresti, per le stragi di Capaci e l’attentato dei Georgofili a Firenze, per magistrati trucidati (Dalla Chiesa, Borsellino e numerosi altri) e bambini fatti sciogliere nell’acido.

Con lui nella tomba vanno i grandi misteri della trattativa Stato – Mafia, sempre celata dietro un silenzio mai rotto. Con il suo andarsene su un carro funebre Parma, dove giace Carlo Alberto Dalla Chiesa, l’immagine di quella mano che pende esanime dopo il brutale attacco voluto dal capo dei capi, resta in città l’ombra di un mostro che il destino ha voluto far morire dove uno dei simboli della giustizia che non si arrende riposa, si chiude un capitolo della storia contemporanea italiana.

Se ne va da sconfitto, Riina? Morto solo, vecchio e malato circondato da quel silenzio che ne ha contraddistinto l’esistenza? E’ sconfitto lui, cui la Chiesa ha negato funerali cristiani e lo Stato tumulazione pubblica? E’ sconfitto da uno Stato che ha concesso ai parenti l’ultimo atto di una pietà che lui non ha mai avuto: far visita all’uomo morente? (Ma loro non sono arrivati in tempo). O è vincitore, perchè se ne va coi suoi segreti, e ci lascia in eredità quella parte di stato che ha permesso alla Mafia di fare tutto ciò allo stato stesso? E perchè Facebook, sgarro estremo alle vittime e al dolore, si scusa con la famiglia e rimette i post?

Facebook ha chiesto scusa alla famiglia del «capo dei capi» Totò Riina per aver rimosso messaggi di condoglianze postate sul social dopo la morte del mafioso.

Una portavoce di Facebook ha spiegato all’Associated Press che “i post erano stati eliminati per errore” e adesso sono stati ripubblicati.

La salma già tumulata a Corleone: cronaca dell’ultimo viaggio – La bara in noce, trascinata da un carrello, e’ entrata in tutta fretta al cimitero. Totò Riina, capomafia stragista che ha condizionato la storia d’Italia degli ultimi 40 anni, e’ stato fatto passare dall’ingresso laterale.

Un modo per evitare i giornalisti, che da ieri sera stazionavano davanti a un camposanto blindato, che diventa però forse il simbolo della sconfitta della mafia corleonese, con il capo dei capi costretto, da morto, a tornare nel suo paese dalla porta di servizio.

Per lui, che ha scalato i vertici di Cosa nostra lasciando dietro di sè una lunga scia di sangue, non c’è neppure un funerale religioso, vietato dalla Chiesa che ormai da 24 anni ha scomunicato gli uomini d’onore che non mostrano segni di redenzione. Una posizione obbligata dopo l’anatema di Giovanni Paolo II che certo, per la famiglia del capomafia, non potrà essere compensata dal clamoroso dietrofront di Facebook che aveva oscurato i messaggi di cordoglio ai Riina e oggi li ha ripubblicati scusandosi.

La cronaca del ritorno a casa del boss è cominciata martedì mattina, quando il feretro è partito dall’ospedale di Parma dove Riina è morto venerdì scorso. L’intenzione iniziale arrivare in paese via terra. Poi nel pomeriggio la decisione di prendere la nave a Napoli. Il carro funebre con a bordo la salma ha trovato al porto di Palermo decine di fotografi e giornalisti, dribblati.

Dietro l’auto con i familiari del boss che non sono riusciti a dargli l’ultimo saluto mentre era ancora in vita nonostante l’autorizzazione a un incontro straordinario arrivata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Portata alla cappella del camposanto, la salma è stata benedetta da padre Giuseppe Gentile, parroco della chiesa Maria Santissima delle Grazie di Corleone, lo stesso che nei giorni scorsi aveva rivolto un appello pubblico ai familiari di Riina,

La cerimonia è durata pochi minuti, sotto gli occhi di Ninetta Bagarella, moglie del boss e compagna di una vita da fuggiaschi: dopo anni di latitanza, tornò in paese con i quattro figli il giorno dopo l’arresto del boss. C’è Lucia, la più piccola dei Riina, insieme al marito. Viso indurito e occhi gonfi di pianto. Ci sono Concetta, la maggiore delle femmine di casa Riina e Salvuccio che vive a Padova in libertà vigilata e ha avuto un permesso per assistere alla tumulazione del padre. Mancava Giovanni, il più grande dei quattro figli di Riina, il predestinato, anche per ferocia, a prenderne il posto. E’ in cella per scontare quattro ergastoli da quando aveva 25 anni.

Durante la benedizione il frate ha recitato una preghiera per i defunti. «Era tutta centrata intorno alla misericordia» ha detto poi , aggiungendo «Dio è grande e fa miracoli e con la preghiera e il silenzio chissà che qualcosa non cambi in queste persone. Io ci credo».

La tumulazione nella tomba di famiglia ha richiesto pochi minuti. Il boss è stato sepolto a qualche metro da chi con lui ha diviso vita e scelte di sangue: Bernardo Provenzano, morto l’anno scorso dopo anni di carcere duro.

Nessun curioso, nessun paesano. Anche perchè il questore di Palermo, Renato Cortese, ha vietato i funerali pubblici.

All’uscita del camposanto i familiari se ne sono andati via in silenzio. E a Corleone si chiude per sempre l’era di Totò Riina. Ma non quella della mafia. Non di quella parte di stato che le permette di esistere. Non del sangue versato in nome di essa.

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