Berselli, nuovo affondo contro Laguardia: “Sta mostrando il suo vero volto. Verrò a Parma per ricordare ai cittadini le mie nove interrogazioni”

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Favori, intrighi, fughe di notizie, conflitti d’interesse, perfino qualche viaggetto gratis a spese del Parma calcio per godersi in tribuna, dal vivo, le trasferte delle coppe internazionali.

Questo avveniva nella Procura di Parma secondo le accuse dell’ex senatore pidiellino, Filippo Berselli, che tra il 2011 e il 2012 presentò otto interrogazioni parlamentari al ministero della Giustizia e un esposto alla procura generale della Cassazione.

Intrecci fra i “suoi” Vignali, Bernini e gli altri pidiellini, e la giustizia che “money per money” (easy, green, public, rileggi: benvenuti a Parma, la città degli scandali), smontava pezzo per pezzo, arresto per arresto l’amministrazione in carica.

Ed ora, nove interrogazioni dopo, Berselli torna ad accusare Laguardia, o forse, viceversa.

Così Berselli, in una nota stampa.

Ma ripercorriamo le “nove interrogazioni”. Prima gli ispettori del Ministero della Giustizia, poi la magistratura di Ancona, competente per territorio su La Guardia e Paola Dal Monte. Era il 2012, e La Guardia liquidava il tutto con «è un atto dovuto» inquadrato in «una campagna intimidatrice e diffamatoria», dicendo di «sapere benissimo chi sono gli ispiratori locali» i quali «saranno resi noti a tutti quando saranno depositati gli atti».

Nel mirino, l’inchiesta Green Money: Berselli, membro della commissione Giustizia del Senato e coordinatore regionale del Pdl, aveva eccepito una lunga serie di irregolarità. Laguardia avrebbe violato il segreto istruttorio durante la conferenza stampa in cui, soddisfatto e impettito, aveva rivelato  una serie di particolari dell’operazione «Green money», ovvero quando il verbale dell’interrogatorio sostenuto da Jacobazzi venne quasi integralmente pubblicato sulla stampa locale della sera dello stesso 22 marzo 2012, sia su Repubblica Parma che sull’erdizione de Il Nuovo di Parma del 23 marzo.

Altro gigantesco punto interrogativo riguardava l’operato del pm Dal Monte il cui marito, Alberto Cigliano, aveva chiesto di concorrere al posto di comandante dei vigili di Parma pochi giorni prima che la moglie facesse arrestare il comandante Jacobazzi per concussione e corruzione, per poi interrogarlo e concedergli i domiciliari dopo oltre un mese di detenzione.

Secondo Berselli, il sostituto avrebbe dovuto astenersi dall’inchiesta «per gravissime ragioni di convenienza» e la «commistione di ruoli che ha visto l’accusatore aspirare al ricongiungimento familiare a spese di un suo indagato e arrestato». Da parte sua, Laguardia avrebbe «clamorosamente violato i propri doveri di vigilanza e controllo sui suoi sostituti».

 

Da chiarire inoltre il trasferimento di due sottufficiali dell’Arma ottenuto dal procuratore capo e dal pm Dal Monte: su di loro gravava il sospetto di aver intralciato le indagini su Vignali. Viceversa, sei mesi dopo la Commissione disciplinare presso il ministero della Giustizia ha prosciolto i due militari «perché il fatto non sussiste».

Sussisterebbe, invece, un conflitto d’interessi a carico del procuratore Laguardia, la cui figlia Maria Anna svolge la professione di avvocato a Parma. Devono essere, infine, valutati quelli che per Berselli sono «viaggi gratuiti all inclusive al seguito del Parma calcio nelle trasferte di coppa», offerti dalla società sportiva a Laguardia.

Condotta che poteva «integrare una fattispecie di reato del pubblico ufficiale e/o una responsabilità disciplinare, tenuto conto della mancata astensione dello stesso dalla trattazione delle indagini sul crac Parmalat».

Berselli chiese anche l’intervento del Csm, po, nel gennaio 2013, l’ultimo attacco, in quel caso per Public Money: “Inziativa politico giudiziaria strumentale” – la definì Berselli.

Il tutto finì con un nulla di fatto, l’abbandono di Laguardia, e il silenzio assenso che spesso avvolge la giustizia italiana. Fino ad oggi, che, come prevedibile, con la discesa in politica di Laguardia, Berselli torna a farsi sentire.  

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