Ex Aiazzone, dopo il crack solo degrado: “Provare per credere”

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Una piccionaia, ecco cosa rimane di Aiazzone a Parma. Dopo il crack quello che resta di quei grossi magazzini, non solo a Parma, è immondizia, sporco e degrado. Spesso accampamenti per senzatetto o luoghi di sfogo per writers.

Nel 2010 iniziarono a chiudersi tutti i punti vendita dell’impresa del mobile fondata a Biella negli anni ’80 da Giorgio Aiazzone. L’impero si era ampliato in molte città italiane ma nel 2011 lo scandalo dei 13 mila clienti truffati – perché avevano anticipato soldi per comprare mobili mai consegnati – portò al fallimento l’azienda e le serrande si chiusero via via in tutti i magazzini, anche a Parma in via Cicerone, laterale di via Emilio Lepido.

Il fallimento portò all’arresto di Gian Mauro Borsano, Renato Semeraro e Giuseppe Gallo, tre soci che detenevano il marchio Aiazzone. Arrestati dalla Guardia di Finanza, su mandato della Procura della Repubblica di Roma, e accusati di bancarotta distruttiva, fraudolenta e documentale, riciclaggio di denaro, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, falsa presentazione di documentazione per accedere al concordato preventivo.

Ad oggi sono passati 5 anni. Il magazzino resta lì, immobile, con la vistosa insegna gialla e nera in bella vista dalla strada. Ancora appesa una beffarda pubblicità: “I tuoi mobili in 5 anni senza interessi”.

All’interno tutto quello che un tempo sembrava invitante al cliente è caduto, frantumato, ha lasciato il posto al vuoto.  Un capannone enorme che pensarlo lì sprecato fa male. Soffitti altissimi che ora ospitano decine di nidi di piccioni: si sentono tubare, si vedono i loro escrementi dappertutto. I piccioni hanno sfrattato anche i senzatetto. Non c’è traccia di umanità, solo vecchie attrezzature, un carrello della spesa impiccato, un’auto sventrata. Il solo simbolo di vita è una piccola e inquietante palla colorata, in mezzo a polvere e calcinacci.

Non c’è traccia appunto di umanità dal luglio del 2015 quando un incendio divampò dalla stanza in cui un tempo c’erano degli uffici. In quell’angolo le pareti sono ancora annerite, impregnate di fumo. A terra decine e decine di scheletri di sedie dopo che il fuoco si è mangiato il legno e le imbottiture.

Varcata la porta vetro che da il benvenuto, dove un tempo ci sarà stata una gentile segretaria dietro al bancone info point, si legge ancora “Provare per credere“: la frase che fece il successo dell’impero del mobilificio Aiazzone, che portò Giorgio su tutte le tv nazionali. La presenza pressante sulle emittenti televisive venne anche studiato da esperti di marketing che lo soprannominarono “Effetto Aiazzone“: un vero flop che produsse tutto il contrario di quello sperato, invece di fidelizzare il cliente lo disaffezionava facendo perdere vendite su vendite. Ma non fu quello che fece fallire l’azienda. Dopo la morte prematura di Giorgio Aiazzone nel 1986 l’impresa non seguì più il suo modello e negli anni ’90 comincio a farsi sempre più pressante l’odore della crisi. Fino al 2008 quando l’impresa venne comprata da Renato Semeraro che la portò alla rovina totale.

L’Effetto Aiazzone è quello che si respira oggi in quell’enorme capannone.

(Arianna Belloli)

 

 

 

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