(Gabriele Majo, da www.stadiotardini.it) – Ieri, mercoledì 23 agosto 2023, sono stato invitato a partecipare alla semplice cerimonia privata di tumulazione delle ceneri di Ugo Parisini, nel minuscolo cimitero di Faviano Inferiore, piccolo scrigno dell’appennino parmense sopra Langhirano.
Ma chi era mai questo Parisini?, parafrasando il quesito della ragazzina bellina col suo naso garbato gli occhiali e con la vocina, degli Stadio in Chiedi chi erano i Beatles. La domanda non è oziosa, dal momento che rivolgo questo mio indirizzo di saluto satellitare attraverso StadioTardini.it, che nel tempo è diventato un quotidiano on line d’opinione dedicato alle vicende del Parma Calcio, ma che resta anche il mio diario personale, dove annoto i momenti belli, e purtroppo pure i brutti che toccano me o ai miei cari.
Una delle più geniali idee di Ugo Parisini, infatti, fu quella di ottenere, unico in Italia, il permesso di ripetere sulle frequenze della sua radio, il Giornale Radio Regionale dell’Emilia Romagna, altrimenti non captabile, o captabile a fatica, dagli ascoltatori. Breve il passo per poter ripetere, anche, Tutto il Calcio minuto per minuto, quando quello del pallone era uno sport ancora molto popolare, il vero sport nazionale (quello raccontato a 90° da Paolo Valenti e Maurizio Barendson con i vari corrispondenti poi diventati icone come Tonino Carino, Gianni Vasino, Marcello Giannini, Beppe Barletti, Luigi Necco etc. etc.).
Il Centro Emittenti, ahinoi, non durò a lungo, però fu l’occasione, per me, per aggiungere un’altra radio alla mia già ragguardevole collezione di collaborazioni: dal leggere al telefono il GR dalla sede di Parma al trasferirmi direttamente a Langhirano per condurre programmi musicali o di intrattenimento il passo era breve, specie se, magari, avevi in loco qualche dj di sesso femminile che ti poteva attrarre (mi pare una certa MariaGrazia)… I miei compagni di liceo mi convinsero ad acquistare una Vespetta – 50 sulla carta, ma 125 di effettiva cilindrata dopo una accurata elaborazione – per nulla vistosa (colore azzurro-celeste) che mi avrebbe consentito rapidi spostamenti sulla Massese. Peccato, però, che già dopo il primo viaggio grippò, costringendomi ad abbandonarla, a poche centinaia di metri dalla meta, sulla banchina a lato, con viaggio di ritorno Langhirano-Parma su una comoda corriera della Tep. Torno su in torpedone il giorno successivo e dal finestrino scorgo che qualche manolesta esperta aveva già provveduto a smontare il gas rapido, altro vanto di quella Vespetta. Nella successiva trasferta a sparire del tutto fu la stessa motocicletta, con mio grande scorno. Ugo e Maria Rosa mi regalarono così la mucca, ossia un vecchio ruggente Benelli (se non ricordo male, o al limite era un Garelli), appartenuto ai loro avi, e rimesso in servizio apposta per me, con il suggerimento di proteggermi la pancia con dei vecchi quotidiani sotto la maglietta, quando l’aria iniziava ad esser frizzantina la sera…
“Avevamo entrambi un bel ricordo di te e delle tue marachelle… Bei tempi! Eri il nostro giovane Pierino”, mi ha scritto Maria Rosa, riaprendo il baule dei ricordi di allora. Al di là della disavventura della Vespetta sostituita dalla Mucca, ricordo una volta quando io ed Ugo (lui aveva studiato all’Enel ed era un bravo tecnico alta frequenza e non solo: un suo sistema automatico che alternava differenti fonti sonore, tipo i bobinoni, che funzionava attraverso una nota teoricamente inascoltabile ad orecchio umano incisa alla fine di ogni canzone regiostrata, è rimasto in servizio per una quarantina d’anni su Radio Monte Canate, fino a quando Vittorio Pezzani alienò il suo 103.1 a Radio Monte Carlo) montammo, a sua insaputa, un trasmettitore in soffitta a casa di Drapkind in via Garibaldi, che provvisoriamente ci sarebbe servito non so bene per quale motivo. Lui non se ne sarebbe mai accorto se i vicini di casa non si fossero lamentati perché non vedevano più la televisione… Drapkind, ignaro, cadde dalle nuvole, ma poi quando gli inquilini gli imposero di aprire la porta e vide l’impianto in funzione si inalberò non poco… Non mi ricordo se far risalire a quella occasione una frase di Ugo relativa al fatto che lui preferiva non compiere malefatte perché comunque veniva beccato come “Gatto Silvestro”…
Il fantomatico Centro Emittenti divenne un’occasione per lo stesso Ugo che sarebbe poi diventato tecnico di fiducia anche di altre emittenti, tra cui Radio Onda Emilia, nata nel 1984,dopo una scissione di Radio Emilia, e che avrebbe proseguito la vita di Radio Pilotta Eco Radio (la testata giornalistica depositata in tribunale ereditata era proprio quella relativa al 12.02.1981 nr. 633): con Riccardo Schiroli abbiamo spesso ripetuto, fino a renderla cult, una esclamazione di Parisini mentre armeggiava attorno ad un equalizzatore digitale, “ci sarà pure un trimmer”, come in quelli analogici, ma evidentemente non poteva esserci, così come sorrido ancora al ricordo di quando vennero a farci una ispezione quelli della Escopost, e con un gioco di prestigio facemmo sparire dallo spettro che stavano analizzando, la frequenza che ci volevano contestare, che non trasmetteva dalla sede, come loro incredibilmente credevano, bensì dalla postazione sul Monte Prinzera: mi bastò telefonare ad una delle figlie del nostro affittuario, tale Palù, per fargli abbassare l’interruttore e l’emissione sparì…
Poi la vita, come spesso accade, ci ha portato su strade differenti, ma non mancavamo, nel tempo, di risentirci: due anni fa, per esempio ci scambiammo qualche battuta su Whatsapp sulla mia pazza idea (rimasta solo sulla carta, al momento) di provare a lanciare – in piena era digital – una radio in Onde Medie, quando poi, pochi mesi dopo, la Rai avrebbe persino smantellato l’impianto storico (in tutti i sensi) di Siziano vicino a Milano che per anni aveva illuminato gran parte dell’Italia e non solo sui 900 KHz. Lucidamente, Ugo mi frenò: “Dubito sull’ascolto, poi ci vuole potenza…”. Più che altro uno spazio enorme per l’antenna… Progetto, comunque, rimasto nel cassetto.
Maria Rosa mi ha invitato a tornare in quella villetta, a Mulazzano Ponte, dove tante volte, da ragazzo, avevo assaggiato la sua ottima cucina, e trascorso ore in laboratorio con Ugo a (tentare di) saldare schede elettroniche, quando ancora univo alla forte passione per il giornalismo l’attrattiva per la scienza e la tecnica e io ci voglio proprio tornare per rivivere bene quel luogo della mia gioventù, dove ero stato accolto come in famiglia da fratelli un po’ più grandi di me: “Grazie di essere venuto – mi ha detto Maria Rosa – Ugo da lassù sono sicura che avrà avuto piacere”. Gabriele Majo