Ospedale dei bambini di Parma: una sfida straordinaria incompiuta

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L’Ospedale dei Bambini di Parma è nato nel 2013 da un’idea della famiglia Barilla, accolta dall’Azienda ospedaliera di Parma che ha poi coinvolto la Fondazione Cariparma e l’Impresa Pizzarotti. A seguito di una donazione di 8,5 milioni di euro, l’ambizione era quella di realizzare la prima struttura dedicata alla pediatria in Emilia-Romagna. Di fatto, però, a quasi 10 anni dalla sua inaugurazione continua a non decollare.

Ѐ sicuramente vero che la qualità ambientale concorre attivamente nel percorso di cura ma un Ospedale funziona in primis per la qualità e le competenze delle risorse umane, che non sempre sono gli amici e gli amici degli amici. D’altra parte, principi cardine del Sistema Sanitario Nazionale del nostro Paese sono equità/facilità di accesso (intesa come identificazione e ricerca attiva dei gruppi con bisogni di salute rilevanti non soddisfatti, coerente offerta dei servizi, migliore allocazione/distribuzione delle risorse), appropriatezza (attraverso raccomandazioni e linee di indirizzo basate sull’evidenza scientifica periodicamente aggiornate, dotate di indicatori per il monitoraggio periodico, strutturate e prodotte non solo per il miglioramento delle pratiche cliniche e/o delle competenze professionali ma anche degli ambiti organizzativi), qualità e sicurezza (basate sull’adeguamento dei sistemi di accreditamento delle strutture, la governance clinica, il risk management e la riorganizzazione, sulla base della valutazione dei volumi di attività e degli esiti) e integrazione tra territorio e Ospedale. Ciò significa che l’attrattività sui malati e l’uso appropriato di spazi e risorse sono elementi fortemente legati alle caratteristiche dei singoli professionisti. Ciò è particolarmente vero in quest’epoca post-pandemia in cui il Sistema Sanitario pubblico si sta scontrando con una crisi economica senza precedenti e con un concetto di sostenibilità interconnesso a quello di appropriatezza. Invece, nell’Ospedale dei Bambini di Parma alcuni posti letto vengono tenuti liberi per inspiegabili motivi, conteggiando il fabbisogno infermieristico indipendentemente dai malati presenti.

A seguito dello scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, nella corsa alla solidarietà che ha coinvolto anche la Regione Emilia–Romagna, per evitare di riempire il reparto è stata la Direzione Sanitaria a comunicare alla Regione stessa una disponibilità di posti letto inferiore al reale per l’accoglienza e l’assistenza dei profughi minori. Inoltre, una parte dei letti è utilizzata per ricoveri programmati di bambini che potrebbero svolgere prestazioni ambulatoriali, con costi enormi per le tasche dei cittadini (che con le loro tasse pagano il Sistema Sanitario pubblico del nostro Paese) e con la scomodità per una famiglia di rimanere in Ospedale per qualche giorno invece che per poche ore. In altri casi, i letti sono utilizzati per pazienti visitati privatamente al Sud e poi ricoverati a Parma per l’esecuzione di semplici procedure, utilizzando l’Ospedale come fosse un albergo e con costi enormi per coprire le spese della mobilità passiva extra-regionale da parte della Regione di provenienza. E’, però, il Ministero della Salute a delineare che la domanda di salute per l’età pediatrica in regime di ricovero debba includere patologie acute gravi multiorgano o patologie croniche complesse con acuzie sovrapposte, che richiedono l’intervento di più competenze specialistiche.

Da ultimo, a fronte di 4 inaugurazioni negli ultimi 3 anni, con tanto di palloncini, ringraziamento per le donazioni ricevute (1.200.000 euro) e vertici regionali presenti, la Terapia intensiva pediatrica dell’Ospedale dei bambini di Parma resta chiusa.

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