Il calcio piange “il papà” di Buffon: è morto Villiam Vecchi

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Era finito in porta a quindici anni perché il portiere titolare del Boiardo – la squadretta della parrocchia di Scandiano dove giocava in provincia di Reggio Emilia – si era rotto i denti in uno scontro di gioco e allora l’allenatore – che in realtà era il prete – l’aveva spedito dritto tra i pali con un gesto definitivo – il braccio teso, il dito puntato – e qualche anno dopo gli avrebbe spiegato che tra i tanti aveva scelto lui – che giocava terzino – perché si ricordava che quando l’avversario gli sfuggiva si tuffava e lo abbrancava alle gambe: il ragazzo non ha paura di tuffarsi, aveva dedotto il prete-allenatore.

Se n’è andato oggi William Vecchi, aveva 73 anni e gli appassionati lo ricordano prima portiere del Milan e poi storico preparatore, con la sua andatura felpata, appena ingobbita, le braccia lunghe e il viso da film western.

A promuoverlo al Milan – durante il provino che fece da ragazzo – fu il “Barone” Nils Liedholm.Aveva debuttato nel Milan nel febbraio del 1968 – addirittura in un derby contro l’Inter (1-1, Cudicini era infortunato, Nereo Rocco gli disse: “Uilli, te roghi ti”, il gol glielo aveva segnato Renato Cappellini dopo appena due minuti di gioco) – e c’era rimasto fino al 1974 (71 presenze ufficiali) alternandosi prima con Belli e poi con Cudicini, per poi andare a spendere la seconda parte della carriera tra Cagliari, Como e Spal, dove aveva chiuso nel 1982e quasi subito aveva cominciato la sua seconda vita, sempre lì, tra i pali, ma stavolta in veste di preparatore dei portieri che – una ventina d’anni dopo – lo riportò alla casa madre, al Milan. E’ Vecchi che dal 2001 al 2009 in prima squadra se ne sta a fianco dell’amico Carlo Ancelotti, vincendo tutto quello che c’è da vincere – lo scudetto e due volte la Champions League – allenando fior di campioni, primo fra tutti Dida, con cui aveva un rapporto speciale, e seguendo il tecnico anche nella sua esperienza a Madrid, dopo qualche anno nel settore giovanile rossonero. Il Milan è stata la squadra a cui ha legato la sua storia, ma a Parma fu il “padre putativo” di Gigi Buffon che, dopo aver far debuttare appena 17enne in serie A,  consiglió prima alla Juve, poi al Milan.

“Dopo l’acquisto di Carini, un giorno mi chiama Umberto Agnelli per chiedermi com’è quel giovane portiere e io gli rispondo che c’è da lavorare molto. Il pomeriggio successivo Agnelli e Giraudo vengono a vedere l’allenamento e si mettono dietro la porta di Carini, mentre io e Carlo parliamo in dialetto per non farci capire. Dopo un’ora Giraudo mi chiede: ”Se lei dovesse scegliere un portiere, chi prenderebbe?”. Gli faccio il nome di Buffon e aggiungo: “Anche se costasse 100 miliardi”. Lui mi risponde: “Se lo conosce, vada avanti”. Chiamo Gigi, che però non era entusiasta perché lo volevano già la Roma e il Barcellona. Il suo procuratore, Martina, mi conferma che il Barcellona gli ha offerto dieci miliardi di lire all’anno. Riferisco a Moggi che mi dice: “Fagli sapere che glieli diamo anche noi”. E così Buffon arriva alla Juve».

Così raccontava nel 2018 a TuttoJuve.

(…)Ero passato al Milan, sempre con Carlo, e nel 2006 quando la Juve è retrocessa, abbiamo fatto un pensierino a lui perché Dida non stava bene fisicamente. Galliani aveva dato via libera, Gigi sarebbe venuto per me ed era d’accordo anche sull’ingaggio. Berlusconi, però, disse che non si potevano spendere 30 milioni di euro per un portiere e non se ne fece nulla».

Vecchi infatti ha lavorato anche con Juventus e Reggiana (fino a pochi anni fa, quando si divertiva ancora ad allenare i ragazzini).

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