Pizzarotti: “Stalker in libertà, sono indignato”. La Procura risponde

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L’allarme era stato dato il 26 gennaio dalla telefonata di un’anziana: «L’ex compagno di mia figlia sta ripetutamente bussando alla porta per entrare in casa». I carabinieri sono intervenuti e hanno arrestato in flagranza un 51enne: aveva violato l’ordinanza firmata dal Gip, scattata dopo varie denunce per stalking, maltrattamenti, minacce, lesioni. Il sindaco ha commentato: «C’è qualcosa che non funziona in questo Paese, c’è qualcosa che non funziona nella legge, che in casi come questo deve essere ferrea, incisiva, efficace ed efficiente. Stiamo parlando di una donna sotto pericolo che ha tutto il diritto di vivere in piena serenità e tranquillità la propria vita. Di fronte a questo, non si può rimanere indifferenti nè si può considerarlo una cosa normale. Le leggi se non funzionano vanno cambiate».

Il procuratore, da parte sua, ha detto di condividere le preoccupazioni del primo cittadino e ha precisato il contesto normativo in cui è stato emesso il provvedimento di liberazione da parte di un pm. Da un lato, infatti, la «polizia giudiziaria è obbligata all’arresto di chi viene colto nell’atto di violare il divieto di avvicinamento (reato di cui all’articolo 387 bis codice penale) ma, dall’altro, il pubblico ministero – al quale viene trasmesso il verbale di arresto per la convalida – non può richiedere nessuna misura coercitiva, ma deve disporne la liberazione». Una «situazione paradossale» che «si è venuta a creare dopo che, con legge 27 settembre 2021 n 134 (entrata in vigore il 19.10.2021), è stato introdotto l’arresto obbligatorio in flagranza per il reato di cui all’articolo 387-bis; e tuttavia non è stata modificata la norma che prevede i casi nei quali il pubblico ministero può chiedere la misura coercitiva; la conseguenza è che – come nel caso in questione – all’arresto obbligatorio da parte della polizia giudiziaria deve seguire l’immediata liberazione da parte del pubblico ministero».

La situazione, «rilevata anche da altre Procure» è stata al centro di una direttiva del 21 ottobre per i magistrati della Procura di Parma e inviata anche al ministero della Giustizia «con l’evidente finalità di porre in rilievo l’anomalia determinatasi con quel che appare un contrasto di norme ma, allo stato, non sono stati registrati interventi correttivi o indicazioni su una diversa modalità di interpretazione».

Non è la prima “scaramuccia pubblica” tra sindaco e Procura. La precedente risale a quando il sindaco lamentò che i giornali avessero saputo prima di lui stesso del suo rinvio a giudizio per la vicenda del teatro Regio, guarda caso, proprio in questi giorni alla ribalta per i rinvii a giudizio del sindaco e di alcuni collaboratori.

All’epoca, maggio 2021, la Procura rispose cosi:

“In relazione alle notizie riportate dalla stampa on line, ricavate da esternazioni fatte sul profilo facebook dal Sindaco di Parma, Pizzarotti Federico, aventi ad
oggetto il suo coinvolgimento in una indagine relativa ad illeciti che sarebbero stati commessi nella qualità di Presidente della Fondazione Teatro Regio, il Procuratore di Parma non può che sottolineare l’assoluta correttezza del suo Ufficio che, nella istituzionale attività di accertamento di fatti-reato, legittimamente porta avanti delle investigazioni, nel corso delle quali, essendo emersi indizi di reità, ha emesso invito a comparire per rendere interrogatorio nei confronti di una delle persone sottoposte ad indagini, ovvero per compiere un atto che, nel contempo, ha valenza investigativa ma costituisce altresì l’occasione per l’interessato per esporre le proprie ragioni, così difendendosi (come la legge prevede) “nel processo”.

Tutto ciò è avvenuto nella massima discrezione e segretezza, a tutela della riservatezza
delle persone e delle Istituzioni pubbliche coinvolte. Desta pertanto perplessità l’espressione – riportata dalla stampa come proveniente dal profilo facebook dell’interessato – secondo cui “non è bello aprire un giornale e leggere di essere un truffatore”, posto che nessun giornale era a conoscenza della notizia prima
che, improvvidamente, proprio l’interessato ne facesse pubblica menzione.

La Procura di Parma non intende ovviamente alimentare polemiche lanciate mediante
l’evocazione di pregresse vicende giudiziarie e/o la personalizzazione delle inchieste, nella consapevolezza che l’unica strada da percorrere, per un Ufficio così delicato come la Procura, sia quella del mantenimento dell’equilibrio istituzionale, secondo cui i processi si fanno nelle aule di Giustizia, ove, nell’ambito della normale dialettica, Accusa e Difesa si confrontano civilmente intorno ad una ipotesi di reato.

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