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Crediti fiscali fittizi, arrestati un dipendente di Arpae Fidenza, un imprenditore e altre due persone

Nella giornata di ieri finanzieri del Comando Provinciale di Parma hanno eseguito una ordinanza di misura cautelare personale e contestuale decreto di sequestro preventivo emessi dal Gp del Tribunale di Parma, su richiesta della Procura, nei confronti di cinque indagati, cui vengono contestati a vario titolo reati tributari ed ipotesi corruttive.

Con l’ordinanza è stata disposta la custodia cautelare in carcere per F.C. (funzionario dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Emilia Romagna (ARPAE) – sede di Fidenza) e per D.P. (imprenditore parmense operante nel settore dell’autotrasporto), nonché gli arresti domiciliari per F.S. (commercialista della provincia di Roma) e per M.V. (collaboratore di fiducia di quest’ultimo), nonchè l’obbligo di firma per G.L.R. (altro imprenditore operante nel settore edile).

Contestualmente, con il decreto è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e, in alternativa, per equivalente, di beni mobili, immobili e disponibilità liquide di cinque società e di altri nove indagati, fino alla concorrenza dell’ammontare delle imposte evase, pari a circa 2 milioni di euro.

Le attività di polizia giudiziaria sono state avviate nel 2020 per approfondire le condotte di quattro imprese operanti nella provincia di Parma che avevano utilizzato l’istituto del cosiddetto “accollo tributario” per acquistare crediti fiscali vantati da terzi, usati successivamente in compensazione per il pagamento delle imposte dovute all’Erario.

La ricostruzione investigativa eseguita dalle Fiamme Gialle ha evidenziato, secondo la Procura della Repubblica, l’esistenza di un meccanismo illecito, consolidato nel tempo, al quale avrebbero prestato un consistente contributo il consulente fiscale ed il collaboratore di fiducia di questi, consistente nell’utilizzo di società “cartiere” che consentivano la creazione di crediti fiscali fittizi, successivamente ceduti per l’indebito utilizzo da parte degli acquirenti.

Gli artifici utilizzati per la creazione dei crediti fittizi sono risultati di molteplice natura, dalla simulazione di operazioni straordinarie (“associazione in partecipazione”) alla rappresentazione contabile di investimenti in attività di “Ricerca e Sviluppo” (di cui all’art 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145) mai realizzati.

In particolare, una società di consulenza di comodo, formalmente rappresentata da un “prestanome”, sarebbe stata posta quale soggetto filtro nell’attività di compravendita dei crediti tributari fittizi ed il suo conto corrente sarebbe stato utilizzato, da un lato, per ricevere denaro dai soggetti “accollati” che si erano ad essa affidati per l’acquisto dei fittizi crediti tributari, dall’altro per pagare i soggetti “accollanti” che hanno ceduto gli stessi crediti.

Sui conti correnti di tale società sono confluiti anche gli importi corrisposti per l’illecita intermediazione resa dal consulente fiscale e dal suo collaboratore, poi impiegati dal commercialista per fini strettamente personali presso svariati esercizi commerciali (bar, ristoranti, supermercati, enoteche, negozi di abbigliamento e articoli sportivi, negozi di elettronica, librerie, negozi di cosmetica, etc.).

Oltre alle descritte condotte di frode fiscale, dalle indagini sono emersi diversi episodi di corruzione.

Invero, durante gli accertamenti a carico dell’imprenditore D.P. (destinatario della misura della custodia in carcere) è emerso il ruolo, subito apparso non occasionale, di F.C., dipendente dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Emilia Romagna (ARPAE) di Fidenza, il quale, nel tempo, è apparso, direttamente o per il tramite di D.P., in contatto con altri imprenditori, a vario titolo in collegamento con D.P., in quanto operanti nel medesimo contesto.

In particolare, tra D.P. e F.C. si sarebbe creato un vero e proprio rapporto caratterizzato dall’asservimento agli interessi personali dell’imprenditore parmense, tanto che al dipendente pubblico si contesta di essersi posto letteralmente “al soldo” dell’imprenditore, grazie ad una collaborazione continuativa, consolidata e risalente nel tempo, sfociata in un vero e proprio asservimento del primo agli interessi personali dell’imprenditore, che avrebbe portato il dipendente pubblico a porre in essere una serie di attività illecite finalizzate a privilegiare gli interessi della società del privato, a fronte di una vera e propria retribuzione mensile riconosciutagli dall’imprenditore nell’ordine di 2.000 euro al mese.

 

Secondo l’ipotesi accusatoria, condivisa dal GIP, le condotte illecite poste in essere dal dipendente a favore dell’imprenditore sarebbero consistite nel:

con ciò comportandosi non come un pubblico dipendente bensì un dipendente del privato imprenditore.

Il rapporto privilegiato tra il pubblico dipendente e l’imprenditore D.P. avrebbe -nell’ottica dell’accusa- condotto ad ulteriori attività illecite, nel senso che il dipendente Arpae si sarebbe adoperato, dietro ricompense a favorire anche altri imprenditori amici e/o conoscenti di D.P.: sono infatti tre le ipotesi di concorso in corruzione che vengono ascritte ai due in relazione ad altrettanti imprenditori:

A prescindere dai rapporti privilegiati con D.P., al pubblico dipendente F.C. vengono contestati altre quattro ipotesi di corruzione in relazione ai rapporti con altri imprenditori, tutti gravitanti nell’orbita Arpae, ricevendo in cambio (secondo l’ipotesi di accusa), somme di denaro non meglio quantificate, nonché cedole carburanti (per 500 €), prodotti alimentari (culatello) ed utilità varie (pranzo a base di pesce; prodotti alimentari, tra cui vino, cioccolattini, pasta, biscotti, tartufo, salumi, ecc.):

informandolo sullo stato di avanzamento del controllo e sugli esiti che lo stesso avrebbe potuto avere, altresì comunicandogli di aver redatto personalmente una relazione alla Direzione dell’ARPAE di Bologna, in modo da condizionare l’esito del controllo;

Infine al pubblico dipendente sono contestate anche tre ipotesi di rivelazione di segreto di ufficio, in relazione alla comunicazione, ad altrettanti imprenditori, della imminente visita ispettiva da parte dell’ARPAE, all’evidente finalità di consentire ai destinatari di sistemare eventuali irregolarità e/o criticità presenti all’interno dell’azienda.

Per le condotte corruttive il G.I.P. del Tribunale di Parma ha disposto nei confronti del dipendente pubblico, oltreché che la misura della detenzione in carcere, anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto illecito conseguito a titolo di corruzione fino alla concorrenza dell’importo di 24.500 euro.

Contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari sono state effettuate complessivamente venti perquisizioni presso le abitazioni e gli uffici degli indagati, ubicati a Parma e provincia, con l’impiego di oltre 50 finanzieri.