Murales a Parma, gelo in commissione alla domanda preoccupata della consigliera Roberti sulla possibilità che i murales non piacciano ai cittadini

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I dubbi sorti in questi giorni sulla validità dell’iniziativa non hanno trovato risposta, ed anzi sono aumentati, dopo la riunione della seconda commissione comunale tenutasi in data 21-05-2021. Riunione in occasione della quale sono state presentate le prime due richieste di murales avanzate dagli interessati.

Video della commissione visibile sul canale youtube del Comune di Parma:

Allegato 1A, contenente l’elenco dei muri sui quali sarà possibile eseguire i murales qui.

La prima proposta consiste nel far dipingere agli alunni delle scuola elementare Albertelli una piccola porzione del muro di recinzione dell’asilo Tartaruga. Foto del muretto visibile al minuto otto e otto secondi del video e nell’allegato A1 al n. 21 dell’elenco. E fin qui tutto ok. Viste le dimensioni non lo chiamerei nemmeno murales. Dubbi personali sorgono sul bozzetto – visibile al minuto undici e trenta secondi del video – e sulla tonalità tenue dei colori utilizzati, visti i miei ricordi di infanzia con le immagini vivaci e colorite dei personaggi di Walt Disney. Ma non me ne intendo, le maestre nel video hanno motivato la scelta, fatta con il coinvolgimento dei bambini, e quindi ben venga.

Dal minuto venti e dieci secondi del filmato, e qui viene il bello, è intervenuto il signor Matteo Grassani – persona gradevole e spigliata – il quale ha fatto richiesta di poter eseguire il murales sul muro della massicciata ferroviaria presente all’altezza di via trieste, esattamente sul lato di via Calabria e su quello opposto di via Doberdò. Muro individuato al n.17 dell’allegato A1, avente uno sviluppo lineare di alcune decine di metri per circa sei di altezza. Una bella sberla, quindi. Se anche gli altri murales previsti saranno così impattanti e del tipo che propone il signor Grassani – i cui bozzetti sono visibili nel filmato – ci sarà da ridere. Parere personale, si intende. Tra l’altro il signor Grassani sostiene di aver scelto disegni volutamente soft e poco impattanti per rispetto nei confronti dei cittadini, in base a quanto gli è stato chiesto di fare. Chiesto da chi? Quindi la preoccupazione che questi murales non vengano accolti favorevolmente dalla popolazione c’è già? Timore che troverebbe conferma anche nella successiva domanda preoccupata della consigliera Roberti. Per chi non sapesse dov’è e come è fatto il muro, il consigliere Spadi, delegato alle politiche giovanili e coordinatore dell’iniziativa, ne mostra l’immagine al minuto ventisette e trentasei secondi del video.

Ma, come detto, adesso viene il bello.
Prima considerazione. È stato indicato che l’iniziativa è stata espressamente voluta per dare libero sfogo alla creatività, e favorire l’aggregazione, dei giovani di Parma. Giovani che, viene detto, fremono per realizzare questi murales, quasi dovessero soddisfare una loro esigenza fisiologica. Si sa, quando scappa, scappa. “Diamo spazio ai giovani” è stato poi lo slogan stentoreo del sindaco Pizzarotti per lanciare l’iniziativa.
Ebbene, per realizzare questo secondo murales arriverebbero invece a Parma, insieme al signor Grassani – parmigiano che ha vissuto per anni nell’hinterland milanese – tre gruppi di graffitari, o writer, se si preferisce chiamarli così, provenienti da fuori: un gruppo da Milano, uno da Bologna e uno da Crema o Cremona, non si è ben capito. Persone in contatto da tempo tra loro che sono garanzia di qualità esecutiva – secondo il signor Grassani – grazie ai venti anni di esperienza maturati nella realizzazione di queste opere. Ma, a questo punto, la domanda sorge spontanea: se hanno iniziato a praticare questa arte, diciamo quando avevano diciotto vent’anni, allora adesso di anni ne hanno circa quaranta. Alla faccia della gioventù. E non sono nemmeno di Parma. Ci preoccupiamo quindi di dare libero sfogo ai quasi giovani delle province e delle regioni altrui? O bisogna chiamare questi, quasi giovani, perchè sono gli unici in grado di farli i murales e di giovani parmigiani non ce ne sono? O ci sono, ma non sono all’altezza? O non ce ne sono abbastanza per tutti i muri individuati? L’ipotesi sulla non più giovane età degli amici del signor Grassani troverebbe conferma anche nel servizio televisivo Rai apparso in data 26-05-2021. Servizio nel quale alcuni graffitari di Bologna hanno appunto indicato di aver iniziato ad imbrattare di nascosto i vagoni ferroviari negli anni novanta, quando di anni ne avevano sedici. Dichiarandosi fortemente stupiti che ora l’amministrazione comunale li chiami a farlo liberamente. Si stupiscono pure loro. Quindi, se hanno iniziato a fine anni novanta, oggi di anni ne hanno quasi quaranta. Se invece hanno cominciato all’inizio degli anni novanta, allora oggi di anni ne hanno quasi cinquanta. Giovani col bastone, insomma. I quali, precisa poi il signor Grassani, siccome nel frattempo hanno anche messo su famiglia – è chiaro, il tempo passa per tutti – bisognerà vedere come potranno riuscire a trovare il tempo per venire a realizzare questo murale. Dovranno ritagliarselo togliendolo alle relazioni familiari. Quindi bisognerà vedere, in effetti, in quanti numericamente aderiranno, per capire se il murale riusciranno a realizzarlo tutto oppure soltanto metà. E, soprattutto, a causa dei loro impegni famigliari non avranno nemmeno tanto tempo da dedicare alla stesura dei bozzetti. E non potranno farne diversi, come converrebbe, per poter poi scegliere il migliore da realizzare. Quindi si scopre che, quelli che in teoria fremevano per realizzare queste opere, in realtà sono loro per così dire “a farci un piacere” nel venire a Parma di malavoglia a “scarabocchiarci” i muri? Il tutto, poi, sempre se troveranno gli sponsor che pagheranno le vernici. Perchè loro i soldi non ce li mettono e il Comune neanche. Il signor Grassani, però, su questo punto si è dimostrato difucioso. Andrà a chiedere i soldi ai negozianti del quartiere. Che, si sa, soprattutto in questo periodo, come se la passano.

Seconda considerazione. Vediamo adesso quale approccio stilistico farà da guida nella realizzazione del murales. Personalmente osservo che Parma è apprezzata e rinomata per essere una città dallo stile classico, la piccola Parigi. Tutti abbiamo in mente le stupende foto d’autore che ritraggono gli scorci suggestivi di Parma, come la fontana del trianon e via dicendo. Immaginiamo pertanto che i murales che si andranno a realizzare saranno in linea con il gusto artistico ed architettonico classico della città? Una rivisitazione intelligente della concezione tipica di murales – quelli che si vedono in via Reggio – per farla aderire al carattere classico e piacevole che appartiene alla città e creare qualcosa di peculiare all’interno del genere murales che riesca, fors’anche, a dare una spinta innovativa e un evoluzione al concetto di murales stesso?

Pensiamo che i murales che si intendono realizzare potranno rappresentare forse una graziosa statua, o una fontana classica in marmo, quasi da sembrare veri alla vista, pur essendo solo disegnati sul muro? Un paesaggio agreste con buoi che tirano un aratro in un campo per celebrare la nostra cultura contadina, dalla quale ha tratto origine buona parte della rinomata industria di trasformazione alimentare locale? Oppure che una parete grigia senza finestre di una casa di testata possa essere dipinta con edera rampicante, finestre con fiori, cielo di nuvole, un lampione e una panchina, come se ci fossero veramente e quella fosse la vera facciata gradevole della casa? Qualcosa di piacevole da indurre nel cittadino e nel turista una maggiore percezione della classicità e della peculiare bellezza di Parma? O di vedere dipinto sul muro della massicciata ferroviaria un paesaggio con un campo di papaveri che si perde all’orizzonte realizzato con lo stile appena abbozzato e pieno di sentimento tipico degli impressionisti francesi alla Monet? O, perchè no, le scenografie con le immagini più salienti delle opere del maestro Verdi? Stando a quello che si vede di realizzato in giro e dai bozzetti proposti dal signor Grassani si direbbe proprio di no. Speriamo, quindi, di non ritrovarci i muri pieni di pantegane bianche soltanto perchè le disegna Bansky e qualcuno ha decretato che sono cool e bisogna imitarle. Sai che cool. Il tratto di questi bozzetti, quelli presentati dal signor Grassani, ricorda, in peggio, quello ruvido dei cartoni alla Goldrake e Mazinga, parere personale si intende, con addirittura minor proporzione e minor gusto. Nemmeno, per dire, il tratto proporzionato e simil gradevole alla lady Oscar. Saremmo già molto avanti.

Per quanto riguarda poi il tema, pensiamo forse che sia in linea e non di rottura con la tradizione artistica e architettonica della città, visto che viene attibuita a questi murales anche la funzione di attrazione turistica? Ma neanche per sogno, oggi occorre cavalcare il mainstream. Tema del murales che propone il signor Grassani è il multiculturalismo. What else? Giustificato con le tensioni etniche da lui percepite nel quartiere San Leonardo nel quale ha vissuto. Il murales sarà quindi composto da disegni affiancati l’uno all’altro, tesi ad evidenziare gli emblemi rappresentativi di terre e culture diverse, prevalentemente esotiche. Sicuramente rispettabili, ma che con la tradizione artistica di Parma non c’entrano nulla.

Quindi, in un primo disegno il murales riguarderà l’India, con immagini di santoni, più avanti il Giappone, con i samurai, poi l’Olanda con i mulini a vento. E così via. Per l’Italia cosa metteranno, chitarra, spaghetti e mandolino? E Marte con i marziani non vogliamo metterceli? Non diciamolo troppo forte se no lo fanno per davvero.

Il signor Grassani ha poi mostrato alcuni bozzetti del tratto di murales che realizzerebbe di persona rappresentante l’India. Bozzetti visibili a partire dal minuto ventinove e venticinque secondi del filmato. A parte il primo bozzetto, che personalmente ritengo valido in sè, ma non come murales, per il resto gli altri appaiono al sottoscritto semplicemente orripilanti. Oltrettutto è quasi sempre presente, non si sa perchè, il solito volto alienato con espressione inquietante, spesso con retrogusto funereo, che ci si aspetterebbe di vedere soltanto salendo sul trenino fantasma al luna park.

A questo punto la consigliera Roberti, precisamente al minuto trentaquattro e trentacinque secondi del video, visibilmente preoccupata, ma con l’intenzione a parole di non darlo a vedere, chiede al signor Grassani se è possibile, per questo intervento ed anche per quelli successivi, in particolare quelli che saranno più impattanti e visibili nel centro città e nell’oltretorrente, di eseguire, prima della realizzazione vera e propria del murales, la proiezione di prova del bozzetto direttamente sul muro – cosa tecnicamente fattibile – in modo da poter capire a priori l’effetto che farà. Per capire, in definitiva, quindi, se il murales valga la pena realizzarlo o se sia talmente inappropriato da sconsigliarne l’esecuzione, per evitare il rischio di sollevare l’ira degli abitanti. Perchè questa sembra essere la preoccupazione che traspare. “Fare prima le proiezioni perchè altrimenti uno potrebbe dire, …ma chi sa come ci starà (quel murales li sul muro)”? sono le parole testuali della consigliera Roberti. E visto che l’opera è pubblica e si rivolge al pubblico, quell’uno ipotetico indicato dalla consigliera sono di fatto tutti. Tutti i cittadini. Altrimenti se fosse per uno solo il problema non si porrebbe.

Ma come, ma non erano opere pensate proprio per rimuovere il degrado ed abbellire la città, ed aggregare le persone con funzione socializzante?

Una espressione visibilmente imbarazzata è apparsa, durante tutta l’esposizione della consigliera Roberti, sui volti della consigliera di maggioranza Buetto e del coordinatore e delegato alle politiche giovanili, consigliere Spadi, che si erano prodigati, nei minuti precedenti, a tessere le lodi del signor Grassani. Con la sensazione che avrebbero notevolmente preferito, visto anche lo streaming in corso, che quelle parole di perplessità la Roberti non le avesse pronunciate. Il consigliere Spadi, tagliando corto, si è affrettato a rispondere alla consigliera Roberti che la prova da lei richiesta tenderanno a farla per tutti i murales di maggiore impatto. Vai poi ad individuare quali saranno. Aggiungendo, quasi a voler cautelarsi da possibili fallimenti e conseguenti responsabilità, che comunque tutti i disegni che si proporranno di coprire gli ottanta murales non li avvalleranno loro, ma saranno preventivamente valutati, per l’approvazione, da un altra commissione. La commissione cultura. Cominciano forse a temere l’evenienza di un sonoro fiasco precisando che, nell’eventualità, i responsabili saranno altri? Nel caso, vista la dimensione dei murales, sarà un fiasco anche difficile da nascondere. Più che un fiasco, una damigiana. E sai la sbornia.

Personalmente non ho letto nel dettaglio il regolamento e il cosiddetto allegato b indicato nel video, ma credo che ancora prima di porsi il problema di proiettare i disegni sui muri per valutarne l’effetto, nel timore che sia orribile, sia necessario delinare cosa proiettare, cioè che indirizzo artistico coerente dare a questi disegni. E a mio avviso dovrebbe essere lo stesso stile classico, o comuque gradevole, in linea con la tradizione artistica ed architettonica della città. E i murales alla Mazinga e alla Goldrake, come quelli dei sottopassi di via Reggio e di viale Martiri della libertà, lasciarli fare ad altri paesi con altre tradizioni. Che paragonate a quella di Parma appaiono come paragonare il vino in tetrapack allo champagne. Oppure limitarsi a realizzarle sui muri dei centri giovani, se a loro piacciono. Per quanto, parere personale, rimango sempre dell’idea che converrebbe realizzare, come hanno fatto convenientemente in altre città – ad esempio Milano – dei pannelli in legno collocati in aree isolate apposite, dove i giovani, se effettivamente tali poi saranno, potranno eseguire li i loro murales, anzichè diffonderli per la città ed imporne la visione a tutti. Anche ai tanti, sicuramente la maggioranza, a cui non piacciono e che li trovano orribili e, soprattutto, stravolgenti i tratti architettonici tipici della città nei quali i cittadini si riconoscono. Murales alienati ed alienanti, insomma. Giovani appunto se poi lo saranno, cosa che per il gruppo indicato dal signor Grassani pare non sia. E se effettivamente ci saranno. Se cioè ci saranno effettivamente ottanta giovani o ottanta gruppi di giovani parmigiani interessati a coprire gli ottanta spazi. O se alla fine l’iniziativa si risolverà soltanto nel tentativo dell’amministrazione di avere la solita visibilità a livello nazionale e di accontentare di fatto soltanto il signor Grassani e il suo ristretto circuito di esperti di murales o di altri graffitari che si fionderanno a Parma da tutta Italia, vista la notevole quantità di muri messi a disposizione. Signor Grassani che, tra l’altro, nel video è apparso persona particolarmente simpatica, propositiva e sicuramente intelligente. Nulla contro di lui. Ma, domando, ci facciamo venire a “deturpare” la città addirittura da fuori? Perchè pare che queste persone, a giudicare dalle immagini di via Reggio e del sottopasso di viale Martiri della liberazione, e dai bozzetti presentati dal signor Grassani, abbiano una sola idea di come realizzare graficamente queste opere. Sulla loro capacità tecnica di esecuzione non si discute, sui contenuti sì. Ci ritroveremo quindi ad avere a Parma tutti i sottopassi orribilmente uguali, con lo stesso tipo di disegni, uno simil fotocopia dell’altro?

Tra l’altro, questi disegni nei sottopassi distrarranno forse gli automobilisti alla guida? È vero che non sono in posizione ortogonale rispetto al senso di marcia, ma il codice della strada cosa dice? Le eventuali distanze di tutela sono rispettate? Era poi necessario metterne a disposizione in numero così elevato? Solo i sottopassaggi sono ben diciannove. Ne necessitano effettivamente così tanti ai writer parmigiani, oppure servono per avere tanti murales da fotografare per andare ad iscriversi a qualche concorso e sperare di vincere la solita medaglia di latta per avere l’articolo sul giornale con il titolo “Parma capitale di…”. e la foto del sindaco sorridente che riceve il premio?

Per di più, le zone in cui verrebbero realizzati i murales non sono certamente sottoposte a vincolo della soprintendenza. Ma cosa ne potranno mai pensare di un cambiamento della città in tal senso? È sufficiente la valutazione di una commissione comunale anche se presieduta dal delegato al decoro urbano? Cosa ne penseranno i cultori e narratori dell’arte di Parma, come ad esempio il professor Mambriani così attento e preciso nel descriverla e tutelarla? Cosa ne penserà dei murales previsti in oltretorrente e sul muro di contenimento di via Farnese che si innesta su uno degli ingressi del parco Ducale? Lo stesso muro che preoccupa anche la consigliera Roberti. Perchè è vero che qualcuno potrebbe obbiettare che di disegni e di scritte sul muro del lungo Parma ce ne sono già e quindi tanto vale. Ma sono abusive e andrebbero tolte.

Per non dire del palazzo di via Garibaldi angolo via Boito, davanti al magistrato del po. Una delle tre vie di accesso alla città per chi arriva in treno o in autostrada. Ci troveranno un murales gigante da terra a tetto che darà l’impressione di essere arrivati nella città alienata ed alienante che si vede all’inizio del cult movie Blade Runner?

E poi che, come hanno detto, siamo solo all’inizio. Se arriveranno in seguito richieste dai privati in numero esorbitante ed obbiettivamente eccessivo, verranno accontentate tutte, con il rischio di trovarci la città tatuata come quei corpi dove la pelle naturale non si vede quasi più? O a qualcuno si dirà di sì e ad altri di no prendendo come scusa che la commissione ha respinto il disegno proposto, quando invece magari è migliore di altri, ma è solo stato presentato dopo? Una evenienza probabilmente difficile che si verifichi per tutta la città, ma se le richieste dovessero essere eccessive per una stessa via? Ci troveremo cittadini che si lamenteranno perchè al loro vicino hanno lasciato fare il murales e a loro no?

E poi, siamo sicuri che si tratti proprio di murales? Oppure per le case private gli interventi si limiteranno a qualche lieve e minimo abbellimento, più che altro una decorazione. Come, ad esempio, quella di disegnare una finestra finta, che prima c’era ed è stata tamponata, con il fine di ridare armonia e cadenza alla facciata? Cosa che si presume possa avvenire per il caso di via Cocconcelli, visibile al n. P 01 dell’allegato A1. Ma allora perchè si parla unicamente di murales – che hanno invece come caratteristica principale quella di essere di grandi dimensioni – facendo un calderone unico con le minime decorazioni? Che non sono murales. Serve per far numero e per dire che si è fatta una operazione imponente nei confronti di questa nuova arte muralistica che fa cool? O all’opposto per giustificarsi verso chi si lamenterà, e avere come risposta da dare, giusto per averne una, che di fatto non sono tutti ottanta murales, ma anche decorazioni e quindi non tutte opere “d’avanguardia”, ma anche classiche in relazione alla tipicità del luogo dove si andranno ad inserire? E quindi classiche nel centro storico e “d’avanduardia” in periferia. Ma questo non consentirà quindi di fatto di sdoganare quelle “d’avanguardia”, alla Mazzinga da trenino fantasma dico io, anche se ai cittadini non piaceranno, confondendole in mezzo a quelle classiche?

Non addentriamoci poi nel campo socio-psicologico. Sarebbe curioso sapere, infatti, se e cosa si può decifrare, ad esempio, dal murales realizzato nel sottopasso di via Reggio, con tutti questi volti tra l’estraniato e l’allucinato, e quali siano gli stati d’animo – a mio parere da trenino fantasma – che riesce ad infondere in chi, percorrendo la strada, magari a piedi o in bicicletta, si trova costretto questi murales a vederli ogni giorno. Cosa proverà un bambino di cinque o sei anni, emotivamente non ancora formato, nel transitare tutti i giorni, per andare a scuola, davanti a queste immagini tetre? Avrà gli incubi di notte? Gli dovremo dire di cambiare tragitto?

Tra le case private individuate, poi, molte sono parte del patrimonio pubblico Acer. Alcune di queste non sembrano disporre di superfici apprezzabili per l’intervento, altre, le più datate, come i cosiddetti casermoni di via Taro, e le case in via Buffolara, sono abitate prevalentemente da anziani che, si sa, la minima cosa che gli cambi gli casca il mondo. Immaginiamo che saranno contenti quando vedranno queste impattanti gigantografie da terra a tetto fatte sulla facciata laterale delle loro abitazioni? Oppure proveranno un senso di smarrimento e li percepiranno come un messaggio di sfratto che gli farà pensare che per loro ormai non c’è più posto, ed è giunto il momento di traslocare al campo santo? Ma, si sa, è il padrone che decide e come ha detto il sindaco: “Diamo largo ai giovani”.

E la domanda si pone indubbiamente con forza, anche in considerazione del fatto che tra le zone individuate ve ne sono alcune storiche effettivamente significative, come ha giustamente sottolineato la consigliera Roberti. Sulle quali intervenire realizzando uno scempio è un attimo.

Sono, ad esempio, il muro sul lungo parma e sul lato di via Farnese già accennato. Il muro della scuola di via Bixio, quello degli asili di via Costituente e b.go Guasti di S. Cecilia, delle case di via Cocconcelli e via Capelluti. E altri ancora. Per una visione completa è possibile, come detto, scaricare l’allegato A1 al regolamento dal sito del Comune, nel quale si trovano tutte le foto dei muri individuati.

Per vedere l’allegato fare click qui.

Pensiamo forse, ad esempio, che il muro di via Bixio possa essere dipinto convenientemente disegnando la tipica recinzione con muretto basso corredato da ringhiera in ferro battuto, con verde retrostante, come se ci fosse un piccolo giardinetto all’italiana, riuscendo a dare l’impressione che il muro non ci sia? Cosa che valuterei come pregevole e tale da calare l’opera effettivamente nel contesto e rendere l’immagine visiva simile a quella di tante casette presenti nelle vie laterali circostanti. O si pensa, invece, di stravolgere la via con immagini ad alto impatto, dissonanti dal contesto, come appunto quelle presenti in via Reggio? Oppure, per rispetto al multiculturalismo, al posto del giardinetto interno all’italiana si dovrà disegnare la foresta ammazzonica?

Possiamo sperare che i muri individuati davanti agli asili, come quello di via Costituente e quello di borgo Guasti di S. Cecilia, verranno riempiti con murales confacenti al luogo, come è il murales presentato per l’asilo Tartaruga, o anche qui ci si dovrà piegare al mainstream graffitale e ci troveremo disegni simili a quelli del sottopasso di via Reggio o quello di viale Martiri della Libertà? La risposta dovrebbe essere scontata, ma dovendosi confrontare con chi ha approvato l’albero di natale a pedali, le panchine anticovid e le “liane di Tarzan” per illuminare i portici di via Mazzini, non si sa mai. Viste anche le scelte adottate per i murales realizzati nel 2018 sul muro dell’asilo “Sorelle Ferrari”. Che ha solo sul lato di ingresso di via Imperia disegni che appaiono confacenti al luogo. Ma molto meno confacenti, per non dire per niente, sul lato di via Venezia, dove viene ripreso lo stile indecifrabile e caotico tipico dei murales.

Tra l’altro si nota che alcuni muri individuati per le realizzazioni sono proprio quelli dove i graffitari hanno già operato, per cui, per alcune zone viene da chiedersi se questa iniziativa l’abusivismo tenderà a contrastarlo oppure a renderlo legale. E se si può pensare, effettivamente, che l’abusivismo graffitaro, ovvero l’imbrattamento dei muri, con questa iniziativa diminuirà o se ci troveremo, al contrario, a dover convivere con l’uno e con l’altro fenomeno? E se, al fine di combattere efficacemente l’abusivismo, non sia più conveniente e produttivo cercare di impegnarsi di più nell’individuare questi soggetti imbrattatori, come è stato fatto di recente individuando quello che ha imbrattato i muri in via d’Azeglio all’angolo con piazzale Corridoni.

Infine, l’iniziativa è stata presentata come aggregante socialmente e in grado di attirare i turisti. Si nota, però, che la maggior parte dei muri individuati sono sottopassi stradali e ferroviari di periferia. Dove si riesca ad intravedere la possibilità di aggregazione – eccetto i pochi momenti durante la realizzazione dell’opera a volte fatta anche in giornata – francamente non si comprende. O pensiamo che una volta realizzati i murales, i giovani ci andranno sotto con un tavolino a giocare a carte? Pensiamo forse che i turisti accorreranno appositamente ad accalcarsi in questi sottopassi perchè ci sono queste “opere” da vedere? Prima la visita al Duomo e poi al sottopasso di via Reggio? Siamo al tipico annuncio propagandistico con sparata a vuoto e conseguente effetto boomerang?

Se si vuole cercare di aggregare i giovani e fargli sentire la città come propria, non sarebbe più conveniente farlo in altri modi più mirati e rispondenti e magari utili sia a loro che alla città?

Lettera Firmata

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