La denuncia: degrado al Parco del Dono

Il ricordo di Pietro Vignali: “Era un gioiello”

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Priamo Bocchi, rappresentante parmigiano di Fratelli D’Italia riprende una lettera scritta alla Gazzetta di Parma sulle condizioni in cui versa Parco del Dono (per la serie gestione del verde pubblico- commenta Bocchi).
“Gentile Direttore, oggi voglio condurre lei ed i lettori nella mia quotidiana passeggiata coi cani al Parco del Dono.

Premetto che il proprietario di cani diventa, per sua natura, acuto osservatore di ciò che ha intorno, dovendo occuparsi in qualche modo mentre i suoi amici pascolano (sì, i miei cani pascolano proprio brucando erba): è quindi un inevitabile rompiscatole per le amministrazioni comunali (o prezioso collaboratore se esistessero efficaci canali di comunicazione; io ci ho provato con la App Comuni-chiamo, ma alle mie segnalazioni si rispondeva grosso modo che era tutto nella norma).

Entriamo da Viale duca Alessandro in questo piccolo gioiello cittadino, inaugurato nel 2008 e costato 556mila euro (mi si perdonino inesattezze, spero non troppo grandi, la mia unica fonte è internet). Dopo aver costeggiato il canale, si apre il parco e le bestie affamate di erba mi trascinano nel bel pratone a destra; fortuna ho le galoshes, dal momento che l’erba arriva a 25-30 cm, chi si ricorda più l’ultima volta che l’hanno rasato?

Almeno un mese e mezzo fa (meglio è andata ai prati intorno ai giochi dei bambini, più recentemente tagliati). Il prato è abbandonato a se stesso al pari delle varie e bellissime piante che lo costeggiano (lascito prezioso delle case che qui prima avevano in comodato d’uso il prato come giardino). Una porzione di questo prato, una piccolissima zona, è stata recintata ormai da diversi mesi con un cordone ed un cartello a nome “Parmasostenibile-Fruttortiparma” avvisa che qui è stata rilevata la presenza di rare orchidee, onde la perimetrazione col fine di tutelarle e goderne la fioritura a maggio.
Ahi! Piango oggi così come negli ultimi 40 giorni dall’ultima rasatura del prato (ma anche la prima dopo l’inverno!): per mesi, dopo averle individuate, le ho osservate crescere, aspettando fiduciosa di vedere i fiori.
Ma niente, le lame dei trattorini tagliaerba sono state impietose e hanno tranciato tutto; e che fatica deve essere stato superare i cordoni, forse si faceva prima a leggere il cartello! Bello vedere anche oggi gli attrezzi ginnici posati nel 2018 e assai utilizzati: mai come in questo periodo di chiusura delle palestre sono stati utili. Peccato solo per quelli rotti, soprattutto poco dopo l’inaugurazione e mai sostituiti o aggiustati.
Sono ignorante ma mi chiedo: la stessa pavimentazione anti-trauma che si trova nella zona con i giochi dei bambini non la si sarebbe potuta mettere anche a far da pavimento a questi attrezzi? Si sarebbe evitata la formazione di avvalli ai piedi di questi, che diventano piscine fangose alle prime due gocce d’acqua. Rendendoli inutilizzabili?
No di certo, perché noi italiani brilliamo per l’inventiva, e allora il ginnasta cosa fa? Si guarda intorno alla ricerca di qualcosa che serva per elevarsi dal fango e cosa ti trova? Gli autobloccanti che pavimentano i quattro gazebo in giro per il parco, ovvio! Per giunta facili da estrarre, tanto poi il comune tappa il buco con una bella colata di cemento: veloce, pratica ed economica.
Eccoci quindi al chiosco bar, indiscutibilmente carino, purtroppo affiancato dall’impalcatura per i tappeti elastici, orrendamente circondata da uno striscione a figure dai colori sgargianti che stonano con i colori della natura; ne comprendo la necessità, ma era proprio necessario renderla così appariscente? Non si poteva imporre un ufficio-cassa che non fosse un container da cantiere edile? E piano piano, passando per il riparato salotto circolare da meditazione adibito in realtà a fumeria di spinelli, arriviamo alla vera chicca del parco: il “Giardino dei sensi” dedicato agli ipovedenti, nelle intenzioni degli ideatori “uno spazio dove i suoni e i profumi saranno più intensi e dove il tatto darà una mano ad apprezzare la natura.
Il giardino dei sensi è costituito da tre aree: quella dell’olfatto, quella del gusto-tatto e quella dell’udito. Nella prima, all’interno di alcune fioriere, sono state inserite numerose specie con foglie aromatiche e arbusti profumati, a seconda delle diverse stagioni; nella seconda alberi da frutto; nella terza si può godere del suono degli zampilli d’acqua che usciranno da una doppia vasca circolare isolata da un terrapieno e da una siepe in bambù”.
Per goderne l’intero significato ve lo faccio percorrere dal suo inizio, che è poco oltre l’ingresso al parco da via Montebello. L’inizio del percorso e le varie tappe sarebbero segnate da targhe illustrative anche in braille; ma su otto piedistalli presenti, solo tre hanno ancora le targhe e parzialmente corrose, quindi difficilmente comprensibili.
Comunque iniziamo il percorso dal gazebo ligneo; tenete però i sensi ben allerta, usateli per difendervi dai cavi di ferro che pendono da questa struttura e dal tunnel successivo, che rischiano di essere frustino anziché guide per piante rampicanti (e per fortuna che i più pericolosi sono stati sommariamente arrotolati di qua e di là); le piante aulenti, rese selvagge ed aspre e forti dalla mancanza di cure e potature, formano una giungla intricata; le fioriere, orfane delle piante aromatiche, ospitano spazzatura ed erbacce.
Eccoci, stiamo per arrivare all’acme del percorso e del degrado, laddove, come recita una targa superstite, “l’acqua è la protagonista di un suono antico come la vita: qui è possibile ascoltare l’infrangersi di cascate cristalline o il tintinnio armonico nelle gocce che cadono sulla superficie“.
Intento commendevole e per il quale nel 2008 a suon di quattrini si è costruita una rotonda circondata da una doppia vasca circolare all’interno di un terrapieno circondato da una siepe di bambù: in parole povere un anfratto circolare in cui le fantomatiche fontane zampillanti sono defunte (semmai hanno funzionato) e la poesia prevista per il luogo è stata sostituita dal disagio che crea il degrado di un luogo sporco, pieno di graffiti e spazzatura, spazio nascosto ideale per chi nasconde attività illecite.
Questo è il fulcro del parco del dono, così chiamato in onore delle oltre 400 realtà di volontariato che operano a Parma e quotidianamente “si donano“. Beh, è un dono un po’ sbrindellato e spiace, spiace tremendamente vedere questo stato di abbandono, quando poco basterebbe per “”bighellarlo” un po’. Voglio vedere nel Monumento alla Folgore, ultima tappa del nostro giro, qui inaugurato nel 2017, un esempio per l’amministrazione: pur esposto alle intemperie del tempo, alle necessità dei cani in quanto superficie verticale, oggetto in passato di vandalismo graffitaro e pire oltraggiose, è sempre in ordine e pulito e, da 10 giorni a questa parte, ornato anche di fiori freschi: forse che qualche mano lodevole (e privata) se ne prende cura?”.
Il ricordo di Pietro Vignali, il sindaco di Parma che immaginó e volle (commento su Facebook) –  E pensare che quando lo avevamo realizzato e inaugurato era un gioiello. Da una vecchia e abbandonata area avevamo ricavato un parco attrezzato per uso del quartiere compatibile anche per i disabili al punto che all’inaugurazione era venuto persino il Ministro del Welfare Onorevole Sacconi.
Un importante Investimento (che derivava da un contributo per un intervento privato) per l’ambiente, il verde ma anche come luogo di socialità per mamme, bambini, anziani , famiglie, disabili e sportivi per tutto il quartiere. Ne avevamo poi realizzato anche uno (seppur minore) sul lato ovest di via Bizzozzero ( unitamente alla riqualificazione dell’ex sede comunale del quartiere) ed era previsto poi di collegare i due parchi con una passerella in legno.

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