Pietro Vignali: “Le città dopo il Covid e la Parma che Vorrei” – Capitolo 1

Inizia una lunga chiacchierata con l'ex sindaco di Parma, tra progetti da terminare e idee per una città più futuribile ed europea

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Nunca dejes de creer“, non smettere di crederci. Potrebbe essere questo il motto di Pietro Vignali.

Ex assessore, ex sindaco, politico del centro destra, una delle prime vittime illustri a Parma della magistratura che non ha potuto godere della legittima presunzione di innocenza.

Lui ha incassato, da uomo potente è finito nel tritacarne mediatico, poi ha avuto, almeno pubblicamente, giustizia. Recentemente il Ministero della Giustizia è stato addirittura condannato dalla Corte d’Appello di Bologna per il “danno arrecato alla sua carriera politica da Sindaco”. Rovinato, demolito.

Le paginate dei giornali che ora raccontano la sua riabilitazione, non gli ridaranno i dieci anni persi, ma almeno, la soddisfazione di un pubblico riconoscimento.

Nei suoi occhi verdi la determinazione di un uomo nuovo, più forte, più combattivo. Ma le sue idee sono sempre quelle di chi aveva speso per cercare di rendere Parma il più europea possibile.

Vignali, partiamo piano. Si ricandida sindaco? 

“Bella domanda, me la fate in tanti. Non lo so. Non ci penso. Al momento mi limito ad osservare la città.  E poi non so come la città recepirebbe il mio ritorno. Io stesso in questi anni sono stato in disparte. Prima conoscevo ogni angolo, ogni sanpietrino, ogni pezzo di asfalto di questa città. Ora, anche se ho continuato sempre a vivere a Parma lavoro anche fuori, dovrei ricominciare”.

“Ovviamente conoscendo a fondo Parma osservo con curiosità la città, ne studio i problemi, penso come li risolverei. In questo sono stimolato da tantissimi cittadini che mi scrivono, mi telefonano, mi vogliono incontrare, fare incontri, assemblee per segnalare problemi puntali della città. Certo oggi sarei forse un sindaco migliore di prima, sono un uomo più adulto, con un’altra maturità politica”.

Nonostante quella non mancasse nemmeno prima, tra esperienze prima in Provincia, poi nove lunghi anni come Assessore in Comune, infine, Primo Cittadino.

Il Covid che città ci lascerà?

“Domanda complessa ma stimolante. La pandemia ci lascerà un mondo diverso, città diverse. Città con necessità nuove. Sarà urgente avviare un grande piano casa: una sinergia pubblico-privato per garantire alloggi adatti al contesto che abbiamo vissuto in quest’ultimo anno e che continuerà anche dopo la pandemia. Abitazioni confortevoli con tanto verde e spazi di co-living, co-working ecc. Questo sia per quanto riguarda la casa pubblica che quella privata. Servirà un piano per riqualificare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica che non è più adeguato e anche alloggi di edilizia residenziale sociale per giovani coppie, nuclei monogenitoriali ecc. Come avevo fatto 10 anni fa con il Parma Social Housing che grazie ad una sinergia con il privato e il sistema delle fondazioni bancarie avevamo ideato un imponente e innovativo piano casa di oltre 500 alloggi. Un piano di housing sociale: era il primo caso in Italia in cui cooperative, imprese edili, Fondazioni bancarie, il Comune stesso, hanno lavorato in sinergia per costruire case per tutte quelle categorie che diversamente non se lo possono permettere”.

“E poi, le famiglie, il ruolo della donna e degli anziani. Sono tre priorità assolute per le città dopo la pandemia”.

Ovvero?

“Rafforzare la famiglia come agenzia educativa ma soprattutto di welfare in grado di erogare servizi ad anziani, figli, disabili grazie a progetti come il “quoziente familiare” che avevo ideato come primo ed unico Comune in Italia. Il pubblico da solo non è più in grado di sostenere il sistema sociale che è al limite sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo”.

“Poi la donna… deve essere aiutata nel suo compito di cura e assistenza (a figli e genitori anziani)  che svolge in famiglia e  nel ruolo fondamentale che svolge nella società. Servono politiche di conciliazione dei tempi lavoro – famiglia – città e politiche di incentivazione al lavoro femminile, e non di penalizzazione, come spesso accade alle donne madri”.

“Il calo demografico si ferma col quoziente famigliare e con una prospettiva di lavoro che a seguito anche della pandemia si è indebolita. Quella femminile è la figura centrale nella società, ma non possiamo lasciare le donne sole a fare tutto. Servono aiuti concreti, servizi come le tagesmutter per i bambini, asili aziendali e condominiali fino a sera e aiuti per dare alle madri uno status sociale adeguato”.

E gli anziani?

“Serve un grande piano anche per gli anziani adatto ai tempi. Abbiamo toccato con mano durante la pandemia i limiti delle case protette. L’ultima realizzata a Parma l’avevo inaugurata io ad Alberi. Ma il sistema delle RSA va superato con un modello residenziale costituito da villaggi immersi nel verde dove l’anziano ha la propria casa ma condivide gli spazi comuni con una portineria sociale, medici e infermieri di servizio alle singole abitazioni e con servizi anche per i nipoti”.

“Il welfare deve andare nella direzione della domiciliarizzazione e personalizzazione dei servizi: case singole in cui gli anziani possano ricevere le visite di parenti. Sono una risorsa, non un peso da chiudere in RSA ad attendere la morte in solitaria”.

Ma se non c’è una produzione di ricchezza sufficiente e una prospettiva di lavoro come si può fermare il calo demografico?

“Dopo questa pandemia serve un piano anticrisi. Io ne avevo fatto uno dopo la crisi del 2008 che è stata la peggiore dal dopoguerra. Avevo cercato anche in quel caso una sinergia pubblico – privato con il sistema delle imprese, quello bancario, quello delle aziende sanitarie private convenzionate e della grande distribuzione. Ora serve un piano analogo per garantire servizi per cassintegrati, disoccupati, prestiti sulla fiducia, incentivazione del lavoro giovanile e femminile e sostegno per le fasce più deboli per i beni di prima necessità. Anche in questo caso serve collaborazione. Pubblico e privato insieme per far ripartire l’economia”.

E i quartieri, abbandonati al degrado…

“C’è un grande tema legato ai quartieri delle nostre città che vanno riqualificati, soprattutto quelli periferici. Condomini confortevoli, quartieri con aree verdi, parchi, spazi pubblici ampi, isole ambientali e pedonali che arricchiscono la vita e la zona. Il modello sono le città europee, non è un’idea impossibile. Senza riqualificazione sa cosa succede?”.

“Degrado, disagio, problemi sociali, di sicurezza, di convivenza difficile. Ghetti, ghettizzazione. I giovani sono allo sbando, non vedono un futuro. Finiscono rapiti dalle dipendenze”.

I giovani..come si tolgono dalla strade e dalle tentazioni?

“Con il lavoro. All’ex scalo merci era previsto un grande progetto per un incubatore per il lavoro e la creatività giovanile. Poi anche lì ci fu un inchiesta con il sequestro dell’area che bloccò tutto esattamente come è successo con l’ospedale vecchio il cui progetto di riqualificazione è stato fermato da un indagine che 5 anni dopo è finita in nulla”.

Come si evita la ghettizzazione?

“Con la riqualificazione, la sicurezza, la pulizia, il decoro e con tanta cultura diffusa nelle strade, piazze, borghi, aree verdi in modo che le persone, i bambini, le madri si possano riappropriare dello spazio pubblico in libertà. L’avvento massiccio dello smart working ha acuito poi il rischio di desertificazione dei centri direzionali e dei centri storici delle città che vanno rilanciati garantendo accessibilità, servizi di trasporto efficienti e rapidi, incentivi al commercio e tante iniziative culturali di giorno e di sera con centri commerciali e culturali naturali all’aperto come hanno fatto in Spagna”.

“L’accessibilità è fondamentale. E si ottiene con parcheggi comodi e di servizio al centro e con mezzi pubblici efficienti, rapidi e dedicati”.

“Quando avevo avviato i 4 parcheggi scambiatori li avevo dotati di navette dedicate e soprattutto rapide che facevano una sola fermata parcheggio – centro storico. E aveva funzionato. Se si creano navette nuove, pulite, efficienti, che portano dai parcheggi scambiatori al centro senza fermate intermedie le persone possono anche pensare di lasciare la macchina lontano. Non ha senso prendersela solo con la ztl e le righe blu. Per entrare nei negozi l’auto va lasciata da qualche parte. Per questo serve anche un grande parcheggio di struttura vicino e di servizio al centro storico”.

E il centro storico, sempre più desertificato.

“Avevo inserito la figura del City Manager, avevo costituito il Consorzio Centro Città insieme ad Ascom, Confesercenti e Camera di Commercio e dato vita a 7 centri commerciali naturali mutuando l’esperienza spagnola. Lo scopo era proprio quello di rilanciare i negozi di vicinato (che sono un presidio per la vivibilità e la sicurezza) e il centro storico importando i modelli europei. Centri commerciali naturali lungo le vie cittadine con iniziative commerciali e logistiche comuni e una programmazione di tantissime iniziative culturali di giorno e di sera utilizzando anche i giovani artisti della nostra città che sono un patrimonio da valorizzare. Lo avevamo fatto sia nel centro storico sia nell’oltrettorrente sia nei borghi (artisti nei borghi) e le strade erano state invase di persone di giorno e di sera. Per non parlare delle migliaia di iniziative nelle strade commerciali durante le giornate ecologiche”.

“L’Oltretorrente? Bisognerebbe seguire l’esempio del “quadrilatero romano” di Torino facendo un Piano di Riqualificazione Complessivo (PRU) per rilanciarlo come quartiere  caratteristico al contempo sia dell’identità storica sia del futuro della città con borghi e stradine piene di trattorie accoglienti, caffetterie letterarie, osterie, botteghe storiche e tante iniziative di artisti di strada che allietano e incuriosiscono nei luoghi caratteristici. Con abitazioni riqualificate, non fatiscenti incentivando il rifacimento delle facciate”.

I cittadini reclamano maggiore sicurezza.

“Avevo provato con la Carta di Parma, che era diventata addirittura un decreto legge fatto dal Ministro dell’Interno Maroni e condiviso dai sindaci di tutti gli schieramenti politici, a trasformare la figura del vigile urbano in “polizia di  prossimità”  creando nuclei specializzati per la sicurezza urbana ed evitare degrado, spaccio, baby gang. Non possiamo far finta di non vedere cosa succede nelle strade delle città”.

“E non si può pensare di risolvere i tantissimi problemi di degrado e di microcriminalità solo con le forze dell’ordine che sono poche e che hanno già tanti problemi più complessi di sicurezza pubblica da seguire”.

“Bisogna riprendere quella strada con anche una riforma della polizia municipale e garantire presidi fissi con pattuglie miste nei punti critici delle nostre città di giorno e di sera per preservare quella vivibilità e qualità della vita che le città di medie dimensioni hanno sempre avuto e che negli ultimi anni a seguito anche dei problemi di integrazione si è un po’ in generale persa”.

Progetti costosi, serve anche il turismo per incentivarli. Come si attirano i turisti?

“Turisti, ma non solo. Oggi le distanze si misurano in tempo. La sinistra che allora governava Regione, Comune e Provincia, ha la responsabilità di aver fatto perdere a Parma un appuntamento storico per la città perdendo la fermata Mediopadana”.

“Una scelta che ha già inciso pesantemente e inciderà sulla qualità della vita e sullo sviluppo di Parma anche nel futuro. Fosse venuta a Parma, in 25 minuti una persona potrebbe arrivare nel centro di Milano. Molto meno del tempo che impiega un milanese ad attraversare la città: facile immaginare la scelta di lavoratori di venire a vivere a Parma, nel verde, fuori dal caos, a mezz’ora di strada dal centro di Milano”.

“Ormai la Mediopadana c’è. Creiamo allora collegamenti rapidi e funzionali con tante navette ferroviarie moderne tra aeroporto, stazione di Parma e la stazione Mediopadana utilizzando l’interconnessione che è stata costruita tagliando in due un quartiere della città e che è stata utilizzata poche volte nonostante sia costata decine e decine di milioni. Forse una soluzione tecnica è possibile”.

“Una volta avevamo fatto una cosa analoga con l’aeroporto facendo una navetta aerea tra l’aeroporto di Parma e Malpensa in modo che si potesse parcheggiare la macchina all’aeroporto di Parma e grazie alla navetta in pochi minuti poi collegarsi attraverso Malpensa con tutto il mondo. Oggi si potrebbe fare lo stesso con il treno visto che dalla Mediopadana si va ovunque in poco tempo. Poi va benissimo se si riesce a fare anche la stazione alle fiere. Ma un collegamento rapido tra la stazione di Parma e la Mediopadana andrebbe fatto”.

Mediopadana, ma non solo. Accessibilità, ruolo di Parma, funzioni nuove, migliorie della “traversante” ovest ed est. E altri collegamenti. 

Temi di cui parleremo nel prossimo capitolo di questa chiacchierata che potremmo chiamare “Le città dopo il Covid e la Parma che vorrei”. 

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