Come cambia il gioco con il governo Draghi

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Ora è il momento delle risposte. Alla fine di marzo, il mondo del gioco pubblico ancora non ha ricevuto le risposte auspicate dal governo. I primi due mesi del 2021 è andato via eppure la crisi non si è affievolita né si vede un’orizzonte roseo. Il mondo del gioco è stato fortemente penalizzato dalle chiusure forzate nei mesi del lockdown e successivamente da una politica di riaperture e ristori confusionaria e spesso assente. L’incertezza sui colori delle regioni non aiuta a mettere a punto strategie di riapertura concrete. Le perdite sono immani: il settore dell’online ha attutito la caduta dell’intero settore ma le perdite nel gioco su territorio, in agenzia o nei casinò o ancora nelle sale da slot, restano di proporzioni devastanti. Ecco perché il nuovo governo non può più voltarsi e ignorare il grido disperato delle aziende costrette – nella migliore delle ipotesi – a indebitarsi tremendamente per salvarsi.

Il governo Conte, fino al mese scorso, faceva spallucce promettendola di vedersela in futuro. C’erano due date da segnare sul calendario per la riapertura dei punti di gioco e dei casinò: il 15 febbraio o il 5 marzo. La prima è passata da un po’, la seconda è vicina ma certezze non ve ne sono. Ecco perché la riapertura appare oggi utopia.

La crisi di governo, d’altronde, è stato un altro bel bastone tra le ruote che rallenterà i tempi dell’uscita dall’emergenza. Ma con il governo Draghi si possono vedere alcuni segnali di speranza: sia perché la linea tenuta in merito sarà più europeista e meno d’ostracismo nei confronti di tutta la filiera. Nell’Esecutivo di Draghi ci sono infatti già nomi che hanno una certa esperienza nel campo del gioco pubblico: il numero uno del turismo, Massimo Garavaglia, ma anche Giorgetti e Brunetta.

Si tornerà a parlare di come rivitalizzare un settore produttivo da cui lo Stato comunque trae un certo profitto, senza gli ostracismi messi in atto a partire dal Decreto Dignità. Tra le forze in campo servirà una bella dose di dialogo: tra la PA, il MISE, il MEF e soprattutto l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Bisognerà tenere in considerazione anzitutto le innovazioni possibili sul settore. Puntare sul digitale, sull’online, operare con sgravi fiscali e più libertà in termini di limitazioni, puntare ancora sulle risorse umane per evitare di distruggere migliaia di posti di lavoro. In un secondo momento, poi, è giusto tenere in considerazione l’opzione di una riforma generale del sistema.

La buona notizia è che ormai la zona bianca è certezza: sarà in quelle zone che il gioco pubblico sul territorio potrà rivedere la luce. Da marzo sarà possibile riaprire nelle regioni con il tasso di contagio più basso. Ci entreranno, in zona bianca, le regioni con un contagio ogni 100 mila abitanti. Servono numeri veramente bassi, oggi profilabili giusto in Valle D’Aosta. Dunque, anche questo resta un bel punto di domanda.

Soprattutto perché anche il settore del gioco pubblico ha bisogno di riaperture concrete, ragionate e permanenti: non avrebbe senso riaprire per poi dover chiudere nuovamente dopo appena una settimana, su comunicazione del ministro Speranza. Avrebbe un effetto ancora più deleterio. Inoltre, da sole le riaperture non bastano: serve un piano concreto per il risanamento dell’intero settore. In primis inserendo nei ristori tutti i rami, anche quello dei produttori delle macchine. In seconda battuta, riducendo o eliminando il prelievo erariale unico e mostrando maggiore flessibilità nelle manovre che già da prima del lockdown avevano penalizzato il settore del gioco pubblico.

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