30 anni fa la 1^ promozione in A del Parma: in un racconto d’epoca Majo e Barone rivivono quella memorabile stagione

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gabriele majo per slide(Gabriele Majo, da www.stadiotardini.it) – All’appuntamento ci ha accompagnato la Gazzetta di Parma che, scandendo il tempo dando voce ai protagonisti di quella magnifica cavalcata, ci ha avvicinato a questo 27 Maggio 2020, ovverosia il trentennale della Promozione del Parma in Serie A. La Prima. Avrebbe potuto anche rimanere l’unica se non ci fosse stata una inopinata retrocessione (2007-08), poi rimediata con la seconda Promozione, quella griffata da Guidolin ribattezzata del “Debito Saldato”, retrocessione che potremmo anche ritenere progenitrice dei tanti mali che pochi anni dopo avrebbe portato al fallimento del Parma F.C. e a una nuova Promozione, la Terza quella del Nuovo Inizio, dopo la magica notte di La Spezia che abbiamo rivissuto una decina di giorni fa. Rimanendo fedeli alla vocazione primaria di StadioTardini.it, nato come Diario Crociato, visto che le emozioni dei protagonisti diretti dei piacevoli fatti di 30 anni fa vi vengono abbondantemente servite altrove, noi vi proponiamo il racconto da un altro punto di vista, quello di chi quei piacevoli fatti li osservava e li raccontava, in modo graffiante e un po’ sfrontato, dai microfoni di Radio Onda Emilia. Le peripezie di due giovani radiocronisti promozione parma 27 05 1990– Gabriele Majo e Gianni Barone, Vasco Rossi canterebbe: eh già siamo ancora qua – su e giù per i treni della penisola in quella che resta agli annali come una delle Cadetterie più ricche di squadre del Sud, vennero alla fine da loro stessi narrate all’interno di un volume, mandato alle stampe da Nereo Camisa, per celebrare quella Promozione appena conquistata. Rileggendolo oggi, forse, ci viene un po’ da arrossire per le iperboli giovanili e per quella sarcastica dissacrante ironia che ora, a cavallo tra i 50 e i 60 (uno dei due li ha anche svalicati…) forse democristianamente smusseremmo un po’ (anche per rispetto di chi non c’è più), ma resta un indelebile spaccato di storia, non solo Crociata, ma anche Nostra, sempre e comunque, nella buona e cattiva sorte, legate strette a doppio filo…

venezia palermo treno

INVIATI SPECIALI

di Gabriele Majo e Gianni Barone

(dal volume Parma in A, estate 1990)

Non prenderemo seicentomila lire a servizio, eppure come “inviati” siamo forse più “speciali” di un qualsiasi De Cesari: innanzitutto non scriviamo sul “Corriere dello Sport-Stadio”, ed anche come radiocronisti siamo provvisori come quei venditori di collant del mantovano o del bresciano, che per mantenersi studi di lingua si adattano a tale bisogna.

I nostri servizi speciali sono cominciati effettivamente a Novembre con la trasferta di Cagliari: tutte le precedenti le annoveriamo come normali pic-nic, disturbati dalle proverbiali formiche. Reggio Calabria è la classica eccezione che conferma la regola: l’attuale Sindaco di Roma (… chi Giannini? NO! – Carraro) con un decreto ha interrotto le nostre vacanze e ci ha ordinato di seguire gli anticipati Campionati di Calcio. Di Cagliari ricordiamo in particolare il nostro primo viaggio aereo: per distrarci dalla tensione cercavamo dio capire la funzione dello spinterogeno nel funzionamento del motore a scoppio. Nella fase critica, per noi, del volo e della discussione ti arriva un Pino Colombi armato delle sue famose battute sceme: da lì in poi il volo sarà un sollievo…

A Cagliari poi inaugurammo la serie delle nostre “benevoli critiche”. Primo bersaglio fu il collega di “Ordine”, ma non di “Elenco” Gian Luca Bacchi Modena, che ebbe l’ardire di riconoscere in Susic il libero del Parma dopo l’esclusione del titolare Minotti. Viceversa si trattò di Monza, benché indossasse la casacca numero 9. Nei giorni a seguire, a fare da paciere, sollecitato da un birignao di cui non ricordiamo il nome, intervenne addirittura Nevio Scala, che per non contraddire la tesi dell’organo a maggiore tiratura, ma nello stesso tempo per nopn tradire, a torto, la tesi degli altri, depositari di quella verità, sentenziò di avere utilizzato due liberi, invenzione mutuata al collega Ranieri che aveva adottato tale accorgimento tattico, dopo essere incappato nel medesimo inconveniente (l’espulsione del proprio libero).

In seguito “Quelli della Radio” ci telefonarono mentre eravamo, casualmente, in vacanza, offrendoci l’opportunità di fare tappa a Catanzaro, facendoci risparmiare il biglietto in direzione Sud-Nord (Toh! Conosciamo anche i punti cardinali, oltre che la geografia del calcio, discipline ignote ad esempio a Fabrizio Maffei, un mundial telecronista della Rai), Accettammo di buon grado (ogni autore, scrittore, giornalista, pubblicista, assimilato… che si rispetta è sovente a corto di quattrini!) così come non ci parve vero che un indigeno si offrisse di darci un passaggio dalla Stazione F.S. di Catanzaro Lido alla sede del ritiro del Parma. Solamente dopo mezzo chilometro realizzammo che il passaggio in questione non prevedeva l’uso di alcun mezzo di locomozione, eccezion fatta per le nostre elementari facoltà motorie: si trattò di una sorta di “Gran Premio della Montagna di 1^ Categoria per corridori a piedi”. La partita si disputò sotto una pioggia battente: la cabina Rai salvò il giornalista Melìa della locale sede regionale, dalle intemperie provenienti dal cielo, ma non dalla fitta pioggia ascensionale fatta di monetine ed improperi del pubblico che lo definiva “Venduto”. L’irsuto Melìa rifiutò categoricamente tale accusa, affermando che la sua unica fonte di sostentamento è lo stipendio Rai.
Questa parabola ci ha insegnato che non bisogna definire “nostri” i calciatori del Parma, visto che a fine mese non passiamo da Via Furlotti per la liquidazione delle nostre competenze.

Mesi dopo avremo modo di ripercorrere la stessa tratta ferroviaria. Questa volta binario Nord-Sud, espresso 131 Venezia-Palermo, scalo a Paola (che non è una nostra amica), destinazione Cosenza, ulteriore radio-servizio prima di una nuova interruzione dalle ordinarie occupazioni (criticare il lavoro degli altri, nutrendone tuttavia rispetto) per un periodo di pochi giorni a scopo di riposo, distensione, svago. All’epoca il Parma era nel bel mezzo di una delicata crisi che molti non esitavano a definire “irreversibile”: fu allora che scoprimmo le belle maniere, la grazia, la cortesia, il garbo, l’affabilità di Domino Giovan Battista Pastorello, un nobiluomo del Settecento del Triveneto, direttore generale del Parma e della sua corte. Atteggiamenti ben difficilmente riscontrabili quando subentra la fierezza, la spavalderia dei vincitori.

Per la partita col Barletta il Parma scelse, come farà poi la Romania durante quel disastro ecologico che è il Mondiale, Bisceglie e l’Hotel Villa in particolare, quale sede del ritiro.
Qui veniamo accolti da un ansante, sudato, trafelato Carminati, reduce da una maratona mattutina lungo la spiaggia. A tal vista, contriti, i nostri occhi si abbassano ed osservano le eccedenze adipose che contornano il nostro corpo. Ci consoleremo a tavola in compagnia di Maurizio Schiaretti, di noi ben più rotondo e pelato, di fronte ad un superbo branzino o spigola a noi mostrato ancora crudo dall’orgoglioso chef. Innaffieremo la squisita pietanza con uno champagne, di cui ben conosciamo oltre che l’aroma, il sapore ed il retrogusto la pronuncia, ma non la dizione scritta né il prezzo offerto da Pastorello appena giunto da Milano con l’amico Rolando Gandolfi con in tasca i due punti prestati dalla Disciplinare al II round del caso Cascione. Tra un calce e l’altro disquisiamo con Schiaretti sulla “condizione” dell’inviato: dopo alcuni giorni trascorsi in un hotel a 5 stelle rimborsati a piè di lista, egli trova modo di lamentarsi per la noia che prova nei lunghi (?) tragitto in auto tra aeroporto ed albergo. Noi vorremmo poterlo comprendere, ma ci è vietato dalla nostra vocazione e/o indole di Soci Sostenitori delle Ferrovie dello Stato: qui si rende palese la differenza tra “inviati” e “inviati speciali”.

Solo una volta le FF.SS. ci lasciarono a piedi: accadde il 1° Aprile in vista della trasferta di Avellino. I Capistazione Cobas avevano indetto uno sciopero, noi confidavamo nel classico “pesce”: non fu così.
Il nostro convoglio, regolarmente garantitoci nel pomeriggio, alle 0.30 non si presentò in Stazione. Nostro malgrado ricorremmo alla nostra autovettura, che difficilmente ci ricordiamo di possedere. Dopo innumerevoli soste (Roncobilaccio, Valdichiana, Fiano Romano, etc. etc,) arrivammo di buon mattino ad Avellino, e montammo una attenta guardia ad un albergo indicatoci come sede del ritiro del Parma dalla nostra valente organizzazione. Dopo qualche ora un dubbio ci assalì, e col nostro proverbiale fiuto riuscimmo ad individuare il reale ritiro dei gialloblù, dove entrammo, trionfanti, con la nostra auto, l’unica in Irpinia targata PR.
Diego Abatantuono (era lì!) e Migliazzi si complimentarono con noi, consegnandoci il gagliardetto della Battipagliese, che noi custodiamo gelosamente come unico tangibile riconoscimento del Parma per le nostre fatiche in questa stagione.

Se la trasferta pocanzi descritta vi può sembrare “stressante”, quella di Licata è sicuramente la più costellata da circostanze fortuite. Dopo aver corso il rischio di essere precettati per fare gli scrutatori, atterriamo con solo mezzora di ritardo all’aeroporto Fontanarossa di Catania. Per il ritiro dei bagagli trascorre un’ora; tanto ci è servito per appurare che uno dei due è andato smarrito (provate ad intuire quale: quello di Majo col cartellino Barone, o quello di Barone attribuito a Majo?). Fra le centinaia di autoveicoli a disposizione riusciamo a scegliere l’unico (una Fiat Tiupo bianca targata Milano), “chiusa” da altro mezzo: per rintracciare ilo personale addetto alla rimozione consumiamo mezzora. Ci restano ben 90 minuti per giocare la nostra partita con la malasorte. In quel breve lasso di tempo, andando come dei dannati, riusciamo a raggiungere la nostra postazione (un terrazzo inghirlandato di fiori, con vista sul Mare d’Africa) percorrendo strade a noi sconosciute e deserte per l’abitudine della gente del luogo ad attardarsi a tavola il dì di festa azzannando carne alla brace.

Da Licata a Messina ci sono più o meno 200 Km e 15 giorni di vacanza, una volta tanto meritati. I nostri impianti di fortuna (avevamo la dotazione “B” essendo stato deciso della negligentia di utilizzare la “A” per seguire uno sport minore) ben figurarono nell’impari confronto con i più sofisticati strumenti dell’altra stazione radio. Questione di uomini.

Conclusioni

Io, Gabriele Majo, sono in assoluto il giornalista che ha seguito quest’anno più trasferte del Parma: 13 (Reggina, Como, Padova, Monza, Torino, Cagliari, Catanzaro, Cosenza, Barletta, Avellino, Triestina, Licata, Messina).
Io, Gianni Barone, come numero di trasferte, chilometri percorsi, ore di viaggio, credo di essere secondo solo a Majo.

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