Lutto – Il Romagnosi perde Renata Anna Pellegrino

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Un male aggressivo, tremendo, subdolo, si è portato via Renata Anna Pellegrino, amata e stimata insegnante del Romagnosi. Nel ricordo di colleghi e alunni, il congedo di chi trova l’immortalità nelle parole che ha saputo spargere lungo il passaggio.

Il ricordo del dirigente scolastico – Renata Anna Pellegrino (27/10/1953 – 3/5/2020) ci ha lasciati – così, senza parole, nel silenzio e nella lontananza di questo tempo sospeso segnato dalla pandemia. Non è stato però il COVID 19 a portarcela via, perché in Italia e nel mondo, purtroppo, non si muore solo di coronavirus.
Era l’ultimo anno prima della pensione, l’ultimo di una vita da insegnante dedicata alle migliaia di studenti che, grazie al suo sapiente magistero, hanno appreso il senso della bellezza ed il valore dell’arte. Come tanti, non ha potuto nemmeno salutare i suoi, i nostri ragazzi – improvvisamente il 222 febbraio le porte delle scuole si sono chiuse; come tanti, ma forse più di altri, ha continuato ad insegnare a distanza (usando al meglio quelle tecnologie che lei, più di me, più di molti, aveva imparato ad usare) fin verso la fine di aprile, quando ha cominciato a sentirsi poco bene.

Mi aveva telefonato direttamente per comunicarmi che sarebbe entrata in ospedale a Parma, ma poi avrebbe continuato le cure a Genova, interrompendo così, alla vigilia degli esami, quel rapporto con le sue classi che erano per lei, davvero, una ragione di vita. E forse era per questo che lei, quasi inconsapevolmente, aveva rinviato fino all’ultimo il momento di andare in pensione….

Non ha fatto in tempo ad andarci, ma è – per così dire – “caduta sul campo”, ancora docente in pieno servizio. Si è improvvisamente aggravata, e nel giro di pochi giorni il male, che probabilmente covava in lei da diverso tempo, se l’è portata via.
Sarebbe riduttivo definirla semplicemente come una insegnante di storia dell’arte. Intanto, la sua vastissima cultura la faceva una docente a tutto campo; in secondo luogo, non si limitava ad insegnare quello che sapeva, a trasmettere l’amplissimo ventaglio di conoscenze in suo possesso. Insegnare era per lei – per parafrasare una frase attribuita a Gustav Mahler – trasmettere il fuoco della tradizione, non conservarne la cenere. La celebra frase che Dostoievskij mette in bocca al principe Miskyn, “la bellezza salverà il mondo”, potrebbe essere l’epigrafe che riassume tutta la sua esistenza.

Pellegrino non si tirava mai indietro se si trattava di educare e appassionare all’arte. La sua diretta partecipazione alle giornate del FAI, le quali hanno visto coinvolte decine di studenti, non si limitava agli aspetti specifici della funzione docente, ma interessavano gli aspetti organizzativi, concreti, sino a trascorrere, senza che vi fosse alcun obbligo, le giornate con i suoi ragazzi, non per controllarli, ma piuttosto per stimolarli, incoraggiarli, farli sentire importanti nei momenti nei quali erano, per così dire, catapultati dal piccolo ambiente della classe alle folle in fila davanti a san Francesco del Prato o a palazzo Ducale per ascoltare da loro i segreti di quei luoghi – da loro, ancora adolescenti, ma orgogliosi allievi di una tale docente.

I volumi di storia dell’arte presenti nella nostra scuola, da lei amorevolmente custoditi, letti, classificati, usati costantemente nelle sue lezioni – lezioni in cui gli studenti entravano quasi dentro le opere d’arte, che erano oggetto d’amore prima ancora che di analisi e di studio.
E gli studenti hanno sempre ripagato con entusiasmo il magistero della loro docente. Nei dieci anni della mia permanenza al Romagnosi, la prof. Pellegrino è una delle pochissime persone di cui non ho mai sentito una critica – né dagli studenti, né dai genitori.

Ora la immagino presente in uno dei cori angelici che la scuola toscana usava dipingere intorno alla “Madonna in trono”: vedo anche lei, con un’aureola intorno al capo, sorridente e gioiosa, ammirare la Vergine ed il Bambino emergenti dal “fondo oro” della tradizione bizantina, e indicare a noi che guardiamo, che tale bellezza ha il sapore dell’eternità.

Il ricordo della “sua terza E” – 

– Non so cosa dire, sono senza parole…
– È forse la migliore professoressa che abbiamo mai avuto, ci ha sempre trattato come pari. Si preoccupava per noi, ci aiutava sempre. Si meritava una pensione serena, a fare le conferenze in giro e raccontare le sue mille storie.
– Penso che per lei fossimo noi le vere opere d’arte, e ha sempre cercato di farcelo capire. Ci ha fatto sentire speciali, e questo secondo me basta per descrivere che meravigliosa persona era e che rimarrà per sempre nella nostra anima.
I messaggi si affollano sullo schermo di diciannove cellulari. Le parole scorrono spontanee, come un fiume che sgorga dalle palpebre socchiuse del nostro cuore.
– Vi ricordate di quando ci raccontava dei suoi tremila parenti dispersi in giro per il mondo a fare i mestieri più strani? E il primo giorno di scuola, quando ha fatto una foto ad ognuna di noi per imparare i nostri nomi! Con i suoi occhiali esagonali e la sua risatina dolce… se chiudo gli occhi la sento ancora.
– Avrei sempre voluto abbracciarla!
– E i capelli? Quando ci diceva che un tempo erano stati rossi e lunghi fino al sedere, con la permanente afro! Me la sono sempre immaginata con gli occhiali da hippie e vestiti strani addosso!
– Io mi ricordo di quando ci ha spiegato le regole del suo gioco artistico per capire a quale corrente appartenessimo… Lei diceva di essere barocca perché era cicciottella.
– Sì! La leggerezza con cui scherzava per la forma buffa del suo corpo… l’autoironia è una qualità non da tutti.
– Io penso che il momento più bello sia stato quando ci ha fatto urlare in classe, tutte insieme. Per liberarci dalle ansie di fine maggio. È stato bellissimo.
– Mi ricordo ancora quando ci diceva di visualizzare nella nostra mente ciò che ci preoccupava come una scritta grande e rossa e poi di cacciarla via, per lasciare spazio al qui e ora. Vi giuro, ho sempre cercato di vivere secondo la sua filosofia, ci ha insegnato a focalizzarci sul presente e lasciar perdere tutto ciò che ci tenesse bloccate.
– Ma anche la lezione dedicata interamente a capire cosa non andasse, l’anno scorso! Quando eravamo tutte stressate, lei è stata l’unica a sacrificare una delle sue poche ore per parlarci, senza pensarci due volte!
– Ci considerava proprio come persone, non come numeri su un elenco… E ci ha insegnato a vivere la scuola come un esercizio di vita, dove soltanto grazie alla curiosità e alla voglia di scoprire cose nuove diventiamo persone migliori.
– È vero, e lei era veramente un pozzo di sapienza. Vi ricordate quando ha spiegato a tutte l’origine dei nostri nomi? Eppure riusciva ad essere umile, non si sentiva mai arrivata: per lei non c’erano limiti, e non ci saranno neanche ora.
– Sì, la morte è distruttiva, ma mai definitiva. La capacità di ricordare ci aiuta a vincere la morte, la tristezza e tutte le prove che la vita ci pone davanti. Ed è per questo che lei vivrà per sempre, come la persona meravigliosa che era, con tutti i suoi pregi e difetti, con quel sorriso e quella dolcezza da nonna per cui tanto la amavamo.

La situazione in cui stiamo vivendo è così surreale, da far sembrare tutto ciò ancora più assurdo. La morte è difficile da comprendere, e quando il destino ce la sbatte davanti così all’improvviso il primo pensiero è sempre: perché proprio a lei? Perché proprio adesso? Perché proprio alla fine dell’ultimo anno di una vita passata tra i banchi di scuola? Non lo sappiamo. O forse non c’è un perché. Ma nel garbuglio di pensieri che affiorano nella nostra mente come un vortice disordinato, ci sono così tanti ricordi belli e vivi che non si può pensare che finisca tutto così. Tanti non credono, tanti non sanno che cosa credere: ma noi siamo convinte che ci ascolti e che sorrida anche ora, in qualche posto lontano ma vicino.

Mahatma Gandhi disse: «Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre». Allora chi, se non lei, vivrà per sempre?

Il ricordo dei colleghi –  In silenzio, senza un abbraccio, senza l’ultimo sguardo dei tuoi occhi luminosi, vivaci, intelligenti… te ne sei andata lasciandoci sgomenti, incapaci di trovare parole che possano farci comprendere questo addio. Un’artista, un’insegnante, un’amica, una collega, una ​magistra vitae per tanti alunni che anche in questi giorni ti hanno circondato del loro affetto. Quando sei arrivata al Romagnosi tanti anni fa tutto era nuovo per te: l’ambiente, la città, la scuola. Con l’umiltà e la pacatezza che ti contraddistinguono sei riuscita ad inserirti e a diventare a poco a poco parte importante e significativa della comunità scolastica. Amavi la tua professione e ancor di più i tuoi alunni ai quali trasmettevi la tua passione per l’arte. Le tue lezioni sono sempre state frutto di una vasta cultura e del desiderio di trovare un aggancio con le nuove generazioni; non smettevi mai di cercare, analizzare, approfondire e stupire.

“E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora comincerete a salire
E quando la terra reclamerà il vostro corpo, allora veramente danzerete”.
Ciao Renata, il nostro abbraccio ti raggiunga a Genova e ti accompagni nella “salita”. Buona Strada.
I tuoi colleghi

1 commento

  1. MI chiamo Agnese e Renata era/è la mia cugina prediletta con la quale sono cresciuta sin dalla mia nascita.
    È vero che siamo una famiglia con tanti parent ovunque nel mondo éd io sono una di quelle dato che sono nara e cresciuta in Belgio à Bruxelles poi per lavoro ho viaggiato ovunque ma Renata era il mio punto fermo e di serenita’ spesso sono venuta a trovarla a Parma e ho conosciuto alcuni dei suoi allievi e mi sono resa conto di quanto le volevano bene. Si la sua famiglia erano I suoi allievi ai quali voleva sinceramente e semplicemente tanto bene. Le parlai 2 giorni prima e li capii seriamente che stava molto male e quando il verdetto e’ caduto mi è crollato il mondo à tal punto che non volevo crederti, per me Era inconcepibile, cosi in fretta, la pensione se la meritava eccome ma la sorte non la vedeva nella stessa maniera e se la prese ancora giovane troppo giovane per morire.
    Ancora oggi mi è difficile crederti e ne sono molto addolorata, solo il tempo plachera’ il mio dolore.
    Grazie Renata per tutto ti voglio e vorro’ sempre molto bene e grazie la tua dedizione éd intelligenza che haï avuto con e per tutti.
    Dal profondo del mio cuore un abbraccio Infinito
    tua cugina

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