“Una risorsa terapeutica importante, ma i dati ancora scarsi non consentono di trarre conclusioni definitive”. La Regione Emilia-Romagna interviene sulla plasma terapia, e lo fa attraverso le valutazioni del professor Pierluigi Viale, componente dell’Unità di crisi regionale Covid-19 e direttore dell’unità operativa di Malattie Infettive del Policlinico Sant’Orsola di Bologna. “Parliamo di una risorsa terapeutica nota il cui utilizzo risale ad oltre cinquant’anni anni orsono, che si basa sul principio della trasmissione passiva degli anticorpi come strumento terapeutico nei confronti di malattie da infezione- spiega Viale-. Era già stata sperimentata durante le due precedenti epidemie da Coronavirus (Sars e Mers), per cui alcuni gruppi di lavoro l’hanno messa in atto anche nei confronti di Covid-19”.
“Vi sono alcune perplessità di fondo rispetto a tale terapia- sottolinea Viale-. Innanzitutto il fatto che non si sappia se gli anticorpi presenti nel siero dei pazienti guariti siano protettivi e per quanto perdurino. Secondariamente, appare azzardato somministrare passivamente anticorpi ad un paziente – specie in una fase di malattia in cui sia possibile utilizzare risorse alternative – fino a quando non sarà chiarito il rischio che Covid-19 possa sfruttare il meccanismo attraverso cui gli anticorpi fungono da vettore di infezione da altro sierotipo virale piuttosto che da fattore protettivo; parliamo di ciò che scientificamente viene denominato antibody-dependent enhancement, Un’ulteriore perplessità giunge dall’ipotesi che la somministrazione di plasma contenete anticorpi di un’altra persona possa innescare patologie immuno-mediate”. “Per tutti questi motivi- conclude Viale- l’utilizzo routinario del plasma in pazienti affetti da nuovo Coronavirus dovrebbe avere una rigorosa fase sperimentale ed un più lungo follow up prima di essere considerato una terapia di riferimento”.